A cura di: Antongiulio Barbaro, Alessio Bartaloni, Amos Cecchi, Antonio Floridia, Monica Liperini,
Arnaldo Melloni, Eriberto Melloni, Massimo Migani, Mario Primicerio, Simone Siliani



Nessuno è chiamato a scegliere tra essere in Europa e essere nel Mediterraneo,
poiché l'Europa intera è nel Mediterraneo.

Aldo Moro

lunedì 20 maggio 2013

Idee per la revisione dello statuto del PD

di Antonio Floridia

Avviata l’esperienza del Governo Letta, il compito che abbiamo di fronte è ora quello di una ricostruzione del PD: ma non basta invocare un congresso. La mia opinione è che un congresso svolto sulla base delle norme attualmente previste dallo Statuto ben difficilmente riuscirebbe ad affrontare e risolvere le fragilità strutturali che minano alla radice l’attuale “costituzione materiale” del partito. Il rischio  è quello di innestare soltanto un conflitto intorno alla leadership del partito, in chiave personalizzata, senza alcuna vera discussione politica intorno ai nodi che stanno mettendo in serio pericolo l’esistenza stessa di un soggetto politico unitario. Bisogna restituire al congresso la sua vera natura, innanzitutto quella di essere l’occasione di un diffuso confronto politico e culturale (di cui tutto il partito ha un vitale bisogno). Lo dicono in molti; ma cosa fare, concretamente?

Occorre intanto che alcune modifiche statutarie vengano approvate prima che il congresso stesso sia avviato. Altre potranno essere discusse nel corso del congresso, ma alcune di esse sono urgenti e preliminari allo svolgimento stesso di un congresso che risponda alle esigenze del momento. In particolare, è condivisibile la proposta, già avanzata da più parti, di un superamento dell’identificazione tra segretario del partito e candidato premier, prevista dall’attuale Statuto. E’ una logica rigida, che non ha funzionato e ancor meno potrà farlo nella complicata fase politica che si è ora aperta. E’ giusto mantenere una dialettica viva e una distinzione di ruoli tra partito e istituzioni. E occorrono nuove regole congressuali che favoriscano il confronto delle idee: bisogna organizzare un percorso congressuale che favorisca il confronto delle idee e l’emergere delle diverse prospettive politiche e programmatiche. Si potrebbero distinguere, a tal fine, due livelli:
a)      la predisposizione di un documento comune, in cui si possa riconoscere tutto il partito. Non una generica Carta dei valori (redatta da un gruppo di saggi, che nessuno legge), ma le basi comuni di un’identità politica e culturale. Tale documento deve essere oggetto della prima fase della discussione congressuale (che l’attuale Statuto riserva agli iscritti) con la possibilità di integrazioni ed emendamenti. Non si tratta di tornare alla prassi del congresso “a tesi” (che pure aveva non pochi meriti), ma di creare le condizioni di un vero processo di apprendimento collettivo per l’intero partito, costringendo tutti a misurare il senso delle parole con cui si definisce la propria identità;
b)      la predisposizione di documenti politici che permettano di identificare chiaramente le diverse opzioni politiche. Tali documenti devono essere legati anche ad una proposta di candidatura alla segreteria e alla lista dei candidati per l’Assemblea Nazionale (una sola lista, non più liste collegate allo stesso candidato, come oggi è consentito: una norma che ha favorito il formarsi di cordate e sotto-correnti). Questi documenti politici saranno votati nella seconda fase del congresso, quella aperta anche agli elettori che dichiarano di condividere i principi costitutivi del partito;
c)      restituire agli organismi dirigenti il loro ruolo come sede della discussione e della decisione politica: questo obiettivo implica, per evidenti ragioni, un netto ridimensionamento del numero attuale dei membri dell’Assemblea Nazionale e della Direzione.

Altre ipotesi essenziali di modifica statutaria possono essere discusse nel corso stesso del percorso congressuale:
a)      definire una volta per tutte, ed in modo organico e chiaro, il ruolo, i compiti e le regole delle primarie, restituendole la loro propria e specifica funzione: quella di essere uno strumento per la selezione dei candidati del partito alle cariche pubbliche elettive;
b)      rafforzare e differenziare il ruolo e i poteri degli iscritti e nello stesso tempo ridefinire il ruolo di una più ampia cerchia associativa (il cosiddetto “albo degli elettori”, ma forse è opportuno scegliere un’altra definizione) chiamata a concorrere al confronto e alla discussione nel partito, e non solo convocata nel momento elettorale delle primarie;
c)      rafforzare e definire la natura e i compiti della Conferenza programmatica annuale del partito: istituto previsto dallo Statuto e mai finora utilizzato. La Conferenza  deve essere concepita come una scadenza in cui confluiscono i percorsi partecipativi che, nel corso dell’anno, hanno visto impegnati i settori di lavoro, i gruppi parlamentari e consiliari, i forum tematici, i circoli del partito. La Conferenza non deve, ogni anno, ridiscutere tutto l’impianto programmatico del partito, ma concentrarsi sui temi che sono emersi come quelli più urgenti e bisognosi di una riflessione e di un’ulteriore elaborazione;
d)      ripensare interamente il Capo VI dell’attuale Statuto (“Strumenti per la partecipazione, l’elaborazione del programma e la formazione politica”), introducendo muovi modelli e pratiche di partecipazione che permettano veramente di valorizzare il sapere diffuso, le esperienze, le competenze presenti nel partito, nel tessuto associativo democratico, nei centri di studio e di ricerca. Sottolineando un principio ed evitando un pericolo: non si tratta di indulgere ad un malinteso modello di “democrazia diretta”, ma di far vivere nel partito un vero circuito di partecipazione e di rappresentanza, connettendo quanto più possibile la discussione pubblica e i luoghi della responsabilità politica. Tra le proposte specifiche, si può ipotizzare la creazione di un'unica Fondazione di cultura politica del partito, concepita (ovviamente) non come la sede da cui “dettare” una linea, ma come un centro unitario in cui possa svilupparsi pienamente non solo un confronto tra le diverse tradizioni di cultura politica, ma soprattutto da cui possa emergere una nuova elaborazione ideale e politica, chiamando le forze intellettuali a dare il proprio contributo e valorizzando competenze ed esperienze oggi, nella migliore delle ipotesi, disperse e reciprocamente estranee, ma spesso anche trascurate e ignorate. Le diverse tradizioni presenti nel partito non possono più limitarsi a coesistere, come accaduto finora: devono trovare il modo e le sedi per produrre innovazione politica; ma poi soprattutto devono trovare modo di esprimersi anche le nuove culture politiche democratiche che il nostro tempo produce.

Sono solo alcune ipotesi e proposte su cui ritengo possa e debba aprirsi un vero confronto politico: spero sia chiaro a tutti che ridurre il congresso ad una competizione tra leader rischia solo di frantumare ulteriormente il fragilissimo tessuto connettivo del nostro partito, fino a spezzarlo definitivamente.

Antonio Floridia è membro della Commissione Statuto del PD

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