A cura di: Antongiulio Barbaro, Alessio Bartaloni, Amos Cecchi, Antonio Floridia, Monica Liperini,
Arnaldo Melloni, Eriberto Melloni, Massimo Migani, Mario Primicerio, Simone Siliani



Nessuno è chiamato a scegliere tra essere in Europa e essere nel Mediterraneo,
poiché l'Europa intera è nel Mediterraneo.

Aldo Moro

lunedì 27 maggio 2013

"Dell’abolizione delle Province” ovvero quando la demagogia è al potere

di Massimo  Migani

Raramente politica e media hanno consegnato ai cittadini un quadro di unità di intenti così coeso e concorde; da quasi due anni il messaggio è sempre lo stesso: le Province? Un residuo napoleonico e prefettizio di  altri tempi (PD),  “Enti fatti di chiacchere e di spreco” (Vendola),”Enti inutili frutto di accordi geo-politici “(PdL), “….occorre consentirne la completa eliminizione così come prevedono gli impegni presi con l’Europa” (Monti),”…è urgente l’abolizione delle Province al fine di assicurare la corrispondenza tra risorse e responsabilità” (Del Rio). Così la politica. Sul versante dei media quasi impossibile trovare una voce, giornalisticamente parlando, fuori dal coro: la ‘Spending review’ non può non avere come obbiettivo privilegiato l’abolizione delle Province. Ovviamente giocando coi numeri di tabelle dimostrative di spese e risparmi

Eppure la realtà è ben diversa da come la si verrebbe rappresentare, come sempre si dice in questi casi , è un po’ più complicata. La nostra architettura costituzionale è chiara ed estremamente attenta a fare del nostro Stato-Comunità un sistema ove la rappresentanza popolare sia sempre forte e presente, a tutti i livelli: da quello legislativo (Stato e Regioni) a quello amministrativo (Province e Comuni). In questo quadro il ruolo della Provincia è quello di Ente con funzioni di area vasta, ove le politiche che Stato e Regione predispongono con la propria attività legislativa, trovano attuazione a livello necessariamente  sovracomunale non potendo essere svolte a livello di singolo Comune (Edilizia scolastica di II grado, viabilità nazionale, trasporto pubblico, sviluppo economico e mercato del lavoro, difesa del suolo e tutela ambientale, smaltimento rifiuti, coordinamento piani urbanistici…). In tutti i paesi europei esistono ‘Province’: le deputazioni spagnole, i dipartimenti francesi, i Kreise tedeschi…

Quindi tutto bene? Certo che no. Le Province in Italia (110) sono troppe, come sono troppe le Regioni (vi sono Regioni con popolazione inferiore a quella residente nelle Province più piccole), le funzioni sono da ridefinire perché spesso si sovrappongono con quelle di altri Enti, gli attuali confini territoriali rispondono a criteri demo-socio-economici oramai superati…Ma dalla necessità –indubbia- di riforma della Provincia alla volontà politica che ne vuole la soppressione non c’è alcuna continuità né logica né politica. O meglio, c’è una una volontà politica che da diversi anni si sta vieppiù definendo, a destra come a sinistra: quella di “ingegnierizzare” i sistemi di governo, cercando di ridurre al minimo l’influenza della variabile “volontà popolare”. Con la scusa della riduzione dei “costi della politica” (sacrosanta) si sta facendo passare, anche e soprattutto, la riduzione dei “costi della democrazia”.

Il caso della Provincia è emblematico di questa operazione. Il costo della politica, cioè, propriamente, il costo derivante dalle cariche politiche, ammonta a 439 milioni di euro per il Parlamento, 800 milioni di euro per la Regioni, 556 milioni di euro per i Comuni, 104 milioni di euro per le Province. Ciò significa che abolire le Province farebbe ridurre la spesa pubblica di 104 milioni di euro, a meno che non si pensi che i 54.000 dipendenti provinciali non abbiano nulla da fare e che si possano tranquillamente licenziare… allora il risparmio sarebbe sicuramente maggiore…Se si considera poi che con la “spending review”, dal 2011 al 2013, dai bilanci delle Province sono stati tagliati complessivamente 2 miliardi di euro, il quadro di falsità e demagogia che è stato realizzato intorno a questo argomento si può considerare completo.

Un percorso politico serio vorrebbe che si partisse dal riordino delle circoscrizioni regionali per passare poi, in conseguenza di ciò, all’individuazione dei criteri in base ai quali si definiscono i confini territoriali dell’Ente di are vasta (Province e Città Metropolitane) per passare poi alla ridefinizione delle funzioni fondamentali di questi Enti, abolendo contemporaneamente gran parte degli enti strumentali di non diretta derivazione democratica (enti cioè che non solo nessuno vota ma pochi conoscono, nonostante che siano 7.000, in Italia, le agenzie, i consorzi, le società che svolgono, senza mandato democratico, funzioni tipiche degli enti locali). Infine, last but not least, occorerebbe mettere mano al riordino dell’Amministrazione periferica dello Stato. Fantasie? Sicuramente, almeno per i prossimi anni.

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