A cura di: Antongiulio Barbaro, Alessio Bartaloni, Amos Cecchi, Antonio Floridia, Monica Liperini,
Arnaldo Melloni, Eriberto Melloni, Massimo Migani, Mario Primicerio, Simone Siliani



Nessuno è chiamato a scegliere tra essere in Europa e essere nel Mediterraneo,
poiché l'Europa intera è nel Mediterraneo.

Aldo Moro

sabato 16 aprile 2016

I TRASPORTI FERROVIARI A FIRENZE – RETE AV E REGIONALE

di Angelo Pezzati



La Torino Milano Bologna Roma Napoli, insieme alla Milano Venezia,  rappresenta senza dubbio l’asse forte della rete ferroviaria italiana
In meno di 1000 km sui 16.000 della rete FS si muovono quasi il 50 % dei viaggiatori che usano il treno in Italia.
Sulla stessa direttrice esistono anche, come ben sappiamo, le strade e autostrade più trafficate con imponenti movimenti di viaggiatori e merci.
Anche questa è la motivazione che ha determinato la maggiore crescita delle città e delle regioni circostanti.  I traffici sono dovuti alle persone e alle loro attività, i servizi e le infrastrutture determinano la crescita dei centri abitati.
Già negli anni ’80 le allora disastrate ferrovie del Paese iniziarono a parlare di quadruplicare l’asse forte della rete per far fronte alle necessità di trasporto. Il progetto è stato via via affinato partendo dagli standard progettuali adottati sulla DD Roma Firenze, studiata per una velocità di esercizio di 250  km/h, anche se fino a quel momento non era disponibile una flotta di treni  che potessero viaggiare a quella velocità. Vorrei ricordare a noi italiani, sempre pronti a criticarci, che delegazioni di tecnici di altre Nazioni d’Europa e del Mondo venivano negli anni  ’80 a visitare quella opera ferroviaria per le sue caratteristiche di modernità.
Il progetto dell’Alta Velocità in Italia è stato poi perfezionato e realizzato aggiungendo al concetto di Alta Velocità quello di Alta Capacità. 
Superando una erronea opinione che l’alta velocità fosse un sistema di trasporto di elite, per pochi ricchi, si puntò su un progetto che prevedesse da un lato modernissime linee con i più elevati standard prestazionali, dall’altro un frequente livello di servizio, una connessione con le reti regionali afferenti alle stazioni AV che avrebbero dovuto avere anche loro un sostanziale miglioramento onde rendere possibile sia un servizio regionale moderno ma anche la utilizzazione dell’AV anche da parte dei cittadini posti nelle provincie più lontane dal capoluogo di Regione servito dall’AV. Inoltre i Politici di allora ( fine anni 90 e inizio 2000) volevano che le nuove linee AV e la rete esistente consentissero un maggior traffico merci su rotaia!!
E, considerato che ora non si sentono affermare più queste idee e obiettivi, aggiungo che occorre andare sulla A1, in particolare nelle ore notturne, per capire che ci sarebbe tantissimo bisogno di trasporto merci su rotaia, naturalmente avendo le infrastrutture disponibili!!
Con queste linee programmatiche e progettuali  le FS , insieme alle Imprese, hanno realizzato la nuova linea AV/AC TO-MI-NA , attivando le varie tratte , salvo alcuni elementi puntuali, negli anni 2008/2010.
A fine 2010 rimanevano alcune opere da realizzare ad esempio la stazione di BO e quella di Firenze, che avevano, sia  dal lato progettuale BO come Firenze  , un posizionamento a oltre 20 m sotto il piano di campagna e al centro di una tratta in sotterranea sotto la città.
