A cura di: Antongiulio Barbaro, Alessio Bartaloni, Amos Cecchi, Antonio Floridia, Monica Liperini,
Arnaldo Melloni, Eriberto Melloni, Massimo Migani, Mario Primicerio, Simone Siliani



Nessuno è chiamato a scegliere tra essere in Europa e essere nel Mediterraneo,
poiché l'Europa intera è nel Mediterraneo.

Aldo Moro

mercoledì 18 febbraio 2015

Sergio Mattarella, un politico coraggioso per superare la "Seconda Repubblica". Intervista a Giuseppe Matulli

Giuseppe Matulli, politico di esperienza, è stato un importante esponente della Democrazia Cristiana (DC) ed in particolare della corrente di sinistra. Con l'esaurirsi dell'esperienza democristiana, ha partecipato alla fondazione del Partito Popolare Italiano (PPI) e successivamente della Margherita. Nel corso di questa esperienza ha avuto modo di conoscere e collaborare con il neo-Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ciclostilato in proprio ha rivolto a Matulli alcune domande su quelle esperienze e su Mattarella.

Ciclostilato in proprio: quando ed in quale contesto politico ha conosciuto Sergio Mattarella?
Piersanti Mattarella, a destra, con il Presidente della
Repubblica Sandro Pertini.
Matulli: non sembri retorica dire che la prima conoscenza con Sergio Mattarella, sia pure senza un incontro concreto, avvenne nel gennaio 1980 quando con la delegazione della Regione Toscana partecipai a Palermo ai funerali del fratello Piersanti, Presidente della Regione Sicilia, ucciso dalla mafia [6 gennaio 1980, ndr]. Ovviamente non conoscevo personalmente né Piersanti né Sergio, ma sono convinto che, per più motivi, per parlare di Sergio Mattarella e del mio rapporto con lui debba partire dall'assassinio del fratello. E’ infatti Piersanti che segna, per ovvi motivi di età, il rinnovarsi della tradizione politica della famiglia del padre Bernardo Mattarella, autorevole parlamentare che, in collegamento con Luigi Sturzo in esilio, aveva fondato la DC nella Sicilia appena liberata e aveva condotto, in Sicilia, la battaglia per la repubblica nel referendum del 1946. Piersanti era, nel dibattito interno alla DC, un convinto esponente del gruppo di Aldo Moro, quel gruppo di politici ed intellettuali cattolici che furono presi particolarmente di mira dalle Brigate Rosse (oltre allo stesso Moro, Vittorio Bachelet, Roberto Ruffilli. Con Piersanti la mafia precedette le BR). Dunque la tradizione familiare aveva caratteri definiti da battaglie coraggiose. Ma c'è un altro motivo per cui vale il funerale di Piersanti come simbolico incontro con Sergio (pur - ripeto - non conoscendolo allora e non incontrandolo in quella occasione), ed è che troppi elementi e troppe testimonianze confermano che l'impegno politico di Sergio nasce come il dovere di non interrompere l'azione di Piersanti, di riscattare l'impegno politico del fratello annullato dalla violenza mafiosa, con il proprio impegno. Lo stile di Sergio conferma questo dato anagrafico, la sobrietà dei suoi comportamenti ha sempre dimostrato la libertà che nasce da una motivazione superiore e tuttavia tutta politica, perché altamente e nobilmente politico era l'impegno di Piersanti (come del resto della sua tradizione familiare).
Ciclostilato in proprio: pur non avendo avuto incarichi di Governo nello stesso periodo, siete stati entrambi animatori della corrente di sinistra della DC, fino allo scioglimento del partito nel 1994 ed alla cosiddetta "diaspora democristiana". Quali erano i valori politici di riferimento e gli obiettivi di quella corrente? E quale ruolo ebbe Mattarella?
