A cura di: Antongiulio Barbaro, Alessio Bartaloni, Amos Cecchi, Antonio Floridia, Monica Liperini,
Arnaldo Melloni, Eriberto Melloni, Massimo Migani, Mario Primicerio, Simone Siliani



Nessuno è chiamato a scegliere tra essere in Europa e essere nel Mediterraneo,
poiché l'Europa intera è nel Mediterraneo.

Aldo Moro

mercoledì 14 gennaio 2015

La nuova legge elettorale toscana del 2014

di Carlo Fusaro (*)

1. La Toscana ha una tradizione di soluzioni istituzionali di una certa originalità e di qualche pregio, nel panorama non molto entusiasmante della legislazione regionale. Mi riferisco in particolare allo Statuto del 2004, alla legge elettorale di quello stesso anno, alla legge sul procedimento elettorale (praticamente è l’unica Regione a gestirlo in prima persona e non tramite le prefetture), alla prima legislazione italiana che disciplinasse primarie pubblicistiche, alla legislazione in materia di enti locali per promuovere unioni e fusioni, alla legislazione sulla partecipazione.

2. La Legge regionale n. 25 del 2004 fu di per sé una buona legge elettorale: il premio era eventuale e flessibile e dipendeva dai voti conseguiti; erano previsti uno o due candidati regionali – destinati ad essere eletti per primi (di genere necessariamente diverso), mentre non erano previste le preferenze; i candidati venivano eletti nell’ordine con cui erano messi in lista e le liste erano corte, con la sola eccezione di quella della circoscrizione provinciale di Firenze; accanto al premio, per le liste collegate al candidato Presidente vincente, v’era anche una precisa garanzia per le minoranze che in nessun caso potevano ottenere meno del 35% dei seggi; infine era prevista la obbligatoria presentazione di almeno sei liste circoscrizionali, ad evitare liste localistiche. Contestualmente era stata varata la legge sulle primarie sia per i candidati Presidenti sia per la composizione delle liste provinciali, con cauzione che non veniva restituita in caso di mancata osservanza (da parte della lista) dell’esito della primaria (come accadde in effetti nel 2005 ai Democratici di Sinistra, anche se l’ordine dettato dalla primaria fu alterato al solo scopo di accomodare alleati aggiuntivi non previsti e candidati donne).

3. Occorre aggiungere che la legislazione del 2004 interveniva in un contesto molto lontano dall’attuale: si era all’indomani delle riforme costituzionali n. 1/1999 e n. 3/2001, in piena epoca di regionalismo spinto (a “tendenza federale”), vuoi per autentica convinzione vuoi allo scopo di contenere la Lega Nord, i cui successi avevano fatto temere addirittura per l’unità nazionale. In ogni caso erano anni in cui la sinistra doveva fare i conti con la pericolosa, perché vincente, alleanza Berlusconi-Bossi. In questo clima parve logico (e davvero non si ricordano molte voci critiche) un consistente aumento dei componenti dei consigli regionali, che crebbero infatti in tutte le Regioni: si pensava che lo spostamento dal centro alle Regioni di competenze legislative avrebbe giustificato ciò. Del resto si ricorderà che la stessa Legge costituzionale n. 3/2001 conteneva un riferimento alla riforma del bicameralismo, poi tradito (già allora si immaginava una riduzione del numero dei parlamentari, in parallelo con l’aumento dei consiglieri regionali). Alcuni Consigli non esitarono (finché non furono fermati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale) a autodefinirsi “parlamenti”. In Toscana si passò così da 50 a 65 consiglieri (inclusi il Presidente eletto e il principale suo oppositore).