Bologna è stata aperta all’esercizio commerciale, ovvero al servizio viaggiatori, il 09/06/2013.
 Per Bologna preme mettere in evidenza che le Ferrovie, insieme al Comune e Provincia di Bologna e la Regione Emilia Romagna hanno per anni lavorato per facilitare la realizzazione dell’opera, per spostare in aree limitrofe alla stazione funzioni pubbliche e private di forte concentrazione di persone, per “cucire” un servizio di trasporto regionale e metropolitano aventi la stazione FS come fulcro.
E’ulteriore  testimonianza di ciò lo studio effettuato dalla Regione Emilia Romagna per  un ulteriore potenziamento dei servizi su ferro avente fulcro in Bologna Centrale, sviluppato a partire dal 2014..
Amministrazioni attente e impegnate a costruire che, insieme ad adeguare la rete viaria trafficatissima, vedono  il servizio ferroviario come sistema di risoluzione della mobilità.
La stazione, semplice ma funzionale, sta assolvendo magnificamente alle sue funzioni e ha consentito una ricucitura della città.
Non è stato tutto oro quello che è avvenuto ma sempre c’è stata la convinzione dell’opera da realizzare anche se le Amministrazioni hanno cercato di migliorare il progetto e ottenere vantaggi per la città.
Tutti oggi possono vedere l’opera d’Arte, ma soprattutto possono usufruire di una moderna stazione che consente di collegare oggi Firenze SMN in 35 minuti ( meno del tempo necessario, con un bus,  per collegare Firenze SMN con i quartieri  fuori le mura della città!!), Milano in 1ora!!
Una piccola considerazione : quanto poco i “media” mettono in risalto le opere positive per la crescita , mentre tanto le disgrazie e le miserie di ogni giorno!!.
Il passante di Bologna è stato avviato insieme a quello di Firenze, anche Bologna ha avuto ritardi, non per il passante vero e proprio completato e attivato alla circolazione un anno prima della stazione, ma per la stazione AV che ha incontrato alcune problematiche che ne hanno allungato i tempi.
Occorre sottolineare l’importanza dell’opera da un punto di vista: urbanistico, ferroviario trasporti stico, ingegneristico, architettonico!!!!!!!!!!!!
Pur nella sua linearità essenziale la stazione rappresenta una di quelle opere ingegneristiche che sono pietre miliari nello sviluppo delle ferrovie e riferimento della città.
Spesso i comitati No TAV parlano di tanti danni ai fabbricati provocati dall’AV: Niente di più falso! Nessun fabbricato lungo il percorso degli 8 km dei 2 tunnel interrati paralleli ha subito danni!!
Ci sono state alcune lesioni a fabbricati limitrofi al cassone della stazione , molto più grande e profonda di quella di Firenze, a causa dei tiranti di ancoraggio dei diaframmi che sono stati spinti fin sotto alcune case limitrofe. Le lesioni sono state riparate senza provocare nessun danno a persone e i danni sono stati  rifusi con soddisfazione degli interessati. Tutti i Bolognesi, anzi tutti gli abitanti dell’Emilia Romagna, sono molto contenti della nuova linea AV.
Ma è soprattutto il miglioramento nei collegamenti nazionali, regionali e cittadini da mettere in evidenza con conseguente ricaduta positiva sull’economia.
La Regione Emilia Romagna anche in questo caso si dimostra positiva e pronta a sfruttare opportunità di sviluppo che si riflettono poi molto positivamente sui livelli di ricchezza e occupazionali.

