Una sezione elettorale in Ucraina. |
Le elezioni [A] sono state infatti vinte dalla lista legata al Presidente Petro Porošenko (132 seggi) seguita a breve distanza (82 seggi) dal partito Narodnji Front (Fronte del popolo) del Primo Ministro Valerij Jacenijuk. Il nuovo partito Samopomič (auto-aiuto), di ispirazione vagamente cristiano-conservatrice, ha ottenuto 33 seggi. I partiti di destra Svoboda e Pravij Sektor sono invece usciti nettamente sconfitti dalle urne (nessuno dei due ha raggiunto la soglia del 5% necessaria per partecipare alla ripartizione dei seggi eletti con il sistema proporzionale), ottenendo rispettivamente 6 e 1 seggi tra quelli assegnati direttamente con la vittoria in un collegio uninominale. Anche il Partito Comunista è uscito sconfitto dalle urne, e non ha ottenuto alcun seggio in parlamento. Si è quindi configurata una situazione in cui le forze di nazionalismo di centro e centro-destra si sono affermate, isolando il nazionalismo di estrema destra. Inoltre, come in molti Paesi successori dell'Unione Sovietica (ed a differenza di quasi tutti i Paesi dell'Europa Centro-Orientale), non esiste una sinistra paragonabile a quella dell'Europa occidentale: i partiti comunisti sono una strana - ma non troppo - combinazione di nostalgia sovietica e sostegno dell'egemonia russa sull'area euro-asiatica, mentre i partiti di tipo socialdemocratico e anche liberale di sinistra sono assenti o ininfluenti.
Nota [A]: Il sistema elettorale in Ucraina prevede che il 50% dei seggi (225) siano attribuiti per mezzo di una ripartizione proporzionale su base nazionale tra i partiti che hanno ottenuto almeno il 5% dei voti, ed il rimanente 50% siano eletti con sistema maggioritario in 225 circoscrizioni (viene eletto il candidato con il più elevato numero di voti).
2. La storia può dirci qualcosa sull'appartenenza e sull'identità dell'Ucraina e delle sue regioni? Come vedremo, essa mostra invece una realtà in continuo movimento. Teatro nel V secolo a.C. del drammatico fallimento di un tentativo di conquista da parte dell'imperatore persiano Dario, narrato dalla storico greco Erodoto, fu area di passaggio di molte popolazioni fin dalla più remota antichità. Contesa in seguito da popoli indicati dalla tradizione come Peceneghi e Cumani, da grandi ed effimeri imperi come quello dei Khazari, la zona corrispondente all'attuale Ucraina è poi passata di mano ed è stata spartita tra stati diversi negli ultimi mille anni. Dopo la formazione della Rus' di Kiev (che però guardava a nord piuttosto che a sud) alla fine dell'IX secolo ed il suo frazionamento (tra il XII e il XIII secolo), l'area è stata dominata in parte ed a lungo dai khanati mongoli. Invece la parte occidentale dell'attuale Ucraina (in gran parte nota a lungo come Galizia orientale) è stata parte del regno di Polonia fino alla prima spartizione, poi parte dell'Impero asburgico, è passata di nuovo alla Polonia nel 1918, poi all'Unione Sovietica con la “quarta spartizione” del settembre 1939, e definitivamente nel 1945, mentre altre parti dell'Ucraina occidentale come la Volinia e la Podolia passarono all'Impero russo fin dal 1770. La religione riflette questa storia, in quanto alla Chiesa ortodossa si affianca una chiesa uniate, cioè una chiesa che riconosce i dogmi cattolici e la supremazia del vescovo di Roma, ma mantiene i riti orientali. Una storia ancora più complicata quella della Crimea. Territorio in parte bizantino fino alle invasioni mongole, fece poi parte dell'area dell'Orda d'oro, e dopo il disfacimento di questa del Khanato di Crimea, passato sotto l'alta sovranità ottomana nel 1478. Il Khanato controllò vaste aree anche dell'attuale Ucraina meridionale, e nel 1774, con la pace di Küçük-Kaynarca, con il quale l'Impero ottomano perse il vitale controllo del Mar Nero, divenne formalmente indipendente, ma solo per pochi anni, in quanto fu assorbito dall'Impero russo nel 1783. I tatari di Crimea furono poi collettivamente accusati da Stalin di collaborazionismo con i nazisti e deportati in Asia centrale. I loro diritti furono ristabiliti da Gorbačëv, ma sono rimasti una minoranza in conflitto con la maggioranza russa riguardo alle proprietà.