4. Quando di lì a poco, ma del tutto all’improvviso senza che ve ne fosse stata avvisaglia alcuna, mentre si stava discutendo l’abolizione del cosiddetto "scorporo" – principale difetto delle leggi elettorali del 1993 (che aveva dato luogo alle famose "liste civetta"), la maggioranza di centro-destra che governava la XIV legislatura, propose (con un maxi-emendamento interamente sostitutivo) una legge elettorale del tutto nuova e mai discussa fino ad allora, venne fuori la storia che si sarebbe trattato di un’emulazione del cosiddetto "modello toscano", cioè della legge Toscana del 2004. Era in realtà una legge fortemente chiesta dagli alleati di Forza Italia e da Forza Italia accettata in un contesto nel quale, reduci dalla sconfitta alle regionali del 2005, il problema era più contenere la vittoria – data per sicura – del centrosinistra che altro. Dal punto di vista dell’Unione di Centro di Casini, invece, la legge che riproponeva il ruolo delle liste di partito, serviva allo scopo di marcare la propria relativa autonomia e distanza rispetto a Berlusconi e Forza Italia. Ecco perché si passò di botto da una legge per tre quarti basata su collegi uninominali plurality (all’inglese) con recupero proporzionale su liste corte bloccate (alla Camera con la seconda scheda e con soglia al 4%), a una legge fondata su liste o coalizioni di liste, con premio senza quorum (che non appariva necessario: nessuno sollevò la questione), liste bloccate, rigorosa proporzionalità (per le liste che fossero andate oltre le previste soglie di sbarramento multiple, costruite per incentivare le coalizioni) ma all’interno rispettivamente del campo dei vincitori e del campo dei perdenti. Le preferenze in Italia a livello nazionale non c’erano sin dal 1993 e non furono riproposte. Fu però introdotta la possibilità per ciascuno di candidarsi anche in tutte le circoscrizioni della Camera o in tutte quelle del Senato. Le circoscrizioni erano 27 alla Camera e tante rimasero; al Senato i seggi venivano attribuiti come sempre in ambito regionale (bocciata l’idea di un premio nazionale anche lì, pur proposto, perché considerato costituzionalmente incompatibile con la lettera dell’art. 57 della Costituzione: “il Senato è eletto a base regionale”). Osservo – en passant – che quella legge così clamorosamente diversa dalla precedente e con seri difetti passò in Parlamento in tre-mesi-tre: nessuno vi si oppose veramente, tanto meno quanti erano già in Parlamento (non moltissimi dato il ricambio: ma parecchi sì, specie fra i leader) di coloro che ora nel 2014 da mesi fanno fuoco e fiamme in relazione alla incisiva revisione migliorativa della legge Calderoli proposta dal governo Renzi (all’insegna fra l’altro del grido “preferenze o morte”). Nell’autunno 2005 nessuno, neanche fra costoro, si preoccupò di quorum, liste bloccate, candidature multiple e quant’altro. L’unica cosa di cui si discusse, poco, fu il doppio premio nazionale Camera-Senato: con l’esito quasi altrettanto cattivo di prevedere la nota “lotteria dei premietti regionali” (meglio già allora sarebbe stato, a bicameralismo intatto, non prevedere premio alcuno al Senato).

5. Il risultato, comunque, fu quel che sappiamo: ne venne fuori fra l’altro l’ossessiva, inizialmente strumentale, campagna contro il Parlamento “dei nominati” e a favore della reintroduzione delle preferenze: così accade che i proponenti della Calderoli (Legge n. 270/2005), sempre più spesso chiamati in causa per la mancanza delle preferenze (la faccenda del quorum verrà dopo), in ogni occasione non esitarono, a fronte delle critiche degli avversari, a sostenere la tesi secondo la quale quella legge si sarebbe ispirata alla Legge regionale n. 25/2004 della Toscana. Questo messaggio fece breccia: nonostante che – ovviamente – la legge toscana fosse caratterizzata dal fattore bipolarizzante e stabilizzante dell’elezione diretta del Presidente, dal voto disgiunto, da liste corte, da candidature multiple limitatissime, dal descritto premio di minoranza.

