Se mi si chiede di dire perché l’amavo,
sento che questo non si può esprimere che rispondendo:
“perché era lui, perché ero io”
Michel de Montaigne
Il 17 maggio, in occasione della giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia, la "Compagnia cervelli in tempesta" di Quarrata ha messo in scena Bent, di Martin Sherman, per la regia di Lorenzo Tarocchi. Lo spettacolo è stato rappresentato nella suggestiva cornice di Villa La Magia, messa a disposizione dal Comune di Quarrata che ha voluto patrocinare l’iniziativa e a cui va il grande merito di aver così sottolineato l’importanza di questa giornata.
La locandina della pièce Bent, rappresentata a Quarrata il 15/16/17 maggio 2015. |
Attraverso la storia di Max, la pièce ci racconta il passaggio dalla Berlino di inizio anni ’30, dove l’omosessualità era tollerata, al clima di persecuzione di confronti dei gay successivo alla “Notte dei lunghi coltelli”. Max è costretto a fuggire e a nascondersi con il suo convivente Rudy, ballerino di cabaret. La fuga si conclude tragicamente sul treno per Dachau, dove Max rinnega la sua omosessualità, prende a calci l’amante Rudy, che viene poi ucciso, e possiede una ragazza morta per non ammettere di essere gay. Nel campo di concentramento Max, che ha finto di essere ebreo ed è stato bollato con la stella gialla, incontra Horst, che è marchiato con il triangolo rosa, simbolo riservato agli omosessuali, e tra i due cresce una storia d’amore delicata, improbabile, disperata. La relazione con Horst, internato per aver firmato il manifesto per la legalizzazione dell’omosessualità, porta Max ad accettare completamente la propria identità e a divenirne fiero.
La regia e la recitazione sono efficaci tanto da trasformare Bent in un’esperienza che è molto di più di uno spettacolo. Si viene disorientati, lasciati senza respiro, ci si chiude lo stomaco, si rabbrividisce. Lo scopo che la performance raggiunge è quello di disorientare, creare tensione, disagio, si sta scomodi, in piedi o seduti su balle di fieno, trasportati da un punto all’altro come bestiame, insultati tra uno spostamento e l’altro, come accadeva in quei luoghi, e l’effetto è quello di essere calati completamente nell’assurdità di quello che è successo. In quella situazione di completa disumanizzazione, il pubblico osserva Max e Horst che trovano la forza di aprirsi a una relazione. L’amore diventa la maniera per non cedere, per non lasciarsi annullare, per mantenere intatta e anzi rivendicare la propria dignità. Ed è questo che prevale alla fine, e ci si dimentica che sono due uomini, si vedono solo due persone che, come altre migliaia e milioni, subiscono una folle ingiustizia e si ribellano trasformando il dolore nel coraggio di amarsi. È enorme la potenza di questo spettacolo, e la messa in scena in uno spazio non teatrale porta lo spettatore dentro la storia coinvolgendolo completamente.
Bent provoca l’urgenza di sapere di più di questa persecuzione nella persecuzione, di capire e raccontare quello che ancora non si è inserito nei libri di storia. Eppure i ragazzi di oggi, con l’omofobia che dilaga e l’ISIS che butta gli omosessuali giù dai tetti, ne avrebbero così bisogno di essere portati attraverso la storia, di conoscere quello che è successo, quello che da allora è cambiato e quello che ancora non è cambiato.
Bent fu rappresentato per la prima volta a Londra nel 1979 ed ebbe un ruolo chiave nel portare alla luce l’Omocausto. Fino a quel momento c’era scarsissima conoscenza della persecuzione nazista contro gli omosessuali, basata sul paragrafo 175 del codice penale tedesco che criminalizzava l'omosessualità maschile. Uno dei motivi del silenzio sulla persecuzione nazista nei confronti degli omosessuali risiede nel fatto che l'ostracismo nei confronti dei gay non finì con il regime nazista, anzi il paragrafo 175 è rimasto in vigore nella Germania Federale fino al 1969, e solo negli anni ’80 alcune vittime hanno ottenuto un esiguo risarcimento.