Matulli: l'incontro più reale con Mattarella avvenne con la segreteria di Ciriaco De Mita [1982-1989, ndr], quando ebbe luogo il tentativo di un rilancio della DC, dopo che l'assassinio di Moro [9 maggio 1978, ndr] aveva stravolto la stagione che con lo stesso Moro e Benigno Zaccagnini aveva avviato un processo di trasformazione della DC (e del sistema politico italiano). Si era imposta la necessità di un adeguato mutamento del registro politico, rimasto bloccato per troppo tempo. Lo sforzo di De Mita, comunque difficile, fu un tentativo estremo di riprendere ed aggiornare quel processo di rinnovamento che, per coinvolgere non la sola DC ma l’intero sistema politico e istituzionale (si parlava già allora, e da tempo, di riforma istituzionale), richiedeva che ci fosse un interlocutore forte sia per la collaborazione fra i grandi partiti popolari sia per la competizione anche dura fra loro. Occorreva ricostituire i pilastri del sistema politico. Sarebbe da valutare se sia De Mita che Enrico Berlinguer fossero sufficientemente forti nei rispettivi partiti, ma la morte di Berlinguer [11 giugno 1984, ndr], segnò il definitivo tramonto del rinnovamento ricercato e l’alleanza allora identificata nel CAF (Bettino Craxi, Giulio Andreotti, Arnaldo Forlani) gestì il tramonto della cosiddetta "Prima Repubblica" [maggio 1989-aprile 1992, ndr]. Nella stagione della segreteria De Mita, Mattarella fu tra i più autorevoli protagonisti. In tutte le vicende alle quali ha partecipato il suo ruolo è stato di gran lunga superiore a quello che appare e che spesso a mala pena si ricorda, fondamentalmente per il suo atteggiamento sobrio e riservato. Intanto, era il riferimento sicuro in Sicilia: non erano possibili con lui né tentativi di collusione e infiltrazioni da parte della mafia né accuse strumentali, e questa non era una qualità secondaria nel mondo siciliano di allora. A lui facevano riferimento tutte le espressioni siciliane alla ricerca di rinnovamento. La cordialità dei rapporti umani, la disponibilità personale frutto della sua libertà interiore, la sua competenza di giurista ed il collegamento con la parte forse più qualificata nel campo della tradizione cattolico-democratica ne hanno sempre fatto un punto di riferimento sicuro.
Ciclostilato in proprio: nel 1994 avete entrambi partecipato alla fondazione del Partito Popolare Italiano (PPI), che raccolse la maggior parte degli esponenti della Democrazia Cristiana. Quali a suo avviso le ragioni della fine del più importante partito della cosiddetta "Prima Repubblica"? E quali furono le ragioni che vi spinsero alla fondazione del nuovo partito? Con quali obiettivi? Che ruolo ebbe Mattarella in quella travagliata fase politica?
Matulli: il mutamento che si stava verificando a livello internazionale si esprimeva, prima di tutto, nella fine delle ideologie che erano state comunque il motore ed il cemento dello stato sociale caratteristico dello sviluppo successivo al secondo dopoguerra; la rivoluzione elettronica cominciava a produrre gli effetti poi divenuti evidenti nei decenni successivi. La nuova realtà richiedeva un'analisi e una strategia completamente nuove a cui i tentativi di Moro e quello estremo di De Mita avevano cercato invano di provvedere. Il cosiddetto CAF era consapevole di gestire una transizione a vantaggio di Craxi senza rendersi conto di quali ne fossero gli esiti. E’ in quella fase che Mattarella partecipa alle dimissioni dal governo assieme ad altri quattro ministri democristiani [Mino Martinazzoli, Riccardo Misasi, Calogero Mannino e Carlo Fracanzani, ndr] per protesta contro la legge Mammì che avrebbe sanzionato la presa d’atto del monopolio berlusconiano delle televisioni private [27 luglio 1990, ndr]. Devo dire molto sinceramente che io subii in silenzio il passaggio dalla DC al PPI, avevo cominciato a capire che la fine delle ideologie che stava realizzandosi sotto i nostri occhi (da prima del crollo del muro di Berlino [9 novembre 1989, ndr]) aveva bisogno di qualcosa di più consistente che un cambio di nome evocativo di altri tempi e di altre stagioni politiche. Pur diffidando di tentativi di ripetizione di eventi storici, di cui il meno che si possa dire è che si rivelano velleitari, pensavo che altri fossero più lucidi di me e mi rimisi pur senza convinzione alle loro decisioni, ma non partecipai attivamente preferendo impegnarmi al lavoro di Sottosegretario alla Pubblica istruzione.
Ciclostilato in proprio: in quella fase l'azione politica di Mattarella è soprattutto nota per il nuovo sistema elettorale per la Camera dei Deputati, presentato nel marzo 1993 e diventato legge nell'agosto dello stesso anno, che era caratterizzato da una prevalenza di seggi attribuiti con il sistema uninominale maggioritario. Quali furono i presupposti politici cui si pervenne a quella soluzione? E quali gli obiettivi? Come valuta l'apporto di Mattarella al perseguimento di quel risultato?
