di Micaela Frulli (*)
“S’è fatto tardi, molto presto”
Dr Seuss
L’indignazione è (quasi) generale di fronte alla recentissima condanna dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti umani (CEDU) per violazione dell'articolo 3 della Convenzione che recita: “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”.
La condanna è giusta, ineccepibile, purtroppo largamente prevedibile. Oltre ad essere motivo di sdegno essa può e deve rappresentare l’occasione giusta per riflettere sulla necessità di adeguare il nostro ordinamento agli obblighi internazionali che abbiamo assunto da tempo. La sentenza di Strasburgo ha dato impulso alla ripresa dei lavori parlamentari e nei giorni successivi alla condanna, la Camera ha ripreso la discussione del disegno di legge e lo ha adottato con lievi modifiche rinviandolo nuovamente al Senato (9 aprile 2015).
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Strasburgo: la "Grand Chambre" della Corte europea dei diritti umani (CEDU). |