6. Di nuovo nel 2009, anche quella volta l’anno precedente le successive elezioni regionali, si procedette in Toscana a una correzione della Legge regionale n. 25/2004. La ragione che spinse in tal senso fu la decisione – saggia e precedente quanto sarebbe avvenuto gioco forza in tutte le regioni dal 2011 in poi – di ridurre il numero dei consiglieri. Da 63+2, furono ridotti a 53+2. Questa novità aggravava gli effetti dell’implicito premio, dovuto alla formula adottata nel 2004, che andava ai partiti minori. Si provvide così con la Legge regionale n. 31/2009 ad alcune modifiche: fu introdotta una più elevata soglia di sbarramento pari al 4%; fu modificata la formula introducendo un d‘Hondt “puro”; furono (improvvidamente) aumentati i candidati regionali da 2 a 5 (lasciando per di più il vincolo di genere diverso limitato a un solo candidato: ridimensionando perciò la presenza delle donne), il tutto su richiesta dei partiti che volevano un più ampio controllo sugli eligendi.

7. La Legge regionale n. 51/2014 è figlia di questi precedenti e interviene anche stavolta un anno prima del voto (rose e fiori rispetto ad altri contesti, quello nazionale incluso).
Una seduta del Consiglio regionale della Toscana.
E interviene soprattutto nel clima complessivo di forte critica nei confronti di tutte le forze politiche, in particolare regionali, innescato dalle vicende di cattiva gestione del danaro pubblico, anche penalmente rilevanti, in quasi tutti i Consigli regionali italiani: con l’eccezione praticamente isolata proprio della Toscana dove – si badi bene – le modalità di pagamento del personale dei gruppi (a carico diretto del bilancio del Consiglio) nonché l’assenza delle preferenze hanno drasticamente ridotto le risorse finanziarie gestite dai gruppi stessi (700.000 euro all’anno per tutti i gruppi a fronte per esempio dei 14 milioni di euro del Consiglio del Lazio ai bei tempi di Fiorito & co.!). Il Governo Monti, nel pieno della polemica antisprechi dei Consigli regionali, lo si ricorderà, aveva varato misure di men che dubbia legittimità costituzionale (per la evidente violazione dell’autonomia regionale: fatte tuttavia salve da una discutibile giurisprudenza della Corte), volte a costringere le Regioni a ridurre (ulteriormente chi l’avesse già fatto, come la Toscana) il numero dei consiglieri: la Toscana si era trovata così obbligata a scendere da 53+2 a 40+1 (è mia ferma opinione che un organo legislativo meno componenti ha, più prestigioso è; tuttavia l’impressione nel nostro caso è che si sia passati da un eccesso all’altro). Ciò ha determinato la necessità di ripensare la legge elettorale.

8. Si sarebbe potuto battere la strada dei collegi uninominali. Progetti in tal senso sono stati elaborati e discussi: in particolare si era ipotizzato 20-22 collegi e 20-18 seggi “proporzionali”. Al di là delle diverse opzioni delle principali forze politiche, la riduzione dei componenti del Consiglio ha reso la scelta uninominale oggettivamente ardua da percorrere: impossibili – nel contesto politico della Toscana – 40 collegi uninominali (che rischierebbero di produrre un Consiglio quasi senza opposizione), l’ipotesi di cui si ragionò avrebbe portato a collegi assai ampi (popolazione media con 20 collegi circa 170.000 abitanti) con i costi conseguenti. In ogni caso non è stata questa la strategia scelta dalle forze politiche. Una commissione speciale fu istituita tempestivamente, affidata alla consigliera Daniela Lastri: se non che, è cosa nota, la determinazione di perseguire un’intesa con la maggior opposizione (l’unica disposta a cooperare anche a livello nazionale, Forza Italia) ha aperto la strada a un’incisiva correzione della legge vigente, senza stravolgimenti però e tenendo conto – ovviamente – di almeno alcune delle esigenze del principale interlocutore col quale, infatti, un’intesa veniva raggiunta, in aspetti significativi non condivisa dal resto delle opposizioni e da forze politiche minori. Fino al punto che un ricorso per presunta incompatibilità con lo Statuto veniva presentato al Collegio di garanzia statutaria: il quale peraltro, decidendo a maggioranza, il 24 settembre 2014 respingeva tutti i rilievi formulati.