La persecuzione nazista ai danni degli omosessuali: dagli albori ai campi di concentramento
Magnus Hirschfeld (1868-1935). |
Il movimento nazista condannò da subito l’omosessualità come una forma di degenerazione, una deviazione dai comportamenti sessuali naturali, perché l’atto omosessuale non porta alla riproduzione della specie, che in ottica nazista era un dovere fondamentale del cittadino. Tuttavia fino al 1934 l’omosessualità era tollerata anche nelle file naziste e la politica repressiva era incoerente, non ancora sistematica. Alcuni intellettuali omosessuali come Hirschfeld furono oggetto di pesanti minacce, ma numerosi gerarchi nazisti erano dichiaratamente omosessuali e fra questi spiccava Ernst Röhm, capo delle SA (Sturmabteilung, «battaglione d'assalto») e amico di Adolf Hitler.
Nel 1933 Hitler, salito al potere, cominciò a prendere le distanze dalla sinistra del movimento nazionalsocialista, cioè da Röhm e dalle SA, e ad orientarsi sempre più verso l'integrazione nel sistema dei valori borghesi. In questo clima maturò quel massacro che è passato alla storia come la “notte dei lunghi coltelli” (29-30 giugno 1934). La propaganda efficientemente orchestrata da Joseph Goebbels mise all’indice i comportamenti omosessuali di Röhm e di Edmund Heines (uno dei vice di Röhm ), con l’obiettivo di far apparire Hitler come il restauratore dei sani principi morali.
A partire dall’affaire Röhm, Heinrich Himmler - Reichsführer delle SS (Schutz-staffeln, «squadre di protezione») e fanatico anti-gay - iniziò a schedare gli omosessuali. Himmler fu l’artefice dell’inasprimento del paragrafo 175 (fino al punto di punire l’atto omosessuale con una condanna fino a 10 anni e vietare anche le semplici effusioni in assenza di rapporto sessuale) e orchestrò le misure che portarono, nel 1936, ad una serie di arresti di omosessuali. L’inasprimento del paragrafo 175 avvenne nel 1935, l’anno delle leggi razziali di Norimberga. Hitler e le SS si apprestavano a "ripulire" la Germania di tutte quelle categorie che non rispondevano ai requisiti della purezza della razza ariana.
Da sinistra: Joseph Goebbels, Adolf Hitler ed Ernst Röhm (1933). |
Gli omosessuali nei lager e gli esperimenti medici
È estremamente difficile ricostruire il numero di omosessuali che furono internati nei campi di sterminio. Si parla di un numero che oscilla da 50.000 a 250.000, anche se solo tra i 10.000 e i 15.000 furono marchiati con il triangolo rosa, segno distintivo degli omosessuali all’interno dei campi. Il silenzio degli anni successivi, dovuto al fatto che il paragrafo 175 è rimasto in vigore fino al 1969 e che le vittime quindi hanno taciuto per non auto-denunciarsi, non ha contribuito a fare luce su questo particolare aspetto della persecuzione nazista. Anche la storiografia che si è occupata di sterminio ha ignorato a lungo il problema.
Gli omosessuali furono internati nei campi di concentramento come Dachau (dove è ambientato Bent), Sachenhausen, Mauthausen. Gli omosessuali si trovavano molto in basso nella gerarchia dei prigionieri che vigeva all'interno di ogni campo, venivano presi di mira e maltrattati da guardie e detenuti. I prigionieri erano suddivisi secondo i criteri della pericolosità politica (livello III) e della devianza sociale (livello IV); gli omosessuali si trovavano al livello più basso e le loro possibilità di sopravvivenza erano minime.
Simboli adottati nei campi di concentramento nazisti per distinguere i prigionieri. |
La memoria a confronto con l’attualità
Ci sono voluti molti anni perché l’omosessualità non fosse più considerata una malattia, una deviazione. Solo nel 1973 la American Psychiatric Association (APA) prese atto dell'assenza di prove scientifiche a sostegno della precedente catalogazione dell'omosessualità come patologia psichiatrica e la cancellò dal suo elenco delle malattie mentali, il DSM. Con colpevole ritardo, soltanto il 17 maggio del 1990 (poi diventata giornata contro l’omofobia), l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha depennato l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali definendola “una variante naturale del comportamento sessuale umano”.