Matulli: fallito il tentativo del CAF, i governi cosiddetti “tecnici” di Amato e Ciampi [1992-1994, ndr] segnarono il passaggio, senza protagonisti di statura politica, al dopo “Prima Repubblica”. I partiti erano divenuti (già allora!) incapaci di interpretare la pubblica opinione e di guidare la trasformazione degli obbiettivi politici e sociali. Ma la legge elettorale uninominale fu la dimensione istituzionale del tentativo di una risposta alla crisi che si stava vivendo. L'uninominale, con il 25% riservato al proporzionale, era il tentativo di superamento graduale del sistema partitico che si era sempre espresso col proporzionale. A prescindere da pregi e difetti specifici di quello, come di ogni sistema elettorale, era il segno che occorreva superare le colonne d'ercole della politica dei partiti e avviarsi ad affrontare le sfide di un mondo che aveva superato le ideologie e dunque non più limitato al protagonismo dei partiti. In quella occasione Mattarella realizzò la mediazione più avanzata possibile e l’attuò. Gli eventi successivi hanno dimostrato che quello era il nodo e che la politica italiana, anziché proseguire nel tentativo di superamento verso assetti adeguati alla novità, è tornata indietro sostituendo ai vecchi partiti nuove consorterie di interessi che poco avevano a che fare con la nobiltà della politica e con la necessità di una rinnovamento istituzionale e politico adeguato al mutamento della realtà. Fu dunque un tentativo di addentrarsi in una nuovo territorio, ma il tentativo fu non a caso rimosso successivamente proprio da Silvio Berlusconi [con l'approvazione della Legge 21 dicembre 2005, n. 270, cosiddetto "porcellum", ndr].
Ciclostilato in proprio: Mattarella, docente universitario prima del proprio impegno politico, si è caratterizzato - o così appare dall'esterno - per un profilo di impegno sociale nel contesto di un rigoroso rispetto dei principi costituzionali, considerati non solo per il loro valore etico-politico, ma anche per per la loro cogenza giuridica. A suo giudizio, quale sarà l'atteggiamento di Mattarella nell'interpretare il ruolo di Presidente della Repubblica? Lui stesso si è definito "arbitro imparziale": ma sembra una definizione asettica e forse volutamente riduttiva.
Matulli: il Presidente della Repubblica, come è configurato nella Costituzione, costituisce il rappresentante dell'unità nazionale. L’uomo al di sopra delle parti (tanto che la Costituzione ne configura la non responsabilità degli atti politici che sono tutti controfirmati da un membro del Governo). La figura del rappresentate dell’unità nazionale fu molto presente ai costituenti che, sostituendolo alla figura del Re, doveva in qualche modo collocarlo in modo da renderne evidente questa funzione di rappresentanza unitaria. Come tale il Presidente è sopra le parti perché tutte le deve, in qualche modo, ricomprendere, non già perché sia ad esse estraneo (come richiama invece la figura del "notaio"). Non bisogna mai dimenticare che il primo atto dell'Assemblea costituente, che era stata eletta lo stesso giorno (2 giugno 1946) del referendum istituzionale, vi fu l'elezione del capo provvisorio dello Stato italiano (che pochi giorni prima aveva scelto la Repubblica) in un Paese diviso fra repubblicani e monarchici e fra un nord repubblicano e un sud monarchico. Ed elesse co il 78,5% dei membri Enrico De Nicola, illustre personaggio ma prescelto perché dichiaratamente monarchico e napoletano: perché nella Repubblica dovevano potersi riconoscere tutti a cominciare da chi ne aveva avversato l’avvento sostenendo la prosecuzione dell’istituto monarchico. Mattarella ha rivolto le sue primissime parole non a chi lo aveva votato, ma ai bisogni ed alle speranze degli italiani, ponendosi in questo modo (che poi ha ampliato nel testo del suo messaggio al Parlamento) nel modo corretto al di sopra delle parti per interpretare il Paese. Naturalmente l’interpretazione del ruolo del Presidente ha una dimensione soggettiva che ritengo sia quella che ho richiamato, ma che deve incontrarsi con la realtà del quadro politico, del suo funzionamento, della correttezza della sua dialettica, dell'efficacia della sua azione rispetto, appunto, “ai bisogni ed alle speranze degli italiani”. La delicatezza del ruolo del Presidente è che si tratta di una funzione di rappresentanza dell’intero Paese, ma di una rappresentanza politica che non può che esprimersi diversamente a seconda della stabilità e del funzionamento delle istituzioni politiche. Nel confronto fra la sobrietà di Luigi Einaudi e l’interventismo di Giorgio Napolitano, non si può certo trascurare l’assetto stabile dell’inizio della "Prima Repubblica" ed il travaglio delle vicende recenti che abbiamo vissuto negli ultimi anni.
