A cura di: Antongiulio Barbaro, Alessio Bartaloni, Amos Cecchi, Antonio Floridia, Monica Liperini,
Arnaldo Melloni, Eriberto Melloni, Massimo Migani, Mario Primicerio, Simone Siliani



Nessuno è chiamato a scegliere tra essere in Europa e essere nel Mediterraneo,
poiché l'Europa intera è nel Mediterraneo.

Aldo Moro
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venerdì 14 novembre 2014

Giustizia: la svolta rivoluzionaria di Papa Bergoglio

di Vilfredo Marziani (*)

E' da tempo ormai che Papa Francesco, fin dall'inizio in buona sostanza del suo pontificato, ci ha reso abituale la propria visione del mondo che pare essere scandita, a dispetto di tutto e di tutti, da un vero e proprio ossimoro: la necessità di una svolta rivoluzionaria nel più esteso ed autentico recupero della tradizione intesa come continuità della dottrina cristiana.
Jorge Bergoglio, Papa Francesco.
Quanto sopra vale anche per l’importante discorso rivolto dal Papa, lo scorso 23 ottobre, all'Associazione internazionale di diritto penale.
Subito dopo aver ricordato le insidie sottese ad un “sistema penale fuori controllo” ed aver esortato ad un recupero profondo della missione dei giuristi in un mondo contemporaneo che vede sempre più in forse il principio guida della cautela in poenam intesa come diritto penale quale «… ultima ratio, come ultimo ricorso alla sanzione, limitato ai fatti più gravi contro gli interessi individuali e collettivi più degni di protezione ...», il Papa, non senza prima aver puntualmente riferito le proprie preoccupazioni per l’affievolimento del «… dibattito sulla sostituzione del carcere con altre sanzioni penali alternative ...», si è immediatamente e coraggiosamente gettato nel mezzo della mischia, armato dei soli principi sul primato della vita e la dignità della persona umana (reclamando dunque il primatus principii pro homine), esaminando senza infingimenti la pena di morte e giungendo senza mezzi termini all'affermazione che anche «... l'ergastolo è una pena di morte nascosta ...».

lunedì 18 agosto 2014

Carcere: quale Italia e quale modello sociale

di Stefano Anastasia (*)

Apparentemente più tranquilli, siamo andati in vacanza con 55mila detenuti: 10mila in meno di quando siamo stati condannati dalla Corte europea dei diritti umani, 10mila più di quanti le nostre carceri ne potrebbero ospitare secondo gli ordinari parametri di abitabilità degli immobili. Siamo a metà del guado ed il Consiglio d’Europa ce l’ha riconosciuto, rinviandoci a una nuova valutazione da qui a un anno. Respiriamo, ma non possiamo mollare. Intanto perché nella violazione dei diritti umani vale il motto dei moschettieri del Re, “uno per tutti, tutti per uno”: ogni detenuto in condizioni inumane o degradanti, fosse pure solo uno, merita l’attenzione di tutti, e se il sovraffollamento resta, con esso resta anche il rischio di una violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani. E poi non si può mollare perché il risultato è ancora incerto e tutt’altro che stabilizzato. Ci sono voluti quattro decreti-legge (Severino, Cancellieri 1 e Cancellieri 2, Orlando), due leggi ordinarie (Alfano e depenalizzazione e messa alla prova per gli adulti) e una storica sentenza della Corte costituzionale (quella che ha abrogato la legge Fini-Giovanardi) per raggiungere questo risultato, ma - al di là delle singole disposizioni contenute in ciascuno di quei provvedimenti - bisogna avere la consapevolezza che poggia su piedi di argilla.

venerdì 18 aprile 2014

La "sentenza Torregiani" e la situazione delle carceri italiane: la necessità della riforma della giustizia

di Massimiliano Annetta

Il tema non è originale. Tutti i governi finiscono prima o poi con l’avere il problema della giustizia. Né potrebbe essere diversamente: il Re è nudo (il sistema giudiziario non funziona e neppure un novello Candide potrebbe in piena coscienza continuare ad ignorare lo squilibrio fra poteri dello Stato e la politicizzazione dell’azione penale) e le condanne europee, al netto dell’umiliazione, nulla aggiungono al disastro. Di tale situazione, non di altro, il sovraffollamento carcerario è figlio.
Consentitemi in proposito di liberarmi, in via preliminare direi, di un peso. Il Ministro della Giustizia Andrea Orlando è andato a fare richieste precise in una sede europea. Andrea è un caro amico, quando è stato responsabile del Forum Giustizia del PD ho avuto il piacere di lavorare al suo fianco e se mi si chiedesse chi è ai miei occhi il “miglior” ministro del Governo Renzi non avrei il benché minimo dubbio ad indicarlo come tale. Ma auspico che le sue richieste siano rigettate.