Le divisioni linguistiche ed etniche in Ucraina (da Limes n. 4/2014, “L’Ucraina tra noi e Putin”). |
3. Per valutare il mutamento politico verificatosi con la caduta di Viktor Janukovič (febbraio 2014) e terminato, dopo una fase alquanto turbolenta, con l'ascesa al potere ed il parziale successo di Petro Porošenko, bisogna guardare al processo elettorale e al modo di gestire il potere dell'ex Presidente. Janukovič aveva quel tipo di abilità politica che gli ha permesso - grazie anche alla disunione del fronte opposto e soprattutto alla rivalità personale tra Viktor Juščenko e Julija Timošenko - di passare dalla disfatta del 2004 al successo del 2010. La vittoria nelle presidenziali del 2010 non fu travolgente (meno di un milione di voti di differenza), ma dopo la vittoria Janukovič, invece di cercare di costruire una più ampia coalizione che coinvolgesse anche in parte le regioni occidentali, in cui aveva meno del 20% dei voti, cercò di partire dal successo elettorale per consolidare un regime semi-autoritario, ristabilendo la preponderanza dei poteri presidenziali su quelli del parlamento. Non è riuscito però a mantenere il difficile equilibrio, sul filo del rasoio, tra la maggioranza del Paese, che si è a più riprese dimostrata rivolta più verso ovest che verso est, ed il potente e ingombrante vicino moscovita, assai popolare invece nelle provincie russofone dell'est.
Chi erano invece coloro che con la loro protesta lo hanno obbligato prima alle dimissioni e poi alla fuga? Secondo i risultati di una ricerca empirica, pubblicati tra l'altro nell'autorevole Journal of Democracy, effettuata su di una campione abbastanza vasto (1304 individui) di dimostranti, coloro che hanno tenuto “Majdan” erano prevalentemente caratterizzati da un'estrazione sociale di classe media e da un'età compresa tra i 35 e i 45 anni. Il partecipante medio era motivato più da questioni di politica interna (corruzione, problemi economici) che dall'ostilità alla Russia o da una forte propensione per l'Occidente. Questi risultati sono lontani dalle percezioni esterne, e soprattutto dalla propaganda scatenata da Putin contro “i nazisti di Kiev”.
1° dicembre 2013, Piazza Majdan (Kiev): manifestazione di protesta contro Viktor Janukovič. |
Le elezioni nelle autoproclamate repubbliche dell'oriente ucraino, riconosciute solo da Mosca, contribuiscono a destabilizzare gli accordi di Minsk conclusi il 5 settembre scorso tra Petro Porošenko e Vladimir Putin, con i quali è stato attuato un cessate il fuoco e proposte le condizioni (tra le quali la federalizzazione) per una soluzione politica complessiva. Queste elezioni costituiscono una provocazione per il Presidente ed il Governo ucraino, che hanno già dichiarato, con una fretta forse eccessiva, che potrebbero rimangiarsi la concessione di una larga autonomia alle regioni orientali del Paese. L'unica soluzione possibile sta in un difficile equilibrio tra la ormai sempre più netta scelta europeista della maggior parte della popolazione e la necessità di non far apparire tale soluzione una sconfitta non tanto per la Federazione Russa, quanto soprattutto per il suo gruppo dirigente e per il Presidente Putin. Ma la vera sfida per il Governo ucraino, oltre alla soluzione del problema delle provincie orientali e della Crimea, sta nello sconfiggere la corruzione e spezzare il legame stretto tra affari e politica.
