A cura di: Antongiulio Barbaro, Alessio Bartaloni, Amos Cecchi, Antonio Floridia, Monica Liperini,
Arnaldo Melloni, Eriberto Melloni, Massimo Migani, Mario Primicerio, Simone Siliani



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Aldo Moro

giovedì 15 maggio 2014

Quando la difesa della legalità diventa illegale: abuso delle intercettazioni, il grande fratello ci controlla

di Valerio Spigarelli (*)

(articolo pubblicato dal settimanale Gli ALTRI, la Sinistra quotidiana - maggio 2014)

Per fare i conti con il tasso di garantismo che sta, timidamente, tentando di risalire nelle quotazioni interne alla sinistra italiana, è bene evitare i discorsi sui massimi sistemi poiché si rischia, proprio sulle idee portanti, di ammazzare il neonato in culla. Meglio esaminare questioni più circoscritte, come le intercettazioni telefoniche, ad esempio.
Non più tardi di qualche anno fa, orgogliosamente, molti giovani di sinistra manifestavano inalberando cartelli con su scritto “intercettateci tutti”. Monito ultralegalitario di chi, ritenendo di non aver nulla da nascondere, è disposto a rinunciare ad un pezzo significativo della propria libertà pur di sconfiggere il crimine; allo stesso tempo chiaro esempio di deriva verso un populismo giudiziario di stampo autoritario. Provocatorio quanto si vuole, questo slogan intanto tradisce una evidente confusione della scala dei valori costituzionali di riferimento, che non subordina affatto la rinuncia alla intangibilità delle conversazioni dei cittadini alle sole esigenze di tutela della legalità ma rimanda alla legge ordinaria i casi e le modalità, in cui questo può avvenire; il tutto mettendo sull'altro piatto della bilancia, con pari dignità, la tutela della libertà di comunicazione.
Per questo, in una mirabile sentenza della metà degli anni settanta, la Corte costituzionale sottolineò che tale strumento di ricerca della prova, oggettivamente in conflitto con il chiaro disposto dell`articolo 15 della Carta, doveva essere riservato a reati pre individuati e comunque utilizzato solo nei casi in cui ciò appariva assolutamente indispensabile. A sottolineare la straordinarietà e la delicatezza delle intercettazioni, la Corte aggiunse che dovevano essere impiegate sotto il controllo giurisdizionale, per limitati periodi tempo, per ipotesi di reato già raggiunte da gravi indizi, e che tanto i decreti impositivi che quelli di proroga dovevano essere specicamente motivati caso per caso. Insomma, per sintetizzare, non tutto e non sempre si può intercettare, il controllo giurisdizionale è fondamentale e la “pesca a strascico”, benché utile nella lotta al crimine, è fuori del sistema. Questi insegnamenti, pur recepiti nel codice di procedura penale, sono stati negletti dalla giurisprudenza, che da decenni legittima prassi assai generose proprio su questi punti. Tutto ciò, accanto ad una facile “spendibilità” mediatica dei risultati,la quale (in barba alla legge che vieta la pubblicazioni di tali atti nel corso delle indagini preliminari) raggiunge vette sconosciute negli altri Paesi democratici, hanno reso le intercettazioni oltre che strumento d`elezione nelle investigazioni anche un arma politica formidabile. Perciò, mentre le Procure ne hanno costantemente ribadito l'indispensabilità nella battaglia per la legalità, la sinistra ha sempre contrastato interventi diretti a ridimensionarle visti come cedimenti al malaffare. Ad illustrare la fortuna anche “politica” delle intercettazioni, basti pensare che le ultime leggi penali che sono entrate in vigore hanno visto alzarsi od abbassarsi il loro limite massimo edittale non in base alla gravità della condotta, come sarebbe logico, ma solo in ragione della applicabilità o meno di tale strumento.
Capovolgendo la grammatica costituzionale non è più la gravità del reato a segnare l'utilizzabilità delle intercettazioni, ma anzi essa viene determinata al solo fine di permetterne l'impiego delle captazioni. Negli ultimi tempi, poi, si è assistito ad ulteriori stravolgimenti: quello dell'utilizzo delle intercettazioni al fine del controllo etico sulla classe dirigente e la messa in discussione delle aree di intangibilità per alcuni soggetti. La vicenda del così detto “processo trattativa”, ed il conitto tra la Procura di Palermo e la Presidenza della Repubblica, testimoniano entrambi gli aspetti. Oggi, in vasti strati dell`opinione pubblica, è dato per scontato che avere contezza dei privati comportamenti è un diritto quando riguarda persone che hanno un qualche ruolo pubblico, e che eventuali aree di inviolabilità, come per il Presidente della Repubblica, devono essere abbattute. A nulla vale opporre che questo è uno strumento di indagine penale che per sua natura non attiene alla dimensione morale. In questi giorni altri due fatti di cronaca ed una prassi giudiziaria assolutamente prevalente, ripropongono il problema intercettazioni. Accade che a Roma, nell'indagare su fatti che coinvolgerebbero un ristoratore, vengano autorizzate intercettazioni e video registrazioni ambientali nel suo locale, che è ovviamente frequentato da molti clienti. Per mesi la Procura, su autorizzazione del Giudice per le Indagini Preliminari, registra, salvo poi accorgersi che in questa maniera centinaia di conversazioni di cittadini del tutto estranei alle indagini sono state ascoltate e captate. Secondo Panorama, il Procuratore di Roma, ad un certo punto, fornisce precise indicazioni agli operanti circa il fatto di non procedere alla registrazione, anzi di sospendere le operazioni, per i colloqui non inerenti. Ora, indipendentemente dal rispetto delle norme del codice, il quesito è il seguente: un sistema processuale e giudiziario che permette un fatto simile pone un problema di tutela delle conversazioni? Mettere, per mesi, sotto controllo audiovisivo un locale pubblico non postulava l'ineluttabile coinvolgimento di estranei? La tardiva “scoperta” della fatale violazione ingiustificata della riservatezza delle conversazioni di centinaia di persone è un fatto grave o no? La sinistra che ne pensa? Altro esempio. Sono state date alle stampe, dopo il deposito avanti al Tribunale del Riesame da parte dei Pubblici Ministeri di Napoli, i dialoghi di carattere evidentemente politico che avrebbe intrattenuto l'ex sottosegretario Nicola Cosentino con altri esponenti del suo partito. Gli stralci pubblicati in questi giorni dalla stampa dimostrano che si tratta di conversari di carattere politico. Il fatto, sembrerebbe, è che proprio su tali conversazioni e sul loro carattere si appunta l'interesse degli inquirenti. Anche qui, al di là della legittimità del deposito in sede giudiziaria, un interrogativo è lecito: un sistema processuale e giudiziario che permette l'impiego processuale, e la pubblicazione, di conversazioni di tal genere, il cui primo sicuro effetto è quello di danneggiare le persone che avevano intrattenuto rapporti politici con un indagato, garantisce ancora la reciproca indipendenza tra Poteri dello Stato? L'ultimo esempio non riguarda un singolo fatto, bensì una prassi inveterata: quella di ascoltare le conversazioni che gli avvocati intrattengono sull'utenza, eventualmente intercettata, di un loro cliente. Secondo la giurisprudenza l'ascolto di suo non è illegittimo, illegittimo è l'eventuale utilizzo processuale di quel materiale. Anzi, secondo alcune sentenze, è proprio dall'ascolto che si può distinguere se la conversazione ha ad oggetto il mandato difensivo od altro, e dunque non è affatto scontato che l'agente, anche se comprende subito che chi parla è l'avvocato con il cliente, debba interrompere le operazioni. Il risultato è che nel nostro Paese neanche gli avvocati sono certi della riservatezza delle comunicazioni con i loro clienti. In Parlamento giace da tempo una proposta di modifica del codice di procedura penale che sarebbe in grado di arginare questo fenomeno, la sinistra la sottoscrive? In conclusione, una nuova stagione garantista, a sinistra, dovrebbe rispondere alla domanda semplice, ed in fondo banale, se questa ancora è una democrazia normale o giudiziaria, e poi operare per ripristinare la legalità costituzionale. Magari rammentando che Orwell era di sinistra.

