A cura di: Antongiulio Barbaro, Alessio Bartaloni, Amos Cecchi, Antonio Floridia, Monica Liperini,
Arnaldo Melloni, Eriberto Melloni, Massimo Migani, Mario Primicerio, Simone Siliani



Nessuno è chiamato a scegliere tra essere in Europa e essere nel Mediterraneo,
poiché l'Europa intera è nel Mediterraneo.

Aldo Moro

giovedì 9 ottobre 2014

I Rom non rubano i bambini, nemmeno su Facebook

di Nicola Novelli (*)

Con l'affermarsi dei mezzi telematici via internet ed in particolare con la diffusione dei social media (tra i quali Facebook è il più noto e diffuso) anche la giurisprudenza si trova sempre più spesso ad occuparsi di comportamenti sanzionabili (dalla molestia alla diffamazione), ancorché commessi con tali mezzi o in tali luoghi.
Solo nel 2014 si contano già diverse sentenze della Corte di Cassazione, l'ultima delle quali  risale alla metà di settembre 2014 in cui la Sezione I affronta un caso di molestie ripetute e frequenti commesse - tra l'altro - mediante l'uso di Facebook. A tale proposito la Corte ha argomentato in merito alle modalità di espressione degli apprezzamenti molesti veicolati attraverso il social network, distinguendo il caso del loro inserimento sulla pagina della persona offesa (il "diario") leggibile da parte di tutti coloro che l’avessero aperta e, comunque, a tutti gli “amici”; da quello del loro invio tramite la messaggeria, che resta invece riservata alla lettura della sola persona destinataria. Nella  prima ipotesi, infatti, secondo la Suprema Corte, vi sarebbero le condizioni di ritenere pubbliche le molestie perpetrate ai danni della vittima, dovendo invece, nell’altra ipotesi, queste ultime considerarsi private.
Su questo tema abbiamo raccolto una riflessione di Nicola Novelli, Consigliere regionale dell'Ordine dei giornalisti della Toscana.

Già nel corso degli anni '90 i mass-mediologi più attenti presagirono che la rivoluzione digitale, accelerata dall'avvento di internet, avrebbe trasformato radicalmente le relazioni umane. E' dunque da accogliere con soddisfazione il fatto che anche in Italia il mondo del Diritto stia dedicando finalmente la dovuta attenzione alle conseguenze di un uso improprio della comunicazione on-line. Ciò avviene attraverso una giurisprudenza progressivamente sensibile alle specifiche tecniche delle numerose applicazioni informatiche, utilizzate, volta volta, per mettere in atto condotte sanzionabili. Partendo da un assunto incontrovertibile: l'enorme potenziale distributivo che le nuove piattaforme social possono consentire a chiunque diffonda un contenuto digitale, persino oltre la sua volontà.
Ai primi di agosto 2014, mentre i giornali si occupavano di sbarchi di clandestini sulle isole italiane e dell'epidemia del virus Ebola in Africa, qualcuno attraverso Facebook ha scatenato la voce incontrollata di casi di Ebola tra i migranti arrivati a Lampedusa. La diffusione della notizia infondata è stata talmente “virale”, da costringere il Ministero della Salute a smentire ufficialmente il falso allarme e a chiedere agli uffici italiani di Facebook l'identificazione del primo propalatore on-line della menzogna, che è stato individuato.
Sorprende la leggerezza con cui in tanti utilizzano ancora i social network convinti di farla franca e di non essere identificati, quando commettono reati di diffamazione, o molestia, che non si sognerebbero di mettere in atto con metodi tradizionali.
Nell'ottobre 2013 il Consiglio Nazionale Rom ha sporto denuncia contro una signora di Montevarchi che aveva diffuso attraverso il proprio profilo Facebook una fotografia scattata all'interno di un autobus di Firenze. L'immagine ritraeva due persone di etnia rom sedute insieme a una bambina bionda. Per il pregiudizio sul colore dei capelli della ragazzina, la donna sul suo profilo Facebook ha corredato la fotografia con la didascalia: "gli zingari hanno rubato una bambina bionda". Il post ha immediatamente fatto il giro della rete internet in Italia e in Europa. I commenti pubblicati da altri utenti invitavano all'odio verso i Rom con frasi di disprezzo e di violenza. Segnalazioni di indignazione per il razzismo del pregiudizio sono giunte alle associazioni Rom da Barcellona, Genova, Milano e Roma. La rappresentanza Rom ha diffidato direttamente attraverso Facebook sia l'autrice della fotografia che i suoi interlocutori responsabili dei commenti. La bambina fotografata è infatti  figlia legittima di una famiglia residente a Firenze. Sino ad oggi non è dimostrato in Italia un solo caso di rapimento di bambini da parte della popolazione Rom. Al contrario questa minoranza ha subito in Europa il tentativo di sterminio da parte del Nazismo durante la Seconda guerra mondiale.
Il razzismo è figlio del pregiudizio e della non conoscenza. E la diffusa ignoranza delle tecnologie digitali nel nostro Paese, rispetto agli standard occidentali, è un gap sociale che dovrebbe essere considerato con maggiore preoccupazione, proprio per le implicazioni imprevedibili e potenzialmente lesive che un uso sbagliato della rete internet può provocare.

* Nicola Novelli è Consigliere regionale dell'Ordine dei giornalisti della Toscana e fondatore di www.nove.firenze.it, primo giornale on-line fiorentino


Codice penale
> Articolo 594: ingiuria
"Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 516.
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
La pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a euro 1.032 se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.
Le pene sono aumentate qualora l'offesa sia commessa in presenza di più persone."
> Articolo 595: diffamazione
"Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032.
Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065.
Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.
Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate."
> Articolo 658:  procurato allarme presso l'Autorità
"Chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l'autorità, o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da euro 10 a euro 516."
> Articolo 660: molestia o disturbo alle persone
"Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a euro 516."

Per saperne di più
In tema di molestie: Facebook va considerato “luogo aperto al pubblico” (Giurisprudenza penale, 12.9.2014)
Reato di molestie: a che condizioni Facebook è da considerarsi luogo pubblico? di Fulvio Baldi (Il Quotidiano Giuridico, 6.9.2014)
Diffamazione su Facebook: comunicazione con più persone e individuabilità della vittima, di Sara Turchetti (Diritto Penale Contemporaneo, 8.5.2014)
Linea dura della Cassazione per l'insulto in forma anonima su Facebook, di Luigi Cuomo (Il Quotidiano Giuridico, 18.4.2014)
- "Plauso Ministro Lorenzin per operazione Polizia postale che ha bloccato diffusione falsa notizia su Ebola e denunciato l’autore", comunicato stampa del Ministero della Salute (11.8.2014)
I Rom non rubano i bambini: denuncia per diffamazione e procurato allarme, Nove da Firenze (12.10.2013)
- Osmannoro, foto nel web "Gli zingari hanno rubato una bambina bionda": denuncia per razzismo, Firenze Today (12.10.2013)

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