9. I contenuti della Legge regionale n. 51/2014 interamente sostitutiva della Legge regionale n. 25/2004 sono conosciuti, immagino, ai lettori. Ne riassumo i capisaldi offrendo via via alcune valutazioni. Primo: è stato introdotto il quorum ai fini del premio, in osservanza dei principi stabiliti dalla sentenza n. 1/2014 della Corte costituzionale: nel caso non sia conseguito al primo turno, segue un ballottaggio fra i candidati arrivati al primo ed al secondo posto. Il giudizio non può che essere incondizionatamente positivo, anche se si può aggiungere che in Toscana le percentuali conseguite dai candidati vincitori a turno unico sono sempre state tali da non costituire problema: Claudio Martini rimase di poco sotto il 50% (49.30%) nel 2000; ma fu confermato con il 57.37% nel 2005, mentre Enrico Rossi ha ottenuto il 59.73% nel 2010! Sicché più elegante sarebbe stato, penso, porre il quorum al 50% + 1 voto. Secondo: l’entità del premio resta variabile; solo al 57.5% se il vincitore supera il quorum ma resta sotto il 45% ovvero anche se è eletto col ballottaggio; resta al 60% negli altri casi. A ben vedere con solo 40 consiglieri si tratta nel primo caso di 23 eletti e nel secondo di 24, differenza non molto rilevante. Resta la garanzia di minoranza a 14 seggi sotto i quali non si può andare. Terzo: si sono mantenute le circoscrizioni provinciali, ma quella fiorentina è stata opportunamente suddivisa in 4 circoscrizioni subprovinciali abbastanza omogenee (Firenze comune, colline dal Mugello al Chianti, Empolese Val d’Elsa, piana da Sesto a Scandicci). Questo fa sì che ogni circoscrizione elegga in media poco più di 3 consiglieri. Quarto: si è realizzato un compromesso fra reintroduzione delle preferenze e candidature di partito bloccate. I presentatori di ciascuna lista possono (possono!) prevedere da 1 a 3 candidati regionali, destinati ad essere eletti per primi. In pratica i partiti che prevedano di fermarsi sotto al 7-8% potranno, volendo, scegliere coloro che sono destinati ad essere eletti, mentre i partiti maggiori (Partito Democratico, Forza Italia, Movimento 5 Stelle prevedibilmente) potranno avere fino a 3 “prescelti”, mentre gli altri saranno individuati con le preferenze. In pratica sarà individuato dagli elettori non meno di tre quarti del Consiglio. Ciò dipenderà ovviamente dalle liste che avranno superato la soglia di sbarramento. L’opzione a discrezione dei presentatori è stata una delle novità più criticate della legge: io stesso ho nutrito dubbi. Il Collegio di garanzia statutaria ha stabilito che non c’è incompatibilità con lo Statuto e i principi generali. A ben riflettere penso abbia ragione. Quanto all’opportunità è altra cosa. La scelta non è però una novità assoluta nel panorama comparato: discipline analoghe (che permettono cioè ai presentatori di optare fra liste aperte o bloccate) esistono per esempio in Danimarca (su queste cose resta il necessario riferimento del documentato saggio di Antonio Floridia nel libro a cura di D’Alimonte e Fusaro, La legislazione elettorale italiana).
Credo sia giusto, in proposito, un atteggiamento laico: mi sembra assurdo pretendere che i partiti minori non possano, se credono, avere la certezza che in caso di successo i loro leader o il/la loro leader sia eletto o eletta. D’altra parte chi scrive è un avversario dichiarato delle preferenze come sistema per individuare gli eletti: meglio i collegi uninominali ed anche le liste bloccate. Non sarò dunque io a battermi il petto se una parte dei consiglieri viene designata in maniera cogente (se ci sono i voti!) dai presentatori. Quinto: è prevista una soglia che è del 5% per le liste non in coalizione, mentre scende al 3% per quelle coalizzate, purché la coalizione ottenga almeno il 10% con una lista oltre il 3%. La strategia resta quella di incentivare le coalizioni (a questo punto disallineata con le più recenti tendenze nazionali che vedono il Partito Democratico proporre il premio di lista, anziché di coalizione). Sesto: resta il numero minimo di circoscrizioni in cui presentarsi perché una lista sia ammessa: esso sale a 9 su 13 (da 6 su 10). Questa è una limitazione piuttosto seria che verrebbe certamente criticata dall’OSCE-ODIHR ove facesse missioni di osservazione elettorale a livello regionale. Ma certamente non è illegittima e probabilmente aiuta a tenere un minimo più compatto un sistema partitico fin troppo debole. Settimo: sono ammesse candidature multiple in numero di tre (stesso candidato in più circoscrizioni), e ciò vale anche per gli eventuali capilista. Questa è una misura che permette di combinare la designazione elettiva del partito con la capacità di mobilitazione che è uno dei vantaggi delle preferenze, specie per certi partiti. Qui la legge toscana introduce una novità significativa che potrebbe ben essere ripresa a livello nazionale (dove pure si parla di qualcosa di simile, la problematica essendo la medesima): ai partiti è sottratta – date le candidature plurime – ogni opzione volta a premiare questo o quello, questa o quella fra i candidati. Ove plurieletta la candidata singola viene eletta automaticamente dove ha conseguito proporzionalmente più voti: e se presente fra i candidati regionali, “riduce” il listino di un posto. Ottavo: vi sono misure di promozione della rappresentanza di genere; i candidati regionali eventuali, se più di uno, devono essere di genere diverso (quindi o uno e una, o due e uno/a); inoltre, le preferenze sono esprimibili secondo la tecnica della seconda di genere diverso a pena di validità (modello Friuli-Campania ben noto e adottato di recente anche da leggi statali). Nono: l’espressione della preferenza, nella consapevolezza che specie dalle nostre parti vi fa ricorso storicamente una minoranza degli elettori, mai più di un quarto o un quinto, viene agevolata dalla stampa dei nomi sulla scheda e dal fatto che sarà eseguita mediante semplice crocetta sul quadratino posto accanto a ogni nome, stile modulo da riempire.