… e FIRENZE?

Il progetto del passante AV è stato rallentato da molti soggetti : - alcuni settori delle Ferrovie,  dalla Regione Toscana, con ritardi autorizzativi ambientali e di gestione delle terre che non sono ancora superati, dal Comune di Firenze che ha chiesto modifiche al progetto , dall’Arpat, dall’Asl , e dalla Magistratura che poteva contestare persone  che venivano indagate per  aver commesso ( ciò è in corso di accertamento)  infrazioni alle leggi ma ha anche  ritenuto di sequestrare cantieri, determinando la interruzione dei lavori. La fermata dei lavori costa  molte decine di milioni e nessuno paga per questi errori.
E’ stata inoltre presa la decisione incomprensibile di non realizzare la fermata di Circondaria, posizionata sopra la stazione Belfiore , prevista per l’interscambio con i treni regionali provenienti o diretti verso Arezzo, Pistoia, Pisa e Siena oltre Firenze SMN.
Il blocco dei cantieri ha determinato la messa in cassa integrazione di varie centinaia di lavoratori,  fallimenti e ristrutturazioni societarie e naturalmente ritardi nell’esecuzione delle opere.

Fino ad oggi FS ha speso alcune centinaia di milioni di Euro per opere cosiddette compensative per la città, ed inoltre sono state spese  altre centinaia di milioni per progetti, per espropri, per avvio dei lavori e, con il blocco dei cantieri, si sono determinate le condizioni per dover riconoscere molte decine di milioni Euro per i danni conseguenti alla forzata sospensione dei lavori, alla sostituzione della fresa, ecc, ecc.

L’attivazione della stazione AV di Bologna nel 2013 è già lontana, ma ancora più lontana è la data della possibile attivazione della linea e stazione AV a Firenze.
FS insieme a Regione Toscana e Amministrazioni locali hanno a suo tempo deciso che il progetto AV fosse accompagnato da un  potenziamento delle linee regionali allo scopo di rendere la stazione AV strettamente interconnessa  con tutte le città della Toscana;  così la linea Firenze Prato, la Firenze Empoli, la Empoli Siena Chiusi, il nodo di PI e Livorno, la riattivazione della Faentina ecc, sono state profondamente potenziate e  ammodernate con investimenti realizzati dal 3/3/1999 ( data della Conferenza dei Servizi nella quale è stata deciso l’attraversamento AV e la nuova stazione AV di Firenze) per oltre 2 miliardi di Euro!, ovvero oltre il doppio del costo del sottoattraversamento AV di Firenze.
Questi investimenti hanno consentito di aumentare in maniera significativa il numero dei treni  ed aumentare i viaggiatori regionali da 130.000/giorno a quasi 300.000/giorno.

Oggi ci si chiede se sia ancora attuale questo progetto o si possa risparmiare i 900/1000 milioni oggi necessari considerati gli extracosti dovuti alla sosta dei cantieri.
Intanto preme far presente che tale somma è messa a disposizione dalle FS ( ovvero a carico del suo bilancio) e non dal Governo. Pertanto il risparmio se si facesse gioverebbe alle casse di .FS e non a quelle dello Stato!

Facciamo alcune considerazioni sui vantaggi e svantaggi di un cambiamento di decisione ( assunta da tutte le Amministrazioni  Regione, Provincia, Comune di Firenze, oltre altre Provincie e Comuni) rispetto a quella assunta nel  ’99 e faticosamente portata avanti.

Per prima cosa ovviamente le opere ferroviarie si fanno o si dovrebbero fare per soddisfare esigenze di trasporto.


Il sottoattraversamento AV/AC di Firenze  è ancora ad oggi attuale e necessario se si vogliono perseguire i seguenti obiettivi:

-         Sviluppare il traffico ferroviario regionale, ( Prato, Pistoia, Empoli, Siena, Firenze chiedono una intensificazione dei collegamenti con Firenze riducendo gli intervalli fra un treno e l’altro a 10’, ovvero inferiori a quelli di varie linee di bus cittadini),
-         Sviluppare il traffico merci sulla rete ferroviaria italiana e quindi  consentire a 80 treni merci al giorno di correre sulla Bologna Roma , consentendo la eliminazione  di 1500 autotreni  / giorno che percorrono la A1 ( una piccola percentuale degli autotreni che percorrono giornalmente la A1,
-         Non aumentare il trasporto pubblico e privato su gomma di lavoratori che provengono dalle aree  limitrofe verso Firenze,
-         Migliorare il collegamento ferroviario fra i due aeroporti di Firenze e Pisa, che molto opportunamente si è previsto di integrare fra loro per offrire agli utenti un miglior servizio,
-         Rendere possibile un servizio metropolitano nel territorio fiorentino integrando il previsto sistema delle tranvie ( che al momento è limitato alla Linea 1 attivata oltre 7 anni fa ),
-         Diminuire l’inquinamento atmosferico che provoca danni alla nostra salute aumentando le morti per cause respiratorie dovute al frequente superamento dei limiti delle polveri sottili.

