A cura di: Antongiulio Barbaro, Alessio Bartaloni, Amos Cecchi, Antonio Floridia, Monica Liperini,
Arnaldo Melloni, Eriberto Melloni, Massimo Migani, Mario Primicerio, Simone Siliani



Nessuno è chiamato a scegliere tra essere in Europa e essere nel Mediterraneo,
poiché l'Europa intera è nel Mediterraneo.

Aldo Moro

martedì 24 febbraio 2015

Il disarmo chimico della Siria

di Alessandro Pascolini (*)

Il 18 agosto 2014 l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) ha annunciato la completa distruzione delle armi chimiche della Repubblica Araba Siriana (RAS). Nel tragico panorama del 2014, segnato dall’aggravarsi delle relazioni internazionali in tutti i settori e dal divampare o acutizzarsi di conflitti armati in troppi paesi, il disarmo chimico della Siria rimane l’unica nota positiva.
Questo risultato non era assolutamente scontato, vista l’ambizione e complessità del programma, la sanguinosa guerra civile in corso nel paese e le tensioni fra USA e Russia. Il merito del disarmo chimico della Siria in tempi estremamente rapidi va al continuo impegno della comunità internazionale e alla tenacia e competenza dell’OPCW e del segretariato generale dell’ONU, in particolare di Sigrid Kaag, coordinatore speciale della commissione costituita allo scopo.
Specificità del disarmo chimico siriano
Il disarmo chimico della RAS è avvenuto in seguito alla sua adesione alla Convenzione sulle armi chimiche (CWC) il 14 settembre 2013 in un momento di massima tensione internazionale a causa dell’accertato impiego di armi chimiche nel paese.
L’accessione della RAS alla CWC è dovuta all’accordo fra Russia e USA, che ha fissato eccezionali modalità per il piano di disarmo e ha quindi richiesto due passaggi formali: il recepimento da parte del Consiglio esecutivo (EC) dell’OPCW e la conferma del Consiglio di sicurezza (UNSC) dell’ONU (entrambi il 27 settembre).
I principali punti peculiari del piano sono:
- il completamento in tempi rapidi (entro giugno 2014), invece delle scadenze pluriennali della CWC,
- l’impegno della RAS al rispetto immediato delle condizioni previste dalla CWC, anche prima della sua accessione formale (24 ottobre),
- la possibilità di ispezioni ovunque in Siria ancora più rigorose delle “ispezioni su sfida” previste dalla CWC,
- l’informazione immediata dei dati raccolti e sullo svolgimento del piano a tutte le parti della CWC,
- l’inclusione nel piano anche dei centri di ricerca e sviluppo, strutture di cui la CWC non prevede la distruzione,
- la creazione di una commissione congiunta OPCW e ONU per sovrintendere all’operazione, mentre la CWC affida il controllo del disarmo chimico all’OPCW,
- un processo “ibrido”da svolgersi sia in Siria che all’estero, mentre la CWC impone che il disarmo avvenga completamente nel paese interessato,
- l’eliminazione in Siria di sostanze chimiche duali anche di ampio uso civile, di cui prima non era mai stata chiesta la distruzione,
- la distruzione di tutti gli impianti, mentre la CWC consente la loro conversione per scopi civili,
- la costituzione di un fondo fiduciario speciale, mentre per la CWC tutti i costi devono essere a carico del paese che disarma.
Va inoltre osservato che la Russia e gli USA hanno continuato a svolgere un ruolo attivo, inusitato e senza precedenti, nel processo di disarmo.
Il “processo ibrido” è certamente il punto più delicato, andando contro lo stesso primo articolo della CWC; era tuttavia chiaramente evidente che una rapida e sicura distruzione delle armi chimiche siriane era incompatibile con la complessa situazione di guerra civile in corso e che l’esplicita avversione degli insorti all’accordo di disarmo, considerato una legittimazione del regime di al-Assad, avrebbe concentrato azioni ostili alla sua realizzazione, esponendo il personale ispettivo e gli operatori a rischi estremi.
I vari aspetti non convenzionali del piano siriano presentano anche delicati risvolti di tipo legale, in particolare per le questioni di proprietà e responsabilità dei materiali in Siria e nelle fasi di trasporto e di trattamento fuori del paese
Le armi chimiche dichiarate
Il logo dell'Organizzazione per
la proibizione 
delle armi chimiche
(OPCW).