10. Restano le due novità più insoddisfacenti e criticabili della Legge regionale n. 51/2014, che evidenzio a parte. La prima è la soppressione della innovativa ed originale legislazione sulle primarie pubblicistiche. E’ vero che è stata utilizzata solo dal Partito Democratico e ciascuna volta da una sola forza minore: ma a me riesce difficile comprendere perché si debba abolire una cosa buona solo perché i principali partiti di opposizione non se ne sono avvalsi. Il costo, mi si dice un milione di euro, anche in tempi di spending review non mi pare eccessivo in cambio della trasparenza e dell’affidabilità di un voto pubblicamente disciplinato e amministrato. E’ vero che sono state reintrodotte le preferenze (e rivedremo dopo 10 anni i nostri muri lordati da manifesti con i volti più improbabili!): ma almeno per la candidatura a Presidente la primaria avrebbe ben potuto essere mantenuta, come minimo. Trovo francamente curioso (sorprendente? deludente? sconcertante?) che il partito che ha fatto delle primarie una sua strutturale caratteristica sin dalla fondazione nel 2007 e che è guidato da un leader che sulle primarie ha costruito tutta la sua carriera prestigiosa (Firenze 2009, Italia 2012 e 2013) appaia nella prassi e nelle scelte istituzionali in piena ritirata su questo fronte: un pentitismo istituzionale ed elettorale che mi fa specie. La seconda innovazione che trovo ai limiti dello scandalo (in Toscana!) è non tanto la riduzione delle firme di sottoscrizione delle liste (solo teoricamente) richieste, quanto la totale esenzione per le liste presentate da gruppi consiliari esistenti a sei mesi dal voto (con riduzione delle firme a un terzo perfino per i gruppi consiliari costituiti dopo quella scadenza, magari a due mesi dal voto). Sappiamo tutti benissimo che le firme sono un terribile fastidio, e che costituiscono un indiretto incentivo a furbate e falsi a gogò: ma francamente non mi pare motivo sufficiente. Tanto più che l’esenzione è una misura che si inserisce nella pessima tradizione tutta italiana di prevedere da un lato soglie di sbarramento al momento dell’elezione, dall’altro una serie di disposizioni volte invece a favorire la frammentazione post-elettorale (dal finanziamento – un tempo anche della finta stampa di partito, alle norme sulla composizione dei gruppi nelle assemblee con ulteriori vantaggi procedurali e finanziari, alla presenza sui mass-media in nome della cosiddetta par condicio). La misura fa il paio, tanto più perché ad essa si affianca, con quella sulla presentazione di liste in almeno nove circoscrizioni: appare volta solo a favorire chi nel palazzo già c’è, a svantaggio di chi potrebbe volersi mobilitare per entrarci, il che – in tempi di sistema partitico destrutturato – non mi pare una scelta saggia. Anche egoisticamente, da parte del partito egemone in regione, che certo non ha problemi a raccogliere le sue firme nelle case del popolo che vivaddio tuttora prosperano, mi pare un prezzo pagato ai piccoli professionisti della politica presenti nell’attuale Consiglio.