Il sottoattraversamento AV della città di Firenze risulta necessario se si vuole aumentare il numero dei treni nord sud e est ovest.   Nel 1999 all’approvazione del progetto i treni che attraversavano il territorio fiorentino erano 280 verso sud, 250 verso nord e 128 verso Pisa  e Siena. Tali treni  si prevede vengano incrementati fino a 440 verso sud, 430 verso nord, 180 verso Pisa e Siena!! Quasi il raddoppio dei convogli ( e  non solo treni AV/AC ma anche treni regionali e metropolitani).
Alcuni sostengono che si possa raddoppiare il tratto di linea di cintura fra Firenze Campo Marte e Firenze Rifredi.
Qualsiasi esperto di trasporti ferroviari può dimostrare che non è possibile ottenere lo stesso incremento di numero di treni teorici con 2 nuovi binari di superficie CM – Rifredi rispetto a quello ottenibile con il sottoattraversamento AV che consente ai 2 nuovi binari di correre senza interferenze con quelli esistenti.
Comunque un cambiamento di scelte progettuali determinerebbe la  necessità di iniziare tutto nuovamente da capo : progetto, iter approvativo, ecc ecc. Passerebbero anni : storie che probabilmente si ripeterebbero, contrasti, difficoltà!,  Firenze è la città dei progetti , ma non quella delle realizzazioni !  Dal ’96 anno in cui si è avviato questo progetto all’appalto sono passati oltre 11 anni! Qualcuno è convinto che un nuovo progetto richiederebbe minor tempo? Pensiamo forse che demolire decine di fabbricati fra CM e Rifredi e sbancare una collina in corrispondenza dell’attuale galleria del Pellegrino sarebbe accettato senza la nascita di un altro comitato, di problemi di carattere ambientale, ecc ecc?
Perché il progetto avviato non sta andando velocemente avanti come avvenuto a Bologna o in altre parti del Paese e all’estero?
Possibile non si riesca a realizzare una galleria? Due gallerie affiancate a semplice binario realizzate con lo scudo di macchinari collaudati in tutto il Mondo, realizzate sotto i viali, salvo un piccolissimo tratto, non determinano rilascio dei terreni e cedimenti dei fabbricati circostanti. Le esperienze dimostrano che si possa essere tranquilli. Certamente determinano minor impatto della ipotizzata galleria tranviaria a 2 binari sotto il centro storico.

Considerato che la nuova ditta, subentrata a quelle fallite, ha istallato una nuova fresa nuova, onde evitare le problematiche fatte presente dai PM su quella istallata da SELI, possibile non si riesca a risolvere il problema delle terre da scavo che non sono certamente inquinate, prima di essere oggetto di lavorazione?  Le analoghe terre di scavo sotto Bologna non erano inquinate e il loro trasporto in una località di deposito e il loro  riutilizzo è stato autorizzato senza problemi dalla Regione Emilia Romagna! Comunque allo scopo di fare la campionatura si sono realizzate enormi aree coperte a Santa Barbara( con costi di vari milioni!!), quindi si potrà fare una verifica puntuale in corso d’opera, mettendo insieme controllori seri e obiettivi.
Le accuse di non idoneità dei rivestimenti delle gallerie o della fresa non sono stati in  oltre 3 anni dimostrati anzi le indiscrezioni trapelate fanno prevedere il contrario!
Allora tutti i motivi di fermo cantiere sembrano infondati o superati o dettati dalla volontà di tanti soggetti di rallentare questo progetto  finanziato con i denari di FS e approvato da TUTTI gli Enti Territoriali dopo un lungo e democratico percorso autorizzativo.