4. Prima di fare qualsiasi osservazione sulla politica estera russa, dei Paesi europei e degli Stati Uniti è doveroso ricordare che tutti questi Paesi si sono dichiarati impegnati ad osservare i principi dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa: inviolabilità dei confini, se non con procedure formali e accordo delle parti, e rispetto dei diritti delle minoranze. Quindi, se da una parte alcune mosse centralizzatrici del Governo ucraino dopo la fuga di Janukovič contraddicevano tali impegni, le mosse russe hanno compiuto infrazioni ben più clamorose. Del resto la politica estera di Putin si è sempre posta come obiettivo il ristabilimento della Russia come grande potenza. Uno dei presupposti è sempre stato la creazione di un'area ad egemonia russa che comprendesse tutte o quasi le aree dell'ex-Unione Sovietica. Questa ha portato tra l'altro alla guerra contro la Georgia nel 2008. Qualsiasi giudizio si possa dare sulla politica georgiana, la reazione russa fu in qualche modo ispirata ad una dottrina della sovranità limitata delle repubbliche ex-sovietiche. Anche senza dare eccessivo perso alle dichiarazioni dell'ex-Ministro degli Esteri polacco Radosław Sikorski, che ha parlato di proposte da parte di Putin per la spartizione dell'Ucraina tra Russia e Polonia, sicuramente la politica estera putiniana ha sempre puntato ad una riduzione all'obbedienza di Kiev. A questo scopo ha armato e finanziato le milizie che hanno creato delle zone virtualmente indipendenti dopo il rovesciamento delle posizioni a Kiev. La controffensiva dell'esercito ucraino nell'est del Paese è stata contrastata soltanto con l'intervento più o meno diretto di truppe russe, come constatato da gran parte della stampa internazionale. A quel punto è stato chiaro che, dopo l'annessione quasi indolore della Crimea, un'ulteriore modificazione dei confini al di fuori delle pratiche consentite dal diritto internazionale non era possibile. L'esercito russo si era infatti impadronito con relativa facilità della Crimea, la cui popolazione peraltro, a causa delle vicende storiche della penisola taurica, è prevalentemente russofona e si sente russa assai più che ucraina. Infatti, ance se è probabilmente vero che il referendum in Crimea avrebbe visto all'opposizione dell'annessione alla Russia soltanto i tatari e pochi altri, è anche vero che dal punto di vista delle procedure (che in questi casi sono estremamente importanti) il referendum ha lasciato alquanto a desiderare, specialmente se paragonato ad un referendum sull'indipendenza organizzato secondo tutte le regole come quello sull'indipendenza della Scozia.
6. Per finire, un elemento interessante ed in parte sconcertante sono state le posizioni assunte in favore o contro le varie parti. E' vero che, da un lato, molti governi europei e l'amministrazione americana hanno sottovalutato la presenza dei gruppi di destra e di estrema destra che hanno assunto o hanno cercato di assumere una posizione egemonica nel movimento di Majdan. D'altra parte però una parte della sinistra (e anche della destra) estrema ha mostrato una simpatia dichiarata per Putin, la Russia ed i movimenti armati dei miliziani delle provincie russofone. Non a caso gli “osservatori internazionali” presenti alle elezioni tenutesi nel Donbass domenica 2 novembre 2014 erano, a quanto riferito da Le Monde, rappresentanti di gruppi di estrema destra europea. A che cosa dobbiamo questa presa di posizione? Probabilmente ad un sentimento anti-occidentale e anti-europeo che si è diffuso in modo sempre più esteso dopo la crisi economica e la crisi dell'euro. Il neo-autoritarismo putiniano infatti è appetibile per una certa sinistra che ancora si professa “comunista” sia perché evoca, forse inconsciamente, le glorie della potenza sovietica, sia perché si oppone a volte con efficacia all'America declinante, spesso incerta nella politica estera, del Presidente Barack Obama e del Segretario di Stato John Kerry. La destra invece simpatizza per Putin a causa delle sue posizioni socialmente conservatrici e dei suoi atteggiamenti di tipo macho e decisionista. Quello che stupisce però è la stanca ripetizione di slogan che vorrebbero essere antimperialisti (e invece rivelano appieno il loro anacronismo) in una situazione del tutto cambiata.