Ciclostilato in proprio: da più parti si è criticato il Presidente Giorgio Napolitano per aver promulgato leggi considerate da taluni di dubbia legittimità costituzionale. Ricordato che secondo la Costituzione (art. 74) il Presidente può rinviare al Parlamento una legge per chiederne una revisione, ma che in caso di nuova deliberazione ha l'obbligo di promulgarla, cosa ci possiamo attendere da Mattarella su questo punto delicato?
Matulli: il Presidente della Repubblica è sicuramente anche garante della Costituzione, ma questa non è una sua funzione assoluta altrimenti la stessa Costituzione non avrebbe previsto la vera garanzia formale nella Corte costituzionale. Dunque se il Presidente ha il diritto-dovere di rinviare alle Camere una legge che ritenga in contrasto con la lettera, o anche con lo spirito, della Costituzione, perché questo rientra nella sua funzione di rappresentanza politica dell’unità nazionale. Il Presidente tuttavia non ha il compito di “sanzionare” la legittimità o illegittimità costituzionale che spetta alla Corte costituzionale. Naturalmente nell’esercizio di una funzione politica gioca sia la valutazione intrinseca del provvedimento sia la valutazione delle conseguenze sull’assetto politico istituzionale dell’atto del Presidente e non si può negare la delicatezza del travaglio istituzionale e politico in atto che rende particolarmente delicato e difficile il compito del Presidente. Ma sono queste caratteristiche che rendono importanti le doti di serietà, sobrietà e sensibilità costituzionale di Sergio Mattarella.
Palazzo Montecitorio, 3 febbraio 2015: il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
con la Presidente della Camera, Laura Boldrini (a sinistra), e la Presidente Vicaria del Senato, Valeria Fedeli (a destra), in occasione della cerimonia di giuramento.
Ciclostilato in proprio: in alcuni commenti dopo l'elezione di Mattarella si è preso atto - non senza qualche ironia - che per concludere il ciclo ormai ventennale della cosidetta "Seconda Repubblica" il Parlamento non poteva che chiamare alla carica più alta un importante esponente della "Prima Repubblica". Al di là del paradosso, quale significato pensa si debba attribuire a questa scelta del Parlamento?
Matulli: mi pare di tutta evidenza, direi addirittura oggettiva, che questa innegabile scelta abbia reso evidente il significato della "Seconda Repubblica" come di un ventennio che ha rappresentato la crisi e non la soluzione. Dunque un periodo che non si può definire “da dimenticare” soltanto perché la storia non dimentica nessuna vicenda, ma rende evidente i danni provocati e che spetterà all’Italia di domani superare. Il ritorno ad un esponente della "Prima Repubblica" è un dato non confutabile, ma non si tratta di un esponente qualsiasi: non tutti nella "Prima Repubblica" hanno le caratteristiche di Sergio Mattarella, che certamente non ha avuto ruoli determinanti nella "Seconda Repubblica", le cui conseguenze dovrà dal suo delicato e difficile ruolo contribuire a superare. Ovviamente sarebbe impossibile interpretare questo fatto oggettivo come un ritorno alla "Prima Repubblica". Tentativo in atto da qualche epigono di allora con caratteristiche assai dissimili da quelle di Mattarella. La biografia di Mattarella è da questo punto di vista una indicazione da leggere. Non tanto per quello che riuscirà a fare nella sua funzione di Presidente, che pure avrà una straordinaria importanza. Ma soprattutto perché la sua biografia politica è sempre stata caratterizzata dal tentativo di misurarsi con la domanda nuova che la realtà in mutamento chiedeva alla politica ed al suo rinnovamento. Il contrario esatto delle scelte della "Seconda Repubblica" quando, sguazzando nella crisi, si pensò che la cosa migliore fosse affidare la rappresentanza ed il governo dell’Italia a chi non aveva esperienza e sensibilità politica. Così, anziché affrontare la crisi, si fece precipitare il Paese in una vera e propria assenza di politica, sostituita da consorterie di potere che hanno provocato tutti i guasti che potevano provocare. E’ questa la sfida che sta davanti a tutti noi, rispetto alla quale l’elezione di Mattarella apre una speranza perché rappresenta un momento, per certi aspetti sorprendente, di recupero della politica e del buon senso.