Concludendo:

-         L’incremento di traffico ferroviario a livello metropolitano, regionale, nazionale richiede la realizzazione della nuova linea AV di collegamento fra la Firenze Bologna e Firenze Roma;
-         Occorre realizzare il tunnel, la stazione Foster e la stazione Circondaria, posta sopra alla Foster per consentire l’interscambio con i treni regionali,
-         Occorre definire le problematiche ancora sul tappeto, risolverle velocemente, ritenendo inammissibile che a Firenze non si riesca a realizzare una galleria come in tutte le altre città del Mondo compreso la vicina Bologna,
-         Occorre che i Politici a partire dal Presidente del Consiglio, che come Presidente della Provincia approvò il progetto, i responsabili di tutte le Amministrazioni Regionali interessate e le Ferrovie definiscano le questioni operative da risolvere , mettendo intelligenza e disponibilità,  e si impegnino a farlo, ( suggerirei un metodo di lavoro insegnatomi e fatto proprio nella mia vita professione: non andare a dormire fintantoché non si è completato il lavoro assegnato),
-         Gli Amministratori vigilino con propri qualificati rappresentanti l’esecuzione corretta delle opere,
-         Si impegnino insieme a portare a termine una delle più importanti opere oggi sul tappeto a livello Nazionale.
Si ritiene, infine , che solo con la volontà decisa dei vari soggetti responsabili si possa realizzare il progetto, consapevoli che tutti sono capaci a trovare ostacoli e far prosperare la Burocrazia e le false spese  procurando  l’ aumento dei costi e dei tempi dei lavori.

martedì 12 aprile 2016

Carta delle Nazioni Unite e armi nucleari

di Alessandro Pascolini 


Dipartimento di fisica e astronomia Galileo Galilei
Centro d’ateneo per i diritti umani

Università di Padova

Nella Carta delle Nazioni Unite non vi è alcun riferimento esplicito alle armi nucleari, ma la loro esistenza e la recente distruzione di Hiroshima e Nagasaki incombevano sugli estensori della Carta. E certamente a tali armi anzitutto ci si riferisce al punto 4 dell’articolo 2 quando si proibisce la minaccia dell’uso della forza e al punto 1 dell’articolo 11 in cui si affida all’Assemblea Generale il compito di considerare i principi governanti il disarmo e la regolamentazione degli armamenti.
Di fatto, la primissima risoluzione dell’Assemblea Generale, il 24 gennaio 1946, riguarda appunto la creazione di una “Commissione allo scopo di affrontare i problemi generati dalla scoperta dell’energia atomica”. In particolare si richiedeva alla Commissione di procedere con la massima celerità a esaminare tutti gli aspetti del problema e a fornire proposte specifiche per:
a. estendere a tutte le nazioni lo scambio delle informazioni scientifiche di base, a
scopi pacifici
b. controllare l’energia atomica per assicurarne l’impiego per soli scopi pacifici
c. eliminare le armi nucleari dagli arsenali nazionali
d. creare salvaguardie efficaci per garantire la protezione degli stati da evasioni o
violazioni.

Proprio in vista dei lavori della Commissione, nel gennaio 1946 Dean Acheson, sottosegretario del Dipartimento di stato americano, costituì un gruppo di cinque esperti per studiare gli aspetti internazionali dell’energia nucleare, con la direzione di David Lilienthal e la partecipazione di Robert Oppenheimer, che dominò i lavori del gruppo portandovi le analisi razionali del problema elaborate dalla comunità scientifica l’anno precedente.
Il comitato concluse[1] che un disarmo nucleare era impossibile se ogni paese fosse libero di sviluppare un proprio programma per applicazioni civili dell’energia nucleare e che quindi non si poteva costruire la sicurezza universale dalla guerra nucleare basandosi solo su controlli e ispezioni internazionali (quali allora concepibili). La soluzione proposta distingueva fra le attività critiche per lo sviluppo di armi da quelle che non pongono rischi significativi e permettono un facile controllo. Le prime avrebbero dovute venir assegnate a un’agenzia internazionale indipendente (Atomic Development Authority−ADA), concepita un po’ come una multinazionale, cui trasferire la proprietà di tutti i giacimenti di uranio e torio, di tutti gli impianti industriali di produzione e arricchimento dei materiali fissili, nonché dei laboratori di ricerca per lo sviluppo scientifico e tecnologico nel settore nucleare; l’ADA avrebbe quindi fornito ai singoli centri scientifici o industriali dei vari paesi i materiali fissili per gli usi civili, sottoponendoli a rigorose ispezioni. Alla creazione dell’ADA, tutte le armi esistenti dovevano venir distrutte. La commissione dell’ONU, come noto, non riuscì a raggiungere i suoi scopi, per la volontà americana di mantenere il monopolio nucleare più a lungo possibile e per la determinazione sovietica di acquisire al più presto l’arma nucleare, deludendo così le aspettative e segnando il primo di una lunga serie di fallimenti per il disarmo nucleare.