La Siria presentò all’OPCW subito (19 settembre, 4 e 23 ottobre 2013) informazioni dettagliate sulle proprie armi chimiche, includenti nomi, tipi e quantità degli agenti, tipologie di munizionamento, ubicazione delle strutture di immagazzinamento, produzione, ricerca e sviluppo, rese note dal Direttore-generale (D-G) dell’OPCW  il 25 ottobre 2013:
• 18 impianti di produzione o di riempimento e miscelazione,
• 12 strutture di immagazzinamento,
• 8 unità mobili di riempimento,
• 3 strutture collegate (siti di test, controllo e laboratori di ricerca),
• 1230 munizioni per agenti tossici non riempite,
• 1308 t di agenti chimici (1047 t fra agenti e precursori e 261 t di materiale grezzo).
Gli agenti chimici dichiarati:
• acido cloridrico,
• iprite,
• precursori di sarin (isopropanolo e agente DF),
• precursori di agenti nervini VX e VM.
L’iprite e i precursori del sarin e dei VX e VM sono classificati di massima pericolosità (categoria 1), le altre sostanze di categoria 2. Il materiale grezzo comprende sostanze organiche e inorganiche utilizzabili nella produzione di precursori.
La dichiarazione conferma l’ampiezza e l‘articolazione dell’armamento chimico siriano, la capacità di produzione indigena e l’effettiva militarizzazione operativa.
La situazione eccezionale della Siria ha imposto un continuo aggiornamento dell’inventario delle strutture e del materiale siriano; in particolare il 14 luglio 2014 fu reso noto anche un impianto per tossina ricino, precedentemente distrutto. Il processo per arrivare a un inventario definitivo è tuttora in corso.
L’iprite o gas-mostarda è un agente vescicante (attacca i tessuti organici) estremamente efficace; è stata impiegata largamente nella prima guerra mondiale su tutti i fronti, e, successivamente, in guerre “coloniali”, in particolare dall’Italia in Libia e Abissinia, dall’Egitto in Yemen e dall'Iraq contro l'Iran e contro ribelli curdi e shi’iti.
Il sarin il VM e il VX appartengono alla classe dei gas nervini, le armi chimiche più letali: una goccia di sarin sulla pelle può già causare la morte di un individuo e gli agenti V sono ancora 20 volte più tossici se inalati e 1.000 volte se assorbiti per via cutanea. Il fatto che la RAS non abbia dichiarato agenti nervini operativi, ma solo precursori è coerente con le proprietà di tali agenti, che sono chimicamente aggressivi e possono sia corrodere i contenitori che reagire con impurità e degradarsi, rendendo pericolosi e delicati il loro immagazzinamento e trasporto. Questi problemi vennero risolti negli anni ’70 individuando per ogni agente una coppia di sostanze chimiche, i precursori, che creano i gas nervini per mescolamento in presenza di un opportuno catalizzatore, un’operazione che non richiede impianti complessi o condizioni particolari di temperatura o pressione, possibile anche con unità mobili immediatamente prima dell’impiego.
I precursori presentano molteplici vantaggi di sicurezza e conservazione e trattamento: la loro tossicità è estremamente più bassa dell’agente nervino, sono chimicamente stabili e non corrosivi e molto più semplici da distruggere una volta obsoleti.
Tecnologie di distruzione delle armi chimiche
Gli imponenti e cogenti programmi di distruzione di armamenti chimici alla fine delle due guerre mondiali si sono largamente basati su metodi bruti e spicci, quali l’interramento, lo scarico in bacini d’acqua e la combustione o deflagrazione a cielo aperto, pratiche pericolose, rischiose per la salute e dannose per l’ambiente e attualmente proibite dalla CWC.
Le tecnologie mature per la distruzione si basano su tecniche ad alta temperatura, la principale essendo l’incenerimento dato che gli agenti chimici sono combustibili, ovvero su tecniche a bassa temperatura, essenzialmente l’idrolisi, ossia la scissione delle molecole originarie in frammenti più piccoli, in acqua o per reazione con opportuni reagenti chimici, seguita da post-trattamento dei reflui.