Il panorama attuale, per quanto concerne la tutela dell’orientamento sessuale, è estremamente variegato. Si va dai paesi del Nord-Europa, che riescono a garantire sul piano giuridico e nei fatti la non discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale e sono arrivati a introdurre anche il matrimonio tra coppie dello stesso sesso (il 22 maggio in Irlanda si è tenuto un referendum popolare, che ha visto il netto successo del SI alla legalizzazione), fino a paesi nei quali l’omosessualità è illegale e addirittura sanzionata con la pena di morte, come in Iran. I passi avanti sono più lenti di quanto sarebbe auspicabile sul piano del diritto internazionale e soprattutto sul piano degli ordinamenti interni. Come ha scritto Martha Nussbaum in Disgusto e umanità, l’avversione nei confronti degli omosessuali caratterizza ancora oggi gran parte del mondo e sul disgusto si sono purtroppo fondate, nel tempo, discriminazioni giuridiche e sociali nei confronti degli individui omosessuali: carcerazione, la deportazione in campi di sterminio raccontata da Bent, e ancora oggi norme penali che incriminano l’attività sessuale tra individui dello stesso sesso e stabiliscono l’interdizione al matrimonio.
Castello di Dublino, Central Count Centre, 23 maggio 2015: i festeggiamenti per la vittoria del SI al referendum popolare per la legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso. |
Quali sono gli sviluppi più importanti? In tema di depenalizzazione si sono avuti passaggi decisivi grazie a importanti decisioni di Corti supreme: mi piace qui menzionare la Corte suprema del Nepal che in una decisione del 2007, di portata storica, ha riconosciuto il terzo genere (seguita poi da altre corti tra cui la Corte suprema indiana nel 2014). Importanti passi avanti sono stati fatti nell’interpretazione evolutiva della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato: oggi gli omosessuali possano essere considerati come appartenenti ad un “particolare gruppo sociale” secondo la Convenzione e possono chiedere la protezione internazionale. Secondo i rapporti ONU sono 42 gli Stati che hanno concesso l’asilo a persone che avevano fondato la propria domanda sul giustificato timore di essere perseguitate per il proprio orientamento sessuale. Per quanto concerne il diritto internazionale penale, lo Statuto della Corte penale internazionale prevede che tra i crimini contro l’umanità rientri anche la persecuzione fondata sull’orientamento sessuale.
Un contributo importante per la tutela della vita privata e familiare degli omosessuali e per i loro diritti civili e politici è stato dato in Europa dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, organo del Consiglio d’Europa. Dapprima la Corte ha stabilito che le disposizioni che incriminano atti omosessuali tra adulti consenzienti sono una violazione del diritto alla vita privata; più recentemente ha più volte condannato i Paesi che avevano impedito le manifestazioni dell’orgoglio omosessuale (gay pride) per violazione della libertà di riunione e di associazione. Una svolta si è poi avuta nel 2010 quando la Corte ha affermato che la vita di una coppia omosessuale è protetta non solo in quanto vita privata, ma anche come vita familiare e ha affermato (in via di principio, non potendosi sostituire al legislatore) che il matrimonio non può essere riservato alle coppie eterosessuali.
Anche all’interno dell’Unione europea vi sono legislazioni degli Stati membri molto diverse tra loro in materia di non discriminazione (degli omosessuali e più in generale dei LGBTI, Lesbian-Gay-Bisexual-Transgender-Intersex) e di tutela della vita privata e familiare degli omosessuali. Ventidue Paesi prevedono attraverso norme inserite nei codici penali o in leggi specifiche il reato di discriminazione in base all'orientamento sessuale, ma tra questi Paesi non figura l'Italia. E ancora, alcuni Paesi prevedono il matrimonio tra persone dello stesso sesso e altri, come l’Italia, non prevedono neanche le unioni civili tra persone di sesso diverso. Le persone si spostano per sposarsi, grazie alla libera circolazione, ma purtroppo, nel caso di matrimonio tra persone dello stesso sesso, può accadere che il vincolo matrimoniale contratto validamente in uno Stato non sia riconosciuto in un altro Stato membro, creando un vuoto di tutela. In definitiva, anche nella civilissima Europa, c’è ancora molto da fare. In Italia ancora di più.