Un’eco significativa dell’Acheson-Lilienthal Report si ritrova nella proposta del presidente John Fitzgerald Kennedy presentata il 18 aprile 1962 a Ginevra per un trattato di disarmo generale da completarsi in tre stadi. […] Anche se la successiva crisi di Cuba vanificò la prospettiva di disarmo, molti dei principi e concetti espressi nella proposta del 1962 entrarono definitivamente nel linguaggio e nella prassi dei successivi rapporti negoziali.
A Mikhail Gorbaciov è dovuto il successivo serio progetto di disarmo nucleare: il 15 gennaio 1986 lanciò l’audace proposta di un programma concreto per l’abolizione delle armi nucleari entro il 2000, articolato in tre fasi:
1. USA e URSS dimezzano il numero delle armi nucleari che possono raggiungere il
territorio dell’altro paese e adottano un accordo per liberare l’Europa dai missili a medio raggio; Francia e UK si impegnano a non accrescere i loro arsenali;
2a. le altre potenze nucleari si uniscono al processo; USA e URSS eliminano tutte le forze nucleari a medio raggio e congelano i sistemi tattici;
2b. dopo che USA e URSS hanno dimezzato i loro armamenti, tutte le potenze nucleari eliminano le loro armi tattiche; i test nucleari cessano ovunque;
3. eliminazione di tutte le armi nucleari entro la fine del 1999, con un accordo universale per il bando definitivo delle armi atomiche, con speciali procedure per la distruzione dei vettori; creazione di un sistema internazionale di stretta verifica del rispetto del disarmo e del bando di produzione di nuove armi nucleari.

[…] Nel summit di Reykjavik (11-12 ottobre 1986) Reagan e Gorbaciov concordarono che “una guerra nucleare non poteva essere vinta e pertanto non doveva mai essere combattuta” e, proseguendo nei colloqui, Reagan accettò la proposta di una totale eliminazione delle armi nucleari e di affidare “alla nostra gente a Ginevra di preparare una bozza di trattato con questo obiettivo”. Il loro incontro segna di fatto l’inizio di rapide e sostanziali diminuzioni nel numero delle armi nucleari, che allora aveva raggiunto il mostruoso numero di oltre 60 mila.
Tuttavia Reagan volle conservare lo sviluppo della sua Strategic Defense Initiative
anche oltre alla fase di ricerca, superando i vincoli posti dal trattato ABM, che invece
Gorbaciov intendeva conservare, considerandolo indispensabile per la stabilità dell’equilibrio strategico, e il progetto di disarmo totale si arenò.
Così oggi ci troviamo ancora con circa 16 mila armi nucleari (di cui 1800 pronte a essere lanciate nel giro di qualche minuto) appartenenti a 10 diversi paesi.[2] Vi sono
inoltre enormi quantità di materiale fissile esplosivo, non tutto adeguatamente protetto: 1400 t di uranio altamente arricchito (HUE) e 500 t di plutonio, in continua crescita.[3] Tenuto conto che una bomba tipicamente contiene 15-25 kg di HUE e 3-4 kg di plutonio, le scorte esistenti sono sufficienti per produrre oltre 150 mila bombe. 
La situazione è particolarmente grave, in particolare poiché tutte le attuali potenze nucleari e i paesi della NATO sono intenti a modernizzare e sviluppare le proprie forze nucleari e intesi a conservarle per tempi indefiniti.