* Rodolfo Ragionieri è Professore associato presso il Dipartimento di Scienze politiche dell'Università degli studi di Sassari; tra il 1998 ed il 2002 è stato Presidente del Forum per i problemi della pace e della guerra
Per saperne di più
- Parlamento dell'Ucraina: Verkhovna Rada
- Presidente dell'Ucraina: Petro Porošenko
- Central Election Commission announces official results of Rada election on party tickets (Agenzia Interfax, 10.11.2014)
- General official results of Rada election (Agenzia Interfax, 11.11.2014)
- Elezioni per pochi eletti, di Andrea Ferrario e Vitaliy Dudin (Crisi Globale, 28.10.2014)
- I luoghi comuni della sinistra sull’Ucraina, di Andrea Ferrario (Crisi Globale, 3.11.2014)
- The Maidan and Beyond (estratto da Journal of Democracy, Volume 25, Number 3, July 2014)- Il testo integrale dell’accordo di tregua di Minsk (Crisi Globale, 7.9.2014)
- National Security Bureau (BBN): White Book on National Security of the Republic of Poland (2013)
- Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE): OSCE responds to crisis in Ukraine (updated 21.11.2014)
Rassegna stampa
> Voto in Ucraina: Poroshenko avanti. I filo-russi entrano in Parlamento (Corriere della Sera, 26.10.2014)
> “Pace prima di tutto”. Ma Poroshenko non convince l’Ucraina, di Lucia Sgueglia (La Stampa, 27.10.2014)
> Poroshenko non sfonda in Ucraina: testa a testa con Iatseniuk. Mosca: “Pronti a collaborare” (La Stampa, 27.10.2014)
> Vince Poroshenko, ma il Paese è nel caos, Nicola Lombardozzi (la Repubblica, 27.10.2014)
> In Ucraina vincono i filo occidentali. Mosca si dice "preoccupata" (Il Foglio, 27.10.2014)
> Poroshenko e Jatsenjuk è sfida all'ultimo voto, Donetsk sotto le bombe, di Nicola Lombardozzi (la Repubblica, 28.10.2014)
> Ricordate il golpe nazista in Ucraina? Non ha superato neanche la soglia di sbarramento, di Daniele Ranieri (Il Foglio, 28.10.2014)
> Un pericolo chiamato Putin, di Bernard Guetta (Internazionale, 29.10.2014)
> Ucraina, regioni separatiste al voto. Vincono i leader pro-Russia (Corriere della Sera, 2.11.2014)
> Ucraina: i separatisti trionfano a est, l’ira di Kiev Mosca riconosce il voto, l’UE no (La Stampa, 2.11.2014)
> Il voto dell’Est ucraino allontana la Russia dall’Occidente, di Anna Zafesova (La Stampa, 3.11.2014)
> L'Est ribelle vota e sfida Kiev. Mogherini: "Ostacolo alla pace", di Nicola Lombardozzi (la Repubblica, 3.11.2014)
> Ucraina, nelle regioni dell'est trionfano i separatisti (Il Foglio, 3.11.2014)
> L'obiettivo ucraino di Vladimir Putin, di Bernard Guetta (Internazionale, 3.11.2014)
> Il voto in Ucraina, un'analisi da Kiev. Il punto di vista di un osservatore internazionale sul voto, di Fabrizio Anzolini (L'Huffington Post, 3.11.2014)
> Mogherini: “Inizio da Gaza e Tel Aviv per costruire il dialogo”, di Marco Zatterini (La Stampa, 4.11.2014)
> L’accordo di Minsk è morto (Il Foglio, 4.11.2014)
> Ucraina, Mogherini: «Mosca punta a dividere la UE, dobbiamo stare uniti» (Corriere della Sera, 6.11.2014)
> Quella voglia di golpe che serpeggia sul fronte in Ucraina, di Andrea Sceresini (Il Foglio, 8.11.2014)
> Ucraina, si combatte a Donetsk. Carri armati russi al confine: Kiev accusa Mosca (la Repubblica, 9.11.2014)
> Il Cremlino mostra i muscoli, di Bernard Guetta (Internazionale, 14.11.2014)
> Gentiloni: garantire alla Russia il suo ruolo di grande Paese, di Paolo Valentino (Corriere della Sera, 15.11.2014)
> Cameron, linea dura su Putin Ma l’Europa resta spaccata, di Paolo Mastrolilli, (La Stampa, 17.11.2014)
> Il pasticcio ucraino, di Bernard Guetta (Internazionale, 17.11.2014)
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