A cura di: Antongiulio Barbaro, Alessio Bartaloni, Amos Cecchi, Antonio Floridia, Monica Liperini,
Arnaldo Melloni, Eriberto Melloni, Massimo Migani, Mario Primicerio, Simone Siliani



Nessuno è chiamato a scegliere tra essere in Europa e essere nel Mediterraneo,
poiché l'Europa intera è nel Mediterraneo.

Aldo Moro

venerdì 29 agosto 2014

Rappresentanza e Governo: quale nuovo equilibrio tra Stato e Regioni? Riflessioni a margine di un articolo di Roberto D'Alimonte

di Simone Siliani

Roberto D'Alimonte scrive un articolo sulla riforma costituzionale in corso ("Regioni e Senato: cresce l'equilibrio", ne Il Sole 24 Ore del 10 agosto) il cui contenuto, in estrema sintesi, è il seguente: il nuovo Senato si fonda sulle Regioni, che però hanno prodotto la classe politica più corrotta e screditata della storia repubblicana; ma state tranquilli, miei concittadini, il nuovo Senato non conterà niente perché avrà poteri più limitati, in quanto lo Stato si riprende competenze (con la riforma del Titolo V) e, soprattutto, perché con la legge elettorale maggioritaria che si profila all'orizzonte la maggioranza che si formerà alla Camera potrà fare tranquillamente a meno, in molti casi, dell'inutile nuovo Senato. Dunque, state sereni, le Regioni con il loro ridicolo Senato non minacceranno la governabilità!
Una recente seduta della Commissione Affari costituzionali del Senato della Repubblica, dove è stata discussa
la riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione, approvata in prima lettura il 7 agosto 2014:
da sinistra Maria Elena Boschi (Ministro per le riforme costituzionali),
Roberto Calderoli (relatore di maggioranza della riforma), Anna Finocchiaro (Presidente della Commissione).
Sorge spontanea una domanda (anzi, due): ma se il Senato nuova versione non conta niente, perché i toni da ultima spiaggia usati dal Governo per cui da questa riforma si fa dipendere la stessa possibilità di far ripartire il Paese? Ma, soprattutto, se è vero il ragionamento del professor D'Alimonte, allora non sarebbe più coerente e meno costoso (visto che questo è il leit motiv che Renzi ha scelto per costruire il consenso attorno a questa riforma) abolire il Senato e accedere tranquillamente ad un governabilissimo monocameralismo?

lunedì 18 agosto 2014

Carcere: quale Italia e quale modello sociale

di Stefano Anastasia (*)

Apparentemente più tranquilli, siamo andati in vacanza con 55mila detenuti: 10mila in meno di quando siamo stati condannati dalla Corte europea dei diritti umani, 10mila più di quanti le nostre carceri ne potrebbero ospitare secondo gli ordinari parametri di abitabilità degli immobili. Siamo a metà del guado ed il Consiglio d’Europa ce l’ha riconosciuto, rinviandoci a una nuova valutazione da qui a un anno. Respiriamo, ma non possiamo mollare. Intanto perché nella violazione dei diritti umani vale il motto dei moschettieri del Re, “uno per tutti, tutti per uno”: ogni detenuto in condizioni inumane o degradanti, fosse pure solo uno, merita l’attenzione di tutti, e se il sovraffollamento resta, con esso resta anche il rischio di una violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani. E poi non si può mollare perché il risultato è ancora incerto e tutt’altro che stabilizzato. Ci sono voluti quattro decreti-legge (Severino, Cancellieri 1 e Cancellieri 2, Orlando), due leggi ordinarie (Alfano e depenalizzazione e messa alla prova per gli adulti) e una storica sentenza della Corte costituzionale (quella che ha abrogato la legge Fini-Giovanardi) per raggiungere questo risultato, ma - al di là delle singole disposizioni contenute in ciascuno di quei provvedimenti - bisogna avere la consapevolezza che poggia su piedi di argilla.