[…] Anche in questa situazione di sostanziale anarchia internazionale, di profonde
contrapposizioni politiche e di violenti conflitti fra, e dentro, troppi paesi, la peculiarità delle armi nucleari e la loro irrilevanza per il confronto armato rendono comunque possibile e praticabile il disarmo nucleare totale, come ci ha magistralmente spiegato Hans Morgenthau[4]: “Il disarmo nucleare è totalmente differente dal disarmo delle armi convenzionali. Infatti la dinamica che caratterizza l’equilibrio militare convenzionale nelle politiche di potenza delle nazioni non si applica alle armi nucleari. Un’arma nucleare non è un’arma nel senso semantico convenzionale. Non è un mezzo razionale per un fine razionale. È uno strumento di distruzione illimitata e universale, per cui la minaccia o l’attualizzazione di una guerra nucleare non è uno strumento razionale di politica nazionale poiché è uno strumento di suicidio e genocidio.”[…]
Negoziati sul controllo degli armamenti nucleari e per la loro eliminazione possono (e devono) quindi venir condotti disaccoppiandoli dal contesto dei conflitti e contrapposizioni in corso, sono un capitolo a parte delle relazioni internazionali.
L’eliminazione delle armi nucleari garantisce la sicurezza globale, dissolvendo lo spettro che da troppo tempo incombe su tutta l’umanità; ma rafforza anche la stessa
sicurezza delle attuali potenze nucleari.
[…] Il disarmo delle forze nucleari e dei materiali fissili esplosivi elimina i pericoli dovuti a incidenti, malfunzionamenti e falsi allarmi, lanci accidentali o non autorizzati di missili, garantisce il blocco della proliferazione di tali armi, annulla il rischio di terrorismo nucleare, libera le potenze nucleari da enormi e sterili spese, costringe a ripensare in termini più razionali le basi della sicurezza nazionale e internazionale, che non può ridursi agli aspetti militari e a rapporti di forza.
Il disarmo nucleare rafforza l’ONU e i suoi programmi di pace e contribuisce a rendere concreto un fondamentale punto del preambolo della Carta, che appunto mira anche a garantire “uguali diritti per le nazioni grandi e piccole”, principio attualmente vanificato anche nel Trattato di non proliferazione (NPT) con la grave asimmetria di diritti e doveri fra le cinque potenze nucleari riconosciute e tutti gli altri paesi membri. Disparità sempre meno accettata, tanto da essere stata la principale causa del fallimento dell’ultima conferenza di revisione del trattato, la primavera scorsa.
La transizione dal mondo attuale in uno libero dalle armi nucleari è un processo estremamente delicato e pone molte problematiche tecniche e politiche, che
numerose istituzioni e centri di ricerca internazionali stanno affrontando. Le prime fasi del processo di disarmo sono abbastanza chiare, finalizzate a una drastica riduzione delle forze americane e russe, con una precisa ridefinizione della politica strategica dei due paesi a minimizzare il ruolo di tali armi per la sicurezza nazionale, garantendo l’equilibrio globale del sistema.
Estremamente più delicati sono i passi ulteriori, per evitare i rischi dovuti a potenziali nuovi programmi nucleari occulti, instaurare nuove forme di dissuasione di conflitti armati, individuare mezzi di controllo e garanzie adeguati alla nuova dimensione del problema della salvaguardie, preservare l’equilibrio internazionale in presenza delle potenziali instabilità dei “piccoli numeri”, evitare il pericolo di una corsa agli armamenti convenzionali e la diffusione di un regime internazionale di sospetto reciproco sulle residue potenzialità nucleari militari, esprimibili, per esempio, sui tempi necessari alla produzione di armi in caso di situazioni critiche o conflitti.
Il clima di collaborazione russo-americana nel primo decennio del nuovo secolo aveva aperto la prospettiva di un approccio razionale e concreto alla questione nucleare, culminata con la dichiarazione congiunta dei presidenti Dmitry Medvedev e Barak Obama il primo aprile 2009 a Londra: “Noi impegniamo i nostri due paesi a raggiungere un mondo libero da armi nucleari, pur riconoscendo che questo obiettivo a lungo termine richiederà una nuova enfasi sul controllo degli armamenti e su misure per la risoluzione dei conflitti, e il pieno adempimento di tutte le nazioni interessate”. Impegno che ha portato alla firma (Praga, 8 aprile 2010 ) del nuovo trattato Treaty between the United States of America and the Russian Federation on measures for further reduction and limitation of strategic offensive arms (New START), che, accanto a un piano di riduzioni decennale, prevede lo sviluppo di un processo di riduzione progressiva di ogni specie di armi nucleari, coinvolgendo nelle fasi successive anche altri paesi.

