A cura di: Antongiulio Barbaro, Alessio Bartaloni, Amos Cecchi, Antonio Floridia, Monica Liperini,
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Nessuno è chiamato a scegliere tra essere in Europa e essere nel Mediterraneo,
poiché l'Europa intera è nel Mediterraneo.

Aldo Moro

venerdì 18 aprile 2014

La "sentenza Torregiani" e la situazione delle carceri italiane: la necessità della riforma della giustizia

di Massimiliano Annetta

Il tema non è originale. Tutti i governi finiscono prima o poi con l’avere il problema della giustizia. Né potrebbe essere diversamente: il Re è nudo (il sistema giudiziario non funziona e neppure un novello Candide potrebbe in piena coscienza continuare ad ignorare lo squilibrio fra poteri dello Stato e la politicizzazione dell’azione penale) e le condanne europee, al netto dell’umiliazione, nulla aggiungono al disastro. Di tale situazione, non di altro, il sovraffollamento carcerario è figlio.
Consentitemi in proposito di liberarmi, in via preliminare direi, di un peso. Il Ministro della Giustizia Andrea Orlando è andato a fare richieste precise in una sede europea. Andrea è un caro amico, quando è stato responsabile del Forum Giustizia del PD ho avuto il piacere di lavorare al suo fianco e se mi si chiedesse chi è ai miei occhi il “miglior” ministro del Governo Renzi non avrei il benché minimo dubbio ad indicarlo come tale. Ma auspico che le sue richieste siano rigettate.
Voglio essere più chiaro e netto (posso permettermelo non essendo, al contrario del Ministro, costretto da lacci e lacciuoli istituzionali). La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ci ha già, e più volte, condannato fino alla umiliazione di assegnarci un termine per “adeguarci”. Spero confermi la condanna e non ci conceda proroghe!
Disfattismo nazionale, direte. La risposta è assai più banale e riposa nella consapevolezza che la barca è da buttare, le falle non si possono più turare. Smettiamola di prendere in giro noi e gli altri. Il problema è la malagiustizia. Le carceri ne sono semplice conseguenza.
Nondimeno ricostruire lo stato dell’arte è istruttivo. Nel 2013 la CEDU condanna l’Italia a risarcire sette detenuti, ristretti con a disposizione meno di tre metri quadrati a testa. Condizioni considerate illegali negli allevamenti di bestiame, figuriamoci nel trattamento degli esseri umani. Siamo arrivati al punto che un giudice inglese rifiuta un’estradizione in Italia perché il detenuto andrebbe incontro a trattamenti disumani. Ma la CEDU non si limita a condannare: sapendo che non si tratta di casi isolati ci da’ tempo fino al prossimo 28 maggio 2014, per rimediare.
E noi che facciamo? I governi Monti e Letta propinano la solita vecchia - e cattiva perché inutile, ma si sa la Storia ha pessimi scolari - ricetta degli “svuota carcere”: sconti di pena, così si allevia il problema e si tira a campare.
La proposta portata dal Ministro Orlando in Europa pare diversa. In estrema sintesi: 1) le cause oggi pendenti a Strasburgo siano riassorbite in Italia (è già accaduto con la legge Pinto per la eccessiva durata dei processi; i risultati son stati pessimi); 2) un risarcimento per chi è stato detenuto (pretium doloris o pretium sceleris?); 3) per chi è ancora detenuto si faccia un ulteriore sconto della pena residua.
Ebbene, si persevera nell’errore di guardare al dito anziché alla luna. Serve una riforma della giustizia e tale riforma non è più demandabile!
Allo stesso modo non costituiscono certo il terzo segreto di Fatima quelli che dell’auspicata riforma dovrebbero essere i contenuti: separazione delle carriere; cancellazione dell’obbligatorietà dell’azione penale; tempi certi del procedimento, non derogabili; responsabilità dei magistrati; fine dell’autogoverno corporativo e ritorno dell’organizzazione giudiziaria nelle mani del ministero (come peraltro previsto dalla Costituzione).
Fatta la riforma, o solo in vista della stessa, si faccia l’amnistia. La quale amnistia si badi bene è immediatamente necessaria (la cancrena è tale che unico rimedio possibile è l’amputazione), ma senza riforma della giustizia costituirebbe solo l’ennesimo palliativo, un blando lenitivo che non risolverebbe il problema, ma si limiterebbe a rinviarlo per poi ritrovarselo dopo qualche tempo sempre più grosso e sempre meno risolvibile.
Restiamo, quindi, in attesa della riforma della giustizia, anche se, quantomeno allo stato, parafrasando Remarque, “niente di nuovo [accade] sul fronte occidentale”.


Al 31 marzo 2014 nelle carceri italiane erano detenute 60197 persone (di cui 20729 straniere), a fronte di una capacità di accoglienza pari a 48309 posti; i detenuti in attesa di primo giudizio erano 10570, quelli condannati con sentenza definitiva 37297. Nel 2013 nelle carceri italiane si sono suicidati 42 detenuti, 6,5 ogni 10000 detenuti (oltre 4 volte il tasso di suicidi tra l'intera popolazione italiana). I detenuti nelle carceri italiane sono passati dai 44134 del 1992 ai 65070 del 2013 (dati ufficiali del Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria).


Per saperne di più
> Detenuti presenti nelle carceri italiane (aggiornamento al 31 marzo 2014)
> Eventi critici negli istituti penitenziari italiani: anni 1992-2013
> Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo 8 gennaio 2013 "Torregiani e altri contro l'Italia"
> Messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sulla questione carceraria (8 ottobre 2013)
> Decreto-Legge 1° luglio 2013, n. 78 "Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena"
> Emergenza carceri: Orlando a Strasburgo "Pronto un pacchetto di dati, proposte e politiche"
> Il no di Londra che boccia Sollicciano: negata l’estradizione di un somalo chiesta da Firenze. Nelle carceri italiane trattamenti inumani. La sentenza delle Royal Courts è già un precedente (Corriere Fiorentino, 18 marzo 2014)
> Osservatorio Carcere dell'Unione delle Camere Penali Italiane (visita dell'Osservatorio al Carcere di Sollicciano, 26 marzo 2012)
> The final countdown (documento dell'Unione delle Camere Penali Italiane, 13 marzo 2014)
> Sovraffollamento carceri: una proposta per affrontare l'emergenza, Quaderno del Consiglio Superiore della Magistratura , n. 160/2013

3 commenti:

  1. Un articolo perfetto, nella forma e nella sostanza. La cosa notevole è che è scrtto da un dirigente territoriale del PD. Vale a dire il partito erede delle formazioni che di questa barca ormai da buttare ha le responsabilità maggiori. Ma questo non è certo colpa del bravissimo Annetta.

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  2. Ottimo, Max.
    Riccardo Olivieri

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    1. Condivido la diagnosi non la cura. Si può ragionare sulla separazione delle carriere non sulla non obbligatorietà dell'azione penale né sul controllo governativo sull'organizzazione giudiziaria. Lo Stato di diritto ha le sue fondamenta nella separazione dei poteri (giudiziario, legislativo, esecutivo), sono principi inderogabili. La riforma vera è semplice: certezza della pena e velocizzazione dei processi (sia civili che penali). Esattamente il contrario di quanto è stato fatto (o non fatto) in questi ultimi 30 anni. Massimo Migani

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