L’incenerimento è il metodo più diretto e veloce, non implicando reazioni chimiche; gli agenti in fase liquida vengono trattati in due tempi: dopo una prima combustione a circa 1.500°C e una post-combustione a circa 1.100°C oltre il 99% del materiale viene distrutto, e si raggiunge una completa mineralizzazione dei composti organici.
La neutralizzazione mediante idrolisi consiste nel trattamento degli agenti con acqua calda o idrossidi alcalini, a seconda dei casi; gli effluenti possono richiedere un secondo ciclo di degradazione mediante biodegradazione, ossidazione acquosa supercritica o trattamento con sali d’argento in acido nitrico, ovvero incenerimento.
Fortunatamente, nel caso siriano il problema è fortemente semplificato dal fatto che non vi sono armi complete e solo l’iprite è in forma definitiva, mentre dei gas nervini vi sono solo i precursori.
Va osservato che la distruzione degli agenti è solo una parte del processo di disarmo chimico: occorre anche eliminare o convertire gli impianti di produzione e, per quanto riguarda le forze armate, dissolvere i reparti militari specifici, con le relative strutture operative e attrezzature, e, a livello superiore, eliminare la guerra chimica dalla dottrina e strategia militari.
Nel caso della RAS, l’isopropanolo è stato eliminato in loco mediante incenerimento; con lo stesso metodo sono state distrutte le sostanze trattabili con impianti commerciali ordinari: i precursori dei VX e VM e le sostanze di categoria 2; invece per gli agenti più pericolosi, l’iprite e l’agente DF, si è fatto ricorso all’idrolisi a bordo di una nave trasformata in impianto chimico, che ha operato in mare aperto; attualmente si sta completando l’eliminazione dei reflui dell’idrolisi per incenerimento in impianti per scorie industriali.
Dopo le prime denunce di impiego di armi chimiche in Siria gli USA decisero di sviluppare piattaforme semi-mobili per la distruzione di agenti chimici e a giugno 2013 venne prodotto un prototipo (Field Deployable Hydrolysis Sistem - FDHS) per il trattamento completo e a ciclo continuo di agenti chimici sul campo. L’FDHS opera mediante idrolisi e reagenti in fase liquida con un reattore in titanio, utilizzando come catalizzatori l'idrossido oppure l'ipoclorito di sodio. Ogni reattore può trattare da 5 a 15 t di agenti al giorno, a seconda dei materiali, con un’efficienza dichiarata del 99,9%, generando effluvi a basso rischio, inceneribili in impianti commerciali.
Il reattore al titanio dell’FDHS, a sinistra, e particolare della colonna di reazione, a destra
 (foto del US Department of Defence).
Verificata la tecnologia a terra, gli USA decisero di renderla operativa anche in mare aperto, attrezzando con due FDHS la nave appoggio Cape Ray. La nave prevedeva oltre agli impianti FDHS anche l’immagazzinamento completo dei necessari reagenti, degli agenti tossici da trattare e degli effluenti, ogni sostanza conservata secondo le specifiche norme di sicurezza previste per trasporti internazionali, evitando ogni emissione in atmosfera o in mare.
Varie soluzioni operative garantivano la sicurezza delle operazioni: il trattamento di sole sostanze liquide o solide, senza esplosivi o propellenti; l’uso per l’energia necessaria di quella generata dalla nave, evitando i rischi legati a generatori indipendenti; spostamenti di materiale solo nel ponte operativo, essenzialmente per immettere negli FDHS gli agenti, ricorrendo a un elaborato sistema di tubature per il flusso autonomo dei reagenti e degli effluenti; monitoraggio del processo via video nel centro di comando.
Il piano di disarmo
L’EC il 27 settembre 2013 e il Segretario generale (S-G) dell’ONU l’11 ottobre definirono struttura e compiti della missione congiunta delle due istituzioni (OPCW-UN Joint Mission in Syria - JMIS), articolandone gli obiettivi in tre fasi:
- prima fase, da realizzare immediatamente: costituzione delle basi operative, verifiche iniziali e pianificazione delle operazioni di distruzione,
- seconda fase, da concludere per il 1° novembre: rendere inutilizzabili gli impianti di produzione, miscelazione e riempimento,
- fase finale, da completare entro il 30 giugno 2014: assistenza tecnica e supervisione della distruzione totale delle armi chimiche della RAS.
