A cura di: Antongiulio Barbaro, Alessio Bartaloni, Amos Cecchi, Antonio Floridia, Monica Liperini,
Arnaldo Melloni, Eriberto Melloni, Massimo Migani, Mario Primicerio, Simone Siliani



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poiché l'Europa intera è nel Mediterraneo.

Aldo Moro

sabato 8 giugno 2013

Intorno al semipresidenzialismo

 di Alessio Bartaloni

Stupisce l’enormità del fuoco di sbarramento che vari settori di quella che un tempo si sarebbe chiamata “società civile” stanno organizzando contro l’ipotesi semipresidenzialista che, a pezzi e bocconi, sembra invece stia prendendo piede nel dibattito politico. Le motivazioni sono svariate; enucleo le tre più ricorrenti.

Prima di tutto si dice che un cambiamento costituzionale di tal fatta non servirebbe in un Paese che vede i partiti ridotti a quello che sono e tutto il sistema politico corrotto ed inefficiente. Detta motivazione (a volte enunciata con toni apocalittici francamente esagerati, come quelli di Barbara Spinelli su Repubblica del 5 giugno) parte a mio parere da un’errata identificazione del rapporto causa-effetto: non è che il sistema politico funziona male per colpa dei partiti o delle persone che ne sono a capo ma l’inverso. Poiché col passare del tempo l’assetto istituzionale del Paese ha mostrato i suoi limiti di efficacia, i partiti (o meglio, quello che ne resta) hanno potuto trovare terreno facile nel coltivare posizioni politiche irresponsabili e le clientele più redditizie. Del resto, fatti salvi i principi fondamentali, pensare che la seconda parte della costituzione, concepita nel dopoguerra, sia del tutto attuale mi sembra ai limiti della follia. Non saprei come altrimenti definire l’incapacità di vedere l’enorme gap tra la velocità con la quale nel mondo tutto corre e la lentezza cui sono condannati i processi decisionali nel nostro Paese.

Altra motivazione ricorrente contro un cambiamento di tal fatta è la oggettivamente ingombrante presenza di Berlusconi. Personalmente, come prima, ritengo che anche qui vada rovesciata la visione di base. Sussiste il fenomeno Berlusconi perché il sistema politico italiano era (vent’anni fa), ed è, malato; avesse dato le risposte di cui il Paese aveva bisogno, l’Uomo di Arcore non avrebbe trovato adepti. Inoltre, e soprattutto, non possiamo lasciare il Paese fermo perché si ha paura di un uomo che viaggia verso l’ottantina. Evidentemente ogni passo nella direzione del cambiamento costituzionale andrà fatto tenendo conto dei necessari contrappesi; se Berlusconi o chi per lui dovesse cercare di sabotare l’istituzione di questi, il tavolo salterebbe e il responsabile si prenderebbe la responsabilità dell’ennesimo fallimento. Per usare una similitudine, non si impedisce la costruzione di una necessaria infrastruttura perché si teme la corruzione o l’infiltrazione mafiosa; si vigila e si fa in modo che ciò non avvenga ma, preso atto della bontà del progetto, lo si porta avanti.

Un altro argomento ricorrente (non in sé contrario ma critico sul momento in cui le riforme istituzionali sembra vengano seriamente messe in agenda) è che di riforme costituzionali non si campa e ogni attenzione della classe politica e del dibattito della società civile debba essere indirizzata solo verso la terribile situazione economica. E’ bene ricordare a questo proposito che, come tutti gli attenti analisti economici possono testimoniare, la Francia certamente non ha e nemmeno ha avuto negli ultimi anni fondamentali economici complessivamente migliori dei nostri, anzi. Tuttavia non è finita nel mirino della speculazione ed ha pagato un prezzo sociale assai inferiore alla crisi mondiale grazie al fatto di avere un assetto politico solido e consolidato dall’assetto costituzionale.

Intendiamoci: può darsi che l’ipotesi semipresidenziale non sia la migliore delle ipotesi possibile per il nostro Paese né la più praticabile; lo vedremo a breve. E’ però francamente stucchevole dover rilevare ancora una volta il riflesso direi quasi “pavloviano” e certamente conservatore di certa parte della sinistra. Bisognerebbe ricordargli che i Padri Costituenti non vedevano demoni fuori dal rigido parlamentarismo; anzi, qualcuno, come Calamandrei (non un pericoloso caudillo, mi pare), vedeva l’ipotesi presidenziale come adatta e percorribile. All’epoca si fece un’altra scelta, rivelatasi giusta per molti anni. Pensare che nulla nel frattempo sia cambiato sicuramente non ci restituisce De Gasperi o Terracini e corre il rischio di condurci direttamente a Weimar.

1 commento:

  1. Sono d'accordo. Continuo a pensare che sia urgente riformare il sistema elettorale anche per trovare una formula che dia continuità e quindi credibilità all'assetto istituzionale italiano. Le regole sono importanti: in Germania, Francia e Inghilterra i sistemi elettorali sono consolidati e condovisi e producono quasi sempre risultati affidabili e duraturi.

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