Giuseppe Matulli è stato Consigliere regionale della Toscana (1970-1975 e 1979-1987), Deputato dal 1987 al 1994; dal 1992 al 1994 è stato Sottosegretario al Ministero della Pubblica istruzione dei Governi Amato e Ciampi; dal 1995 al 2002 è stato Sindaco di Marradi, dal 2002 al 2009 Vicesindaco di Firenze. Dal 2014 è Assessore alla Promozione culturale del Comune di Scandicci.


Per saperne di più
- Sergio Mattarella (portale storico della Camera dei Deputati)
- Discorso pronunciato il 3 febbraio 2015 dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dopo il giuramento dinanzi al Parlamento in seduta comune
- Il Presidente della Repubblica nella Costituzione della Repubblica Italiana
- Sistema elettorale misto: maggioritario e proporzionale, 1994-2005 (portale storico della Camera dei Deputati)
- Legge 6 agosto 1990, n. 223 "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato" ("Legge Mammì")

Rassegna stampa
Sergio Mattarella: dalla morte di Piersanti al no sulla Mammì, una carriera con la schiena dritta, di Sebastiano Messina (la Repubblica, 29.1.2015)
- Il voto per il presidente: la scelta e lo strappo, di Massimo Franco (Corriere della Sera, 30.1.2015)
Sergio Mattarella, 35 anni di politica all'insegna della riservatezza, di Giovanni Cedrone (la Repubblica, 30.1.2015)
"Evviva i fossili!". La candidatura di Mattarella e la rivincita della Prima Repubblica secondo Gerardo Bianco, di Stefano Di Michele (Il Foglio, 30.1.2015)
- La figura di Mattarella e la democrazia ferita, di Alberto Burgio (Il Manifesto, 30.1.2015)
- Guido Bodrato: «Sergio diverso da Napolitano, più vicino a Einaudi», di Eleonora Martini (Il Manifesto, 30.1.2015)
- Bersani su Mattarella: «Sciocchezze incostituzionali non passeranno», di Aldo Cazzullo (Corriere della Sera, 31.1.2015)
«Risorgeremo, come Lazzaro». Si avvera la profezia degli ex dc, di Gian Antonio Stella (Corriere della Sera, 31.1.2015)
Mattarella, persona perbene. Ma il suo ruolo va modificato, di Angela Azzaro (Cronache del Garantista, 31.1.2015)
- Oltre i mille c’è il paese, di Norma Rangeri (Il Manifesto, 31.1.2015)
- Il faro ideale del presidente, di Giuseppe Di Lello (Il Manifesto, 31.1.2015)
- Mattarella, quegli otto colpi che cambiarono la vita tranquilla del professore, di Attilio Bolzoni (la Repubblica, 31.1.2015)
L'antisiciliano che ama i silenzi, Mattarella riscatta la politica sofferta, di Francesco Merlo (la Repubblica, 31.1.2015)
- Bindi: "Matteo, con Mattarella, mi ha fatto commuovere", di Giovanna Casadio (la Repubblica, 31.1.2015)
Buttiglione: "Non avrà il mio sì ma sarà un buon presidente", di Tommaso Ciriaco (la Repubblica, 31.1.2015)
- Campione: "Io, Sergio e il governo con gli ex del Pci", di Antonio Fraschilla (la Repubblica, 31.1.2015)
- Sergio, il maestro Elia e i paletti costituzionali, di Guido Gentili (Il Sole 24 Ore, 31.1.2015)
- Per la presidenza si apre una fase nuova, di Lina Palmerini (Il Sole 24 Ore, 31.1.2015)
Fondamentale ritorno alla normalità, di Mario Calabresi (La Stampa, 1.2.2015)
- Il presidente Mattarella non dica grazie a nessuno, di Luciano Fontana (Corriere della Sera, 1.2.2015)
- Un galantuomo al Colle: la via dritta della politica, di Ezio Mauro (la Repubblica, 1.2.2015)
- Bene Renzi e bene il pd, il presidente è quello giusto, di Eugenio Scalfari (la Repubblica, 1.2.2015)
Da Palermo al Quirinale, la lunga Quaresima dell'ex dc sopravvissuto a una doppia tragedia, di Filippo Ceccarelli (la Repubblica, 1.2.2015)