Sulla base dei lavori di un Operational Planning Group, il 15 novembre l’EC fissò precise scadenze temporali:
• per le operazioni da compiersi in Siria:
- 15 dicembre per la distruzione delle unità/sistemi di riempimento e miscelazione mobili e fisse
- 31 dicembre per la rimozione dalla Siria dell’iprite e dei precursori dei gas nervini
- 15 gennaio 2014 per la distruzione delle strutture di produzione di agenti e precursori,
- 31 gennaio per la distruzione delle munizioni non riempite,
- 5 febbraio per la rimozione dalla Siria delle altre sostanze (isopropoanolo escluso),
- 15 febbraio per la distruzione delle strutture fisiche degli impianti,
- 1° marzo per la distruzione dell’isopropanolo, dell’iprite residua nei recipienti in cui la sostanza era contenuta e delle strutture per la produzione di altre sostanze;
• per le operazioni da compiersi fuori dal territorio siriano:
- 31 marzo 2014 per la distruzione dell’iprite e dei precursori,
- 30 giugno per la distruzione degli altri materiali.
Il programma con le sue scadenze temporali ravvicinate era chiaramente ambizioso, tenuto anche conto della situazione in Siria e della sua assoluta novità e complessità, ma esprimeva l’urgenza sentita dalla comunità internazionale sia di prevenire possibili ulteriori impieghi di armi chimiche, sia di realizzare il disarmo chimico siriano prima che la guerra civile potesse avere degli imprevedibili sviluppi che avrebbero potuto renderlo impossibile. Di fatto sia l’ONU che l’OPCW seppero rispettare gli impegni fissati, Russia e USA mantennero alta la priorità data al programma di disarmo chimico siriano, continuando a collaborare a questo obiettivo anche dopo le tensioni sulla questione ucraina, e molti paesi si impegnarono in varie forme a sostenere l’operazione.
A seguito di consultazioni del D-G con la RAS e vari paesi si definirono i passi cruciali per lo svolgimento del piano: individuata Lakatia come porto ove concentrare i materiali da trattare fuori dal paese, la RAS si impegnò all’imballaggio dei materiali secondo le norme internazionali di sicurezza e al trasporto dai 12 depositi a Lakatia, anche con materiali e risorse forniti da Russia e USA; la Danimarca e la Norvegia offrirono navi e scorta militare per il trasporto da Latakia ai punti di distruzione, mentre Cina, Russia e UK schierarono ulteriori forze navali a protezione; l’OPCW aprì il bando a compagnie commerciali per il trattamento di parte dei precursori e delle altre sostanze, e di circa 5900 m3 di effluenti, nonché dei loro contenitori (circa 4000 pezzi), per un costo stimato fra 25 e 30 milioni di euro.
Venne, soprattutto, risolto il nodo cruciale delle sedi e del metodo per il trattamento dell’iprite e dei precursori degli agenti nervini: accolta (28 novembre) la proposta americana per il trattamento di iprite e del precursore DF in mare aperto, il governo italiano mise a disposizione un porto attrezzato per il trasferimento degli agenti dalla nave danese a quella americana; dei rimanenti agenti di categoria 1, il Regno Unito e la Finlandia si impegnarono a incenerire i precursori del VX e VM.
Per l’incenerimento dei materiali di categoria 2 furono selezionate una società americana per le sostanze inorganiche e una finlandese per quelle organiche; per il trattamento degli effluenti la Finlandia si fece carico di quelli del DF e dei residui solidi (circa 6000 t) e la Germania di quelli dell’iprite (circa 400 t).
La missione congiunta e le prime fasi del piano
New York, 16 ottobre 2013: la conferenza stampa di presentazione delle
operazioni per il disarmo chimico della Siria coordinate da
Sigrid Kaag (a sinistra), su incarico dell'Organizzazione per la proibizione delle
armi chimiche e delle Nazioni unite (a destra il Segretario generale Ban Ki-moon).