L’impegno di mirare all’eliminazione delle armi nucleari venne accolto formalmente da tutte le parti del NPT (28 maggio 2010) quale prima fra le “azioni” da sviluppare concretamente a partire dal 2010, ed espressamente condiviso dalle altre potenze nucleari (risoluzione 1887 del Consiglio di sicurezza dell’ONU, 24 settembre 2009, in cui si proclama l’impegno per “un mondo senza armi nucleari”), e in dichiarazioni politiche anche da India, Israele, Pakistan e Corea del Nord. […]
Questi ultimissimi anni sembrano chiudere questa finestra di razionalità, rimettendo in discussione l’obiettivo del disarmo nucleare, con il raffreddamento degli sviluppi del New START, il potenziamento delle capacità nucleari delle attuali potenze nucleari, la conservazione delle strutture di produzione di materiali fissili militari e l’ambiguità mantenuta da alcuni paesi sulla consistenza delle proprie strutture e forze nucleari.
Accanto all’approccio razionale, e a suo complemento, occorre anche dare spazio alle emozioni e al rifiuto morale delle armi nucleari basato su motivi umanitari, dato che il loro impiego viola i principi fondamentali del diritto umanitario individuati dalla giurisprudenza internazionale nel suo sviluppo dalla metà dell’ottocento: il principio della necessità militare, il principio di distinzione, il principio di proporzionalità e il principio di umanità.
La strada verso un mondo libero da armi nucleari si annuncia ancora molto lunga e irta di ostacoli, con il rischio continuo di rallentamenti, fermate e deviazioni di percorso, anche perché sarà necessaria la costruzione di nuovo sistema di relazioni internazionali e l’instaurazione di nuovi concetti di sicurezza nazionale, come immediatamente compreso da Albert Einstein: “La prima bomba atomica ha distrutto ben più che la città di Hiroshima. Ha fatto esplodere le nostre superate idee politiche, quali le abbiamo ereditate”. “Come abbiamo cambiato il nostro modo di pensare nel mondo della scienza pura per abbracciare concetti più nuovi ed utili, così dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare nel mondo della politica. È troppo tardi per commettere errori”.





[1] Acheson-Lilienthal Report, 1946, A Report on the International Control of Atomic Energy, prepared for
the Secretary of State's Committee on Atomic Energy (The Acheson-Lilienthal Report, Washington, D.C.,
March 16, 1946), Doubleday, New York
[2] Per una stima delle attuali forze nucleari mondiali vedi Status of world nuclear forces, Federation of
Atomic Scientists, September 28, 2015, disponibile sul sito www.fas.org/issues/nuclearweapons/
status-world-nuclear-forces
[3] International Panel on Fissile Materials, 2013, Global Fissile Material Report 2013: Increasing
Transparency of Nuclear Warhead and Fissile Material Stocks as a Step toward Disarmament, IPFM,
Princeton; International Panel on Fissile Materials, 2015, Plutonium Separation in Nuclear Power
Programs. Status, Problems, and Prospects of Civilian Reprocessing Around the World, IPFM, Princeton
[4] H. Morgenthau, 1972, The fallacy of thinking conventionally about nuclear weapons, in D. Carlton and
C. Schaerf (eds), 1977, Arms control and technological innovation, Croom Helm, Londra, pp. 256-64.