(*) L'autore è Presidente dell'Unione delle Camere Penali Italiane


Costituzione della Repubblica Italiana - articolo 15
La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.


Dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 34/1973
> "Nel precetto costituzionale trovano perciò protezione due distinti interessi; quello inerente alla libertà ed alla segretezza delle comunicazioni, riconosciuto come connaturale ai diritti della personalità definiti inviolabili dall'art. 2 Cost., e quello connesso all'esigenza di prevenire e reprimere i reati, vale a dire ad un bene anch'esso oggetto di protezione costituzionale."
> "La richiesta di provvedimenti autorizzativi della intercettazione va valutata con cautela scrupolosa giacché da provvedimenti del genere deriva una grave limitazione alla libertà e segretezza delle comunicazioni. Nel compiere questa valutazione il giudice deve tendere al contemperamento dei due interessi costituzionali protetti onde impedire che il diritto alla riservatezza delle comunicazioni telefoniche venga ad essere sproporzionatamente sacrificato dalla necessità di garantire una efficace repressione degli illeciti penali. A tal fine è indispensabile che accerti se ricorrano effettive esigenze, proprie dell'amministrazione della giustizia, che realmente legittimino simile forma di indagine e se sussistano fondati motivi per ritenere che mediante la stessa possano essere acquisiti risultati positivi per le indagini in corso."
> "Del corretto uso del potere attribuitogli il giudice deve dare concreta dimostrazione con una adeguata e specifica motivazione del provvedimento autorizzativo. Discende da quanto si è detto - vale a dire dal principio che il diritto garantito dall'art. 15 Cost. possa essere compresso solo nei limiti effettivamente richiesti da concrete, gravi esigenze di giustizia - la conseguenza che il provvedimento di autorizzazione stabilisca anche la durata delle intercettazioni e che, quando una proroga si renda necessaria, se ne offra concreta, motivata giustificazione."
> "... violerebbe gravemente entrambe le norme costituzionali un sistema che, senza soddisfare gli interessi di giustizia, in funzione dei quali è consentita la limitazione della libertà e della segretezza delle comunicazioni, autorizzasse la divulgazione in pubblico dibattimento del contenuto di comunicazioni telefoniche non pertinenti al processo."


Per saperne di più
- sentenza della Corte Costituzionale n. 34 del 4 aprile 1973
- proposta di legge n. 1846 presentata alla Camera dei Deputati
- proposta di legge n. 926 presentata alla Camera dei Deputati
- proposta di legge n. 563 presentata alla Camera dei Deputati
- disegno di legge n. 863 presentato al Senato della Repubblica
- disegno di legge n. 171 presentato al Senato della Repubblica

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