Un'udienza della Corte Costituzionale.
11. Per concludere, ritengo che la Legge regionale n. 51/2014 merita nel complesso una valutazione largamente positiva. Persegue con nitidezza le priorità individuate dalle principali forze politiche, appare potenzialmente efficace. Si sarebbe naturalmente potuto far meglio e ho indicato quali punti mi paiono deboli. La scelta meno condivisibile resta la reintroduzione delle preferenze: concessione quasi fatale all’ossessione di questa fase storica post legge Calderoli, assecondata purtroppo dalla più legislativa e pasticciata delle sentenze varate in 58 anni di onorata storia dalla Corte costituzionale (la n. 1/2014). leader disposti, su cose del genere, a sfidare l’impopolarità. Se l’abolizione delle preferenze in Toscana nel 2004 avesse dato anche il minimo esito negativo, avrei capito: è stata un grande successo di cui ci si sarebbe dovuti vantare, invece ci si unisce pentiti e giulivi a chi sulle preferenze ha fondato costumi vergognosi che un giorno sì e l’altro pure la pubblica opinione censura. Difficile da capire. Per parte mia, alzo le mani e resto curioso di vedere che effetto farà … e quanto durerà.
Per chi scrive una battaglia perduta e la conferma che talora nella storia delle comunità politiche si sviluppano tendenze che appaiono irresistibili, idee infondate e anzi contraddette dallo studio scientifico si fanno strada impetuose fino a diventare luogo comune, conoscenza acquisita e acriticamente accettata. Contro ogni evidenza, nessuno le ferma più e la politica – tanto meno di questi tempi – difficilmente è in grado di produrre

* Carlo Fusaro è professore ordinario presso il Dipartimento di Scienze giuridiche dell'Università degli Studi di Firenze. Dal 2007 al 2011 è stato Presidente della Società italiana di Studi Elettorali (SISE).


Per saperne di più
- Il Consiglio (periodico del Consiglio regionale della Toscana): Speciale legge elettorale (n. 4/2014)
- Legge regionale toscana 26 settembre 2014, n. 51 "Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale"
- Collegio di garanzia statutaria della Regione Toscana: Deliberazione 24 settembre 2014, n. 1 - Approvazione del giudizio di conformità allo Statuto della legge regionale "Norme per l'elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale"
- Legge 21 dicembre 2005, n. 270 "Modifiche alle norme per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica" (sintesi sul portale storico della Camera dei Deputati)
- Sentenza della Corte Costituzionale n. 1/2014: illegittimità della Legge n. 270/2005
- Gianguido D’Alberto e Giovanni Giardino, "Spunti di riflessione sulla sentenza della Corte costituzionale n. 1/2014 e prospettive di riforma dei sistemi elettorali regionali" (Osservatorio legislativo interregionale)
- Roberto D'Alimonte e Carlo Fusaro (a cura di), "La legislazione elettorale italiana - Come migliorarla e perché", Il Mulino, 2008, pp. 432
- Organization for Security and Co-operation in Europe-Office for Democratic Institutions and Human Rights (OSCE-ODIHR)

