A cura di: Antongiulio Barbaro, Alessio Bartaloni, Amos Cecchi, Antonio Floridia, Monica Liperini,
Arnaldo Melloni, Eriberto Melloni, Massimo Migani, Mario Primicerio, Simone Siliani



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Aldo Moro

lunedì 7 aprile 2014

Oltre il bicameralismo paritario: la riforma del Senato ed il modello Bundesrat

di Simone Siliani

Si può e si deve procedere alla riforma del bicameralismo paritario per rimuovere “una delle cause delle difficoltà di funzionamento del nostro sistema istituzionale”, come giustamente lo definisce il documento del Gruppo di lavoro sulle riforme istituzionali istituito dal Presidente della Repubblica.
La riforma deve rispondere ad esigenze di una più razionale e moderna architettura istituzionale, una maggiore efficienza legislativa, la riduzione dei tempi dei processi decisionali, la riduzione dei costi. Ma soprattutto, quella di completare il disegno costituzionale avviato con la costituzione delle Regioni e il progressivo trasferimento di funzioni amministrative e poi legislative avvenute con la riforma costituzionale del 2001, portando le Regioni nel cuore dello Stato, in posizione di corresponsabilità rispetto alle politiche del Paese.

La direzione razionale da intraprendere è quella di istituire  una seconda Camera rappresentativa delle autonomie regionali (il Senato delle Regioni e delle autonomie), riflettendo così quel movimento europeo di trasferimento di poteri legislativi e normativi dallo Stato e dalle istituzioni europee verso le Regioni.
L'istituzione di questa seconda Camera è anche il completamento della riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 e al contempo l'elemento che può contribuire a correggerne gli squilibri. Il Senato delle Regioni corrisponde, completandolo e contribuendo a rimetterlo in equilibrio, al nuovo impianto costituzionale e rende più efficace il nuovo assetto delle competenze legislative stabilite dal Titolo V della Costituzione. Al tempo stesso responsabilizza le Autonomie regionali inserendole direttamente nella costruzione delle politiche della Repubblica, ponendole al centro del sistema istituzionale.

Da queste premesse discende la soluzione del problema di quale Senato costruire, con quale composizione: rappresentativo delle sole Regioni o anche dei Comuni? L'indecisione su questo tema ha ridato fiato a soluzioni che  non rispondono ai problemi veri, di funzionamento dell'assetto istituzionale italiano, per cui la riforma del Bicameralismo si rende necessaria, cioè il monocameralismo (irrazionale perché non risponde al problema del riequilibrio dei poteri e del funzionamento fra centro e periferia del sistema istituzionale) e l'elezione a suffragio diretto dei senatori (che non è in grado di rappresentare il sistema regionale delle autonomie).
Allora è necessario trovare una soluzione razionale, condivisa ed equilibrata al problema della composizione del Senato. Assumiamo come punto di partenza il modello emerso dal Gruppo di lavoro sulle riforme istituzionali istituito dal Presidente della Repubblica che, portandolo ad ulteriori sviluppi, può offrire soluzioni equilibrate ai problemi che da tempo le Regioni hanno posto, senza allontanarsi sostanzialmente dal modello Bundesrat.

Sulla composizione del Senato, se si lavora intorno ai tre presupposti stabiliti dal Gruppo di lavoro istituito dal presidente Napolitano (120 componenti, Presidenti di Regione come componenti di diritto, elezione di altri rappresentanti da parte dei Consigli Regionali, in ragione della popolazione), si può ragionevolmente costruire una proposta così fondata:
- in Senato non si vota “per testa”; il voto della Regione è comunque unitario (come è nel Bundesrat), e deve essere espresso dal Presidente della Regione. Questo è però il punto decisivo: nel Senato i gruppi politici sono costituiti dai gruppi delle 20 Regioni. Regioni che al loro interno risolvono la dinamica politica maggioranza-minoranza e quella territoriale Regione-Enti Locali, ma quando si esprimono lo fanno unitariamente come Regione, rappresentando l'interesse generale della Regione. E' l'interesse dell'ente Regione che si vuole rappresentare nel cuore dello Stato, nel centro del sistema istituzionale, non certo un duplicato degli interessi politici dei partiti (già rappresentati nella Camera), né quello frammentato e irrappresentabile nella sua complessità dei poteri locali (che, invece sarà presente nella delegazione regionale, trovando lì una sintesi con l'interesse generale della Regione);
- gli Enti Locali nel Senato devono trovare rappresentanza nella delegazione regionale o con elezione da parte del Consiglio regionale di un sindaco o elezione da parte del Consiglio delle autonomie o con alcune rappresentanze di diritto come il capoluogo di regione;
- le delegazioni regionali nel Senato devono avere pesi diversi a seconda della dimensione della popolazione delle stesse Regioni.