Il trailer di presentazione della pièce Bent.
Forse bisognerebbe partire dalla storia, facendo vedere spettacoli come Bent nelle scuole, ai ragazzi, per condurli poi a ragionare sull’attualità e sulle sfide che ci aspettano. Senza memoria non c’è futuro.
* Micaela Frulli è Professore associato di diritto internazionale presso l'Università degli Studi di Firenze
Per saperne di più
- Informazioni sullo spettacolo Bent, dal testo di Martin Sherman - Regia: Lorenzo Tarocchi, Aiuto regia: Cristiana Ionda - Interpreti: Alessandro Novolissi, Gabriele Giaffreda, Alessio Nieddu, Henrj Bartolini, Francesco Tasselli, voce fuori campo: Marcello Sbigoli - Costumi: Tedavì 98, Casting: Monica Sperandio, Ufficio stampa: Eloisa Pierucci
- Associazione Cervelli in tempesta: mail: cervelliintempesta@gmail.com , cell. 393/9484050, il blog
- Memoriale del Campo di concentramento di Dachau
- Il referendum irlandese sulla legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso: informazioni a cura della Referendum Commission, risultati ufficiali della voto (22 maggio 2015)
- Corte europea dei diritti umani (CEDU/ECHR): schede su "Omosessualità: aspetti penali" (aprile 2014), "Identità di genere" (maggio 2015), "Orientamento sessuale" (maggio 2015)
- Disegno di legge n. 1052 "Disposizioni in materia di contrasto dell'omofobia e della transfobia", approvato dalla Camera dei deputati il 19 settembre 2013, in un testo risultante dall’unificazione di tre disegni di legge (attualmente in corso di esame da parte della Commissione Giustizia del Senato della Repubblica)
- Dossier n. 60/2013 del Servizio Studi del Senato della Repubblica in merito al Disegno di legge n. 1052
- Tutto esaurito a Pistoia a Villa di Scornio per lo spettacolo Bent di Martin Sherman, di Francesca Marchiani (La Gazzetta di Pistoia e provincia, 23.1.2014)
- Cervelli in tempesta nelle mura di Lucca, di Stefano Paolo Giussani (L'Huffington Post, 19.9.2014)
- Bent. Quel triangolo rosa per delle vittime quasi dimenticate, di Simona Cappellini (Krapp's Last Post, 30.9.2014)
- "Bent", la persecuzione dei gay, la morte come colpa dell'amore, di Erica Manna (la Repubblica, 24.1.2015)
Bibliografia
- Michael Burleigh, Wolfang Wippermann, "Lo stato razziale. Germania 1933-45", Rizzoli, Milano 1992
- Wolfgang Sofsky, "L'ordine del terrore", Laterza, Roma-Bari 1993
- Gunter Grau, "Hidden Holocaust? Gay and Lesbian Persecution in Germany 1933-45", Fitzroy Dearbon, Chicago-London 1995
- Daniel Borrillo, "Omofobia. Storia e critica di un pregiudizio", Dedalo, Bari, 2001
- Alessandra Chiappano, "Il triangolo Rosa: Nazismo e omosessualità", in "Il paradigma nazista dell’annientamento. La Shoah e gli altri stermini" (a cura di Chiappano e Minazzi), Giuntina, Firenze, 2006
- Martha Nussbaum, "Disgusto e umanità. L'orientamento sessuale di fronte alla legge", Il Saggiatore, Milano, 2010
- Maria Chiara Vitucci, "La tutela internazionale dell’orientamento sessuale", Jovene, Napoli, 2012
Omocausto
- Omosessualità, fascismo, nazismo, a cura di Giovanni Dall’Orto (La gaya scienza)
- La persecuzione degli omossessuali, di Giorgio Giannini (InStoria)
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