Rassegna stampa
- Il castello da evitare, di Franco Camarlinghi (Corriere fiorentino, 10.9.2014)
Legge elettorale, ottomila emendamenti di Fratelli d'Italia, di Simona Poli (la Repubblica, 10.9.2014)
Legge elettorale: Consiglio approva riforma (Ufficio stampa del Consiglio regionale della Toscana, 11.9.2014)
Legge elettorale, Toscana apripista, di Mauro Bonciani (Corriere fiorentino, 11.9.2014)
Ma il doppio voto c'era già. Questo è il giusto compromesso, intervista a Stefano Ceccanti di Marzio Fatucchi (Corriere fiorentino, 11.9.2014)
Due sistemi diversi, che errore. E non basta nasconderne uno, intervista a Enzo Cheli di Marzio Fatucchi (Corriere fiorentino, 11.9.2014)
Preferenze, listini e soglie. La Toscana voterà così, di Pino Di Blasio (Quotidiano nazionale, 11.9.2014)
Ultimo sì all'alba per il «Toscanellum», di Mauro Bonciani (Corriere fiorentino, 12.9.2014)
Sì al Toscanellum: preferenze e ballottaggio, di Massimo Vanni (la Repubblica, 12.9.2014)
Per gli smemorati i nomi sono già scritti basta barrare la casella, di Massimo Vanni (la Repubblica, 12.9.2014)
E' il grande ritorno, ma col listino bloccato la gara parte dal 4° posto, di Massimo Vanni (la Repubblica, 12.9.2014)
"E' la riforma dei record, abbiamo ottenuto più di quanto concesso", intervista a Dario Parrini di Massimo Vanni (la Repubblica, 12.9.2014)
Tetto minimo del 5%, la salvezza dei piccoli è stare in una coalizione, di Massimo Vanni (la Repubblica, 12.9.2014)
Con listini e premio si rischia un pasticcio, di Emanuele Rossi (Il Tirreno, 12.9.2014)
Scontro nel PD: così è un'altra legge porcata, di Samuele Bartolini (Il Tirreno, 12.9.2014)
Minilistino a tre e tornano le preferenze, di Samuele Bartolini (Il Tirreno, 12.9.2014)
Sul Toscanellum è già guerra legale, di Massimo Vanni (la Repubblica, 13.9.2014)
- Contro il Toscanellum scatta il ricorso dei partiti più piccoli, di Massimo Vanni (la Repubblica, 16.9.2014)
- Ricorso contro il Toscanellum (Quotidiano nazionale, 17.9.2014)
Legge elettorale ipotesi referendum, di Massimo Vanni (la Repubblica, 17.9.2014)
Presentato il ricorso contro il Toscanellum (Il Tirreno, 17.9.2014)
Legge elettorale regionale: Bianchi, «rischiamo di votare con il Gattopardum», intervista di Simone Pitossi (Toscana Oggi, 19.9.2014)
- Il Toscanellum passa l'esame. "È conforme allo statuto" (parte 1, parte 2), di Simona Poli (la Repubblica, 25.9.2014)
Toscanellum, il fronte del no alla Consulta (la Repubblica, 26.9.2014)
- Legge elettorale toscana, un gruppo di consiglieri scrivono a Renzi: “Il Governo faccia ricorso alla Consulta” (Gonews, 30.10.2014)

2 commenti:

  1. Penso che proporre simultaneamente premio di maggioranza e sbarramento sia profondamente sbagliato.
    Condivido l'eliminazione delle primarie per la formazione delle liste, meglio la preferenza.
    Non condivido l'eliminazione delle primarie per il ruolo di Presidente.
    Le modifiche sulle firme non sono al limite dello scandalo, sono oltre.
    Complessiavmente una legge molto brutta.

