A cura di: Antongiulio Barbaro, Alessio Bartaloni, Amos Cecchi, Antonio Floridia, Monica Liperini,
Arnaldo Melloni, Eriberto Melloni, Massimo Migani, Mario Primicerio, Simone Siliani



Nessuno è chiamato a scegliere tra essere in Europa e essere nel Mediterraneo,
poiché l'Europa intera è nel Mediterraneo.

Aldo Moro

venerdì 11 aprile 2014

“Dell’abolizione delle Province”: il Sequel

di Massimo Migani

In principio fu Silvio Berlusconi che, nella campagna elettorale del 2008, prometteva l’abolizione delle Province. Poi se ne dimenticò. Ci ha provato poi Mario Monti nel 2011 (su ispirazione di Catricalà) ma è andata male: ha utilizzato strumenti legislativi sbagliati (...fatto quasi incredibile per un governo tecnico...), costringendo la Corte Costituzionale ad intervenire. Nel 2013 Enrico Letta è arrivato a metà strada, per colpa del Senato che non condivideva granchè del Disegno di Legge Delrio...poi serenamente se n’è andato in Australia.

Oggi ci siamo. Il 3 aprile ultimo scorso la Camera ha approvato in via definitiva un maxiemendamento, passato con la fiducia al Senato, che riscrive per l’ennesima volta il DdL Delrio. La montagna politico-mediatica ha infine partorito. La domanda che sorge immediata è: un topolino? La risposta è no: ha partorito un mostro a tre teste. Dal 2015 avremo infatti una esilarante situazione, forse non in grado di semplificare granchè i processi decisionali dell’amministrazione locale né, forse, di rispondere alle richieste dell’Europa; ma sicuramente utilissima per dare modo agli storici di domani di interpretare, con relativa facilità, la fase politica che stiamo attraversando. In breve avremo: una parte del territorio italiano continuerà ad avere le Province come oggi le conosciamo in quanto tutte vanno a scadenza naturale (le ultime 9 scadranno nel 2016). Una seconda parte vedrà la nascita delle “nuove” Province ancora dotate di rilevanti poteri e funzioni ma con ridotta rappresentanza democratica (Presidente e Consiglio saranno eletti dai Sindaci e dai Consiglieri Comunali dei Comuni facenti parte della medesima Provincia). Una terza parte vedrà la nascita delle “Città Metropolitane”, con grandi poteri e funzioni ma prive di rappresentanza democratica (il “Sindaco metropolitano” sarà, ope legis, il Sindaco del capoluogo con la conseguente straordinaria novità che solo ed esclusivamente i cittadini del suo Comune lo potranno votare, gli altri devono solo incrociare le dita; il Consiglio, come per le “nuove” Province, sarà eletto dai Sindaci e dai Consiglieri in carica nei Comuni componenti la “Città Metropolitana”).

Si sa cambiare è difficile, ci vuole impegno, studio, approfondimento dell’ analisi dell’architettura costituzionale: in fondo è più facile essere tutti un po’ conservatori...ma tutto ha un limite: un sacrificio lo dobbiamo pur fare quando il risultato raggiunto ammonta a ben 32 milioni di risparmi sul bilancio dello Stato! E poi dobbiamo stare tranquilli perché fra non molto arriverà San Giorgio che, sotto le spoglie della riforma costituzionale del Titolo quinto della Costituzione, taglierà le teste di troppo al drago. A quel momento tutto si risolverà. Oltre ad un Senato riformato – magari un po’ copia/incolla dalla esistente Conferenza unificata Stato/Regioni, ma non si può avere tutto nuovo – avremo anche due Italie. Un’Italia di serie A, il cui territorio ricade sotto la governance amministrativa delle “Città Metropolitane”, con poteri forti ed in grado di drenare gran parte delle risorse pubbliche e private; ed un’Italia di serie B, dove l'eventuale governance di aree omogenee o di “area vasta” è affidata alla buona volontà dei Sindaci (Unione di Comuni) che comunque avranno poteri limitati e oggettivamente incapaci di concorrere con le vicine (o lontane) Città Metropolitane.

Ma l’Italia non rappresentava, esempio unico al mondo, un paese a economia sì parcellizzata, ma diffusa, con patrimoni intellettuali, culturali, artistici disseminati pressochè uniformemente in tutto il territorio nazionale...? Forse non sarebbe male che qualcuno alla fine di questa giostra, spiegasse come si concilia questa particolarietà italiana con le Città Metropolitane così come concepite dalla legge Delrio. Delle due l’una. O si pensa che l’ente intermedio (l’ “Area vasta”, oggi chiamata Provincia) non serva e allora le Città Metropolitane si configurano come Enti che creano una vera e propria concorrenza sleale nell’ambito del “marketing territoriale” di tutto il sistema Italia. Oppure si pensa anche in Italia, come pensano in tutta Europa, che l’ente intermedio serva e allora tutti i territori devono essere messi in condizioni di parità per poter concorrere nel gioco del marketing territoriale. In questo contesto, peraltro, tre/quattro Città Metropolitane (Torino, Milano, Roma, Napoli…) troverebbero ampia e giustificata collocazione.

E’ notizia di questi giorni che qualcuno, di area governativa, si è accorto che forse 32 milioni di euro di risparmi conseguenti alla riforma sono un po’ pochi...e che forse sarebbe bene mettere gli occhi su associazioni, società, consorzi ed enti strumentali di non diretta derivazione democratica che si sono enormemente moltiplicati in questi ultimi decenni, magari cancellando doppioni e riportando le competenze nell’ambito degli Enti locali e degli Enti Territoriali...Meglio tardi che mai.


Vedi anche: "Dell’abolizione delle Province” ovvero quando la demagogia è al potere (27 maggio 2013)

Per saperne di più:
> DdL Delrio: Legge 7 aprile 2014, n. 56 "Disposizioni sulle Città Metropolitane, sulle Province, sulle Unioni e fusioni di Comuni" (approvata definitivamente dalla Camera il 3 aprile 2014, in vigore dall'8 aprile 2014)
> sentenza della Corte Costituzionale n. 220 del 3 luglio 2013
> Costituzione italiana, Titolo V
Unione Province d'Italia (UPI):
-     lettera del Presidente dell'UPI alle Province italiane (4 aprile 2014)
-     Nota di prima lettura delle "Disposizioni sulle Città Metropolitane, sulle Province, sulle Unioni e fusioni di Comuni" a cura dell'UPI (4 aprile 2014)
-     Riformare le istituzioni locali: le cifre reali di un percorso (dossier UPI, marzo 2014)


Rassegna stampa

27 marzo
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29 marzo
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-    Addio alle Province. Forza Italia: è golpe

5 aprile
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6 aprile
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-    Diciotto consiglieri senza indennità. La svolta della Città Metropolitana

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