- "Dal premier scelta perfetta, ora avanti con le riforme, sbaglia chi nel Pd vuol frenare", intervista a Walter Veltroni di Goffredo De Marchis (la Repubblica, 1.2.2015)
- Non torna la prima Repubblica, di Paolo Pombeni (Il Sole 24 Ore, 1.2.2015)
Il carattere di un presidente nell’era della falce e Mattarella, di Claudio Cerasa (Il Foglio, 1.2.2015)
Renzi ha partorito il figlio di una cultura illiberale, di Piero Ostellino (il Giornale, 1.2.2015)
- Risveglio democristiano, di Marcello Mancini (La Nazione, 1.2.2015)
Mattarella presidente, Villone: “Italicum incostituzionale, capo dello Stato lo dirà”, di Silvia Truzzi (il Fatto Quotidiano, 1.2.2015)
- Mattarella, la scelta migliore, di Paolo Flores D'Arcais (MicroMega, 1.2.2015)
Sergio Mattarella: profilo privato di un uomo misurato, di Carmelo Caruso (Panorama, 1.2.2015)
Nel salotto buono degli italiani, di Cesare Martinetti (La Stampa, 2.2.2015)
I paradossi di una buona scelta, di Michele Ainis (Corriere della Sera, 2.2.2015)
- Mattarella, il regista migliore per seguire la legge elettorale, di Sabino Cassese (Corriere della Sera, 2.2.2015)
Mattarella, il Quirinale e il mondo cattolico, di Agostino Giovagnoli (la Repubblica, 2.2.2015)
Castagnetti: "Le cene con Sergio, Elia e Andreatta tra politica, calcio e don Mazzolari", di Alessandra Longo (la Repubblica, 2.2.2015)
- Per un presidente normale, di Gaetano Azzariti (Il Manifesto, 2.2.2015)
- La scommessa del Colle, di Norma Rangeri (Il Manifesto, 3.2.2015)
- Presidente, l’articolo 11, di Tommaso Di Francesco (Il Manifesto, 3.2.2015)
- Mattarella, discorso d’insediamento Tanti applausi, tutti sinceri? di Massimo Franco (Corriere della Sera, 4.2.2015)
Emozione e applausi. Il presidente che vuole parlare a tutti, di Aldo Cazzullo (Corriere della Sera, 4.2.2015)
Una figura simbolo che sa unire il paese, di Mauro Magatti (Corriere della Sera, 4.2.2015)
Semplice e autorevole, di Luigi La Spina (La Stampa, 4.2.2015)
- L'autonomia del presidente, di Stefano Folli (la Repubblica, 4.2.2015)
Il nuovo stile di Mattarella la politica della voce bassa "Sarò un arbitro imparziale", di Conchita De Gregorio (la Repubblica, 4.2.2015)
La solitudine del presidente che nel Palazzo sfida se stesso, di Filippo Ceccarelli (la Repubblica, 4.2.2015)
- Un’agenda «esigente» per sostenere la crescita, di Dino Pesole (Il Sole 24 Ore, 4.2.2015)
- Lo sguardo all'Italia che soffre, di Paolo Pombeni (Il Sole 24 Ore, 4.2.2015)
- L'attenzione per l'Italia che innova, di Sergio Fabbrini (Il Sole 24 Ore, 4.2.2015)
- Una sponda alla stabilità, di Lina Palmerini (Il Sole 24 Ore, 4.2.2015)
- Piersanti e Sergio Mattarella: un'eredità «messa a verbale», di Roberto Galullo (Il Sole 24 Ore, 4.2.2015)
- Oltre la noia c’è di più, di Claudio Cerasa (Il Foglio, 4.2.2015)
- Bordin line, di Massimo Bordin (Il Foglio, 4.2.2015)
- Mattarella non sarà la “cup of tea” di Renzi, di Luciana Castellina (Il Manifesto, 4.2.2015)
- Al Quirinale torna un cattolico senza prediche, di Renato Farina (il Giornale, 4.2.2015)
Sergio Mattarella, c’è un cattolico (vero) al Colle, di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 4.2.2015)
- L'amaca, di Michele Serra (la Repubblica, 5.2.2015)
Mattarella, presidente migliore, intervista ad Arturo Parisi di Goffredo Pistelli (Italia Oggi, 5.2.2015)
- La prova che attende il Presidente, di Ernesto Galli della Loggia (Corriere della Sera, 6.2.2015)
Tormenti pronti
 per Mattarella, di Michele Ainis (L'Espresso, 13.2.2015)
- Riforme, il potere di Mattarella, di Gianni Ferrara (Il Manifesto, 13.2.2015)

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