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  2. ANTONIO FLORIDIA

    Carlo Fusaro ci ha offerto una esemplare "breve storia" delle leggi e delle riforme elettorali in Toscana. Qui vorrei commentare solo un punto del suo testo.Fusaro ha perrfettamente ragione a parlare (come ha fatto anche sul Corriere Fiorentino del 10 dicembre) del “boomerang delle preferenze”: la Toscana ripristina il voto di preferenza proprio quando, a livello nazionale, se ne riscoprono i guasti. La vicenda ha molti aspetti paradossali: chi scrive ha speso molte energie, negli anni scorsi, per cercare di difendere la legge elettorale toscana approvata nel 2005 dall’accusa infamante di essere la “madre” del Porcellum e, insieme a pochi altri, - tra cui, appunto, Carlo Fusaro – ha offerto argomenti per contrastare quello che sembrava essere un incontenibile, nuovo innamoramento collettivo per il voto di preferenza. Poi è arrivata la sentenza della Corte Costituzionale, che considera come uno dei criteri dirimenti di giudizio proprio la lunghezza delle “liste bloccate”, ossia proprio quell’elemento su cui i sostenitori della legge toscana avevano posto l’accento: un conto, infatti, è una lista corta di nomi, in una circoscrizione provinciale, scritta sulla scheda, con i possibili eletti ben identificabili; ben altro conto, una lista con decine di nomi, su scala regionale, ignoti agli elettori.
    Ma ancora più paradossale è quello che accade dopo, quando arriva l’Italicum, con le sue liste corte bloccate: si riapre il dibattito, e molti (alcuni dei quali, come lo stesso Renzi, avevano “sparato” sulla legge toscana) riscoprono i sacrosanti argomenti contro il voto di preferenza. Una riabilitazione postuma, per la legge toscana: la quale, nel frattempo, è stata avviata al patibolo, proprio in nome del ritorno al voto di preferenza.
    La nuova legge elettorale toscana è frutto esclusivo delle trattative politiche che si sono svolte in Consiglio Regionale: chi scrive, per le funzioni amministrative che svolge, si è astenuto finora da ogni commento sulle soluzioni adottate. Ma non posso non osservare quanto frettoloso sia stato l’abbandono di ogni ricerca di possibili soluzioni fondate sui collegi uninominali: se si riteneva sbagliata la vecchia legge, forse si sarebbe dovuto tentare una via per andare avanti, non per tornare indietro
    Ma le vicende legate ai sistemi elettorali e alle loro riforme non possono essere lette fuori dal contesto politico in cui si svolgono: e qui, paradosso per paradosso, si trova una delle possibili ragioni che fanno ritenere a molti il ritorno al voto di preferenza come il “male minore”. Se i partiti si trasformano in macchine personalizzate di consenso, se non hanno più una vera vita democratica interna, fatta di partecipazione e discussioni; se gli organismi dirigenti sono oramai solo dei meri organi di ratifica, e non delle sedi deliberative; se le primarie si sono trasformate in uno strumento scriteriato e sregolato, aperto a tutte le scorribande; se i pacchetti di tessere si vendono in blocco, e non ci sono più meccanismi di controllo interno che facciano di un partito una comunità viva; se tutto è questo è vero, è allora comprensibile che l’unico elemento che possa garantire una competizione interna equa sia quello delle preferenze e che le minoranze, o quanti aspirano ad affermarsi, lo possano considerare come l’unico terreno su cui è possibile spostare gli equilibri. Ed è comprensibile che siano guardati con sospetto tutti quei sistemi elettorali che affidano la scelta delle candidature “sicure” ai poteri esclusivi di chi controlla il partito. Per questa via, naturalmente, i partiti sono sempre più destinati ad essere solo dei comitati elettorali: ma la responsabilità non è, a questo punto, addebitabile al voto di preferenza.

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