Il tema delle competenze del Senato nel processo legislativo è legato tanto alla sua rappresentanza, quanto alla necessità di riequilibrare il meccanismo introdotto dalla modifica del Titolo V della Costituzione del 2001.
In tema di competenze del Senato e della sua partecipazione al più generale processo legislativo, il modello proposto dal Gruppo di lavoro istituito dal Presidente della Repubblica è complessivamente convincente: il Senato sarebbe escluso dal circuito fiduciario del Governo; la partecipazione al procedimento legislativo è del tipo di quella della Repubblica federale tedesca, con bicameralismo paritario solo per alcune leggi (leggi costituzionali e di revisione della Costituzione; leggi elettorali, tranne quella della Camera dei deputati; leggi sugli organi di governo e sulle funzioni fondamentali degli enti locali; legge su Roma Capitale; leggi sul regionalismo differenziato; leggi di procedura sulla partecipazione delle Regioni e delle Province autonome alla formazione delle norme comunitarie; legge sui principi per le leggi elettorali regionali; ordinamento delle finanza regionale e locale).

Ma qui dobbiamo affrontare il tema delle materie concorrenti e del  principio di primazia.
La soluzione che appare più coerente con l'impianto regionalista sopra richiamato ma allo stesso tempo con l'esigenza di correggere alcune storture introdotte con la riforma del Titolo V del 2001 è quella di eliminare l’elenco delle materie di competenza concorrente, riportando alcune materie al livello statale ed affidando tutte le altre al livello regionale.
Le materie di competenza esclusiva statale possono essere integrate con alcune quali le grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza; la produzione strategica, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia; l'ordinamento della comunicazione; l'ordinamento delle professioni intellettuali; la previdenza; l’istruzione universitaria e i programmi strategici per la ricerca scientifica.
Tutte le altre funzioni non espressamente elencate devono essere di competenza regionale. Può tuttavia essere utile indicare un elenco non esaustivo di materie di esclusiva competenza regionale, tra cui quella dell'ordinamento degli enti locali.
Si potrà così allargare le materie di competenza “residuale”, cioè propria delle Regioni ma prevedendo, contemporaneamente, l’introduzione di una clausola di supremazia statale. La formula per questo esercizio della clausola di supremazia statale potrebbe essere riconducibile  ad una di quelle emerse fra gli esperti della Commissione insediata dal Ministro Quagliariello: “La Camera dei deputati, acquisito il voto favorevole del Senato della Repubblica, può intervenire nelle materie di competenza regionale con una propria disciplina legislativa quando e nella misura in cui lo richieda la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica della Repubblica o lo renda necessario il perseguimento di programmi di interesse nazionale. Ove il voto reso dal Senato della Repubblica sia contrario la Camera dei deputati, su iniziativa del Governo, delibera a maggioranza dei componenti”.

Questa sembra una equilibrata e razionale soluzione alla questione, troppo a lungo sottovalutata nella storia del nostro Paese della diffusione del potere e dell'organizzazione della democrazia territoriale, quale elemento di allargamento della rappresentanza e insieme di razionalizzazione dell'architettura istituzionale italiana.
Oggi questo tema è ineludibile e la sua soluzione passa anche da come verrà risolto il problema del bicameralismo paritario e simmetrico.


Per saperne di più:
> Costituzione italiana, Titolo V
> il Gruppo di lavoro promosso dal Presidente della Repubblica nel 2013: composizione, relazione finale
> la Commissione per le riforme promossa dal Governo Letta nel 2013: composizione, relazione finale

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