La missione congiunta (JMIS) emerse come compromesso fra ONU e OPCW sulla base di uno specifico accordo, il quale prevedeva che l’ONU fornisse supporto all’organizzazione generale, curasse i contatti politici con la RAS, i gruppi d’opposizione e la comunità internazionale, assicurasse le condizioni di sicurezza degli ispettori, si facesse carico della logistica, delle comunicazioni e dell’amministrazione e si occupasse di informare le parti interessate, mentre l’OPCW ispezionasse le armi e le strutture chimiche e ne pianificasse e controllasse la distruzione. Un problema cruciale è stata la sicurezza della missione, che dovette operare nel mezzo dei combattimenti indiscriminati in corso, in ambienti in cui la linea di fuoco si modificava continuamente.
La JMIS venne costituita formalmente il 16 ottobre 2013, con il vice-segretario generale dell’ONU Sigrid Kaag come coordinatore speciale. Il 21 ottobre la Kaag costituì la base logistica di Damasco e ottenne l’impegno a collaborare dal governo siriano. Uno dei suoi impegni principali è stato appunto il mantenimento dei contatti con tutte le parti coinvolte, in particolare l’UNSC e l’EC, con continue consultazioni con il S-G e il D-G, la RAS e rappresentanti all’estero dei ribelli, la Russia e gli USA e i paesi coinvolti in varie forme nel disarmo o finanziatori della missione.
Nella JMIS confluì il personale OPCW e ONU già operativo in Siria; il 1° ottobre un primo gruppo di 19 ispettori OPCW col supporto di 16 funzionari ONU arrivò a Damasco con il compito di verificare le informazione fornite dalla RAS, definire un piano di attività e certificare la distruzione delle attrezzature critiche dei laboratori di produzione degli agenti chimici.
Dato il perdurare del conflitto, la missione mantenne in Siria, a Damasco e quindi anche a Latakia, la presenza del solo personale strettamente necessario per specifiche operazioni, creando una base di preparazione e di supporto organizzativo, logistico e di addestramento a Nicosia (Cipro); ispettori della missione hanno anche operato a bordo delle navi a verificare la regolarità dei trasporti e delle consegne e negli impianti di trattamento delle sostanze. Nella prima fase furono impegnati 26 esperti OPCW e 50 persone dell’ONU, le forze della missione variando in numero e competenze a seconda degli impegni, per un centinaio di persone.
Entro il 2013 gli obiettivi delle prime fasi della missione erano stati sostanzialmente raggiunti, con l’ispezione delle strutture, la distruzione funzionale di tutti gli strumenti di produzione e riempimento, eliminando così la possibilità di nuove armi, la distruzione di tutti i proiettili non riempiti e delle unità mobili di riempimento.
La rimozione degli agenti chimici
Uno degli obiettivi cruciali del piano di disarmo prevedeva la rimozione in tempi brevissimi degli agenti tossici e dei precursori dal suolo siriano.
Per il trasporto degli agenti chimici siriani da Latakia alle sedi di trattamento, in dicembre erano giunte a Limassol (Cipro) le navi mercantili Ark Futura (danese) e Taiko (norvegese), rimaste poi, in attesa di completare il carico, in acque internazionali con la protezione di navi militari di Norvegia, Danimarca, Inghilterra, Russia e Cina.
 Il convoglio con le navi mercantili e parte della scorta militare in navigazione nel Mediterraneo (fonte Royal Navy).
A fronte dello sforzo internazionale, difficoltà tecniche, problemi meteorologici e soprattutto l’intensificarsi dei combattimenti hanno reso impossibile il rispetto delle scadenze previste per la consegna alle navi delle sostanze da trattare.
Il primo modesto trasporto di circa 20 t venne effettuato il 7 gennaio 2014, seguito da circa 20 t di materiale di priorità 2 il 27 gennaio e un terzo il 10 febbraio; il 13 febbraio 2014 la RAS informò la JMIS di aver distrutto il 93,1% dell’isopropanolo e l’87% dei contenitori svuotati di iprite, il rimanente materiale trovandosi in siti irraggiungibili per motivi di sicurezza. A marzo 2014 la RAS accelerò le spedizioni con 8 consegne, portando al 34,8% la frazione di agenti trasferiti di priorità 1 e all’80,6% di priorità 2; al 25 aprile si sono totalizzate 18 consegne, portando la frazione di agenti rimossi al 96,45 % di priorità 1 e 81,09% di priorità 2. Inoltre era stato completato il trattamento dei contenitori di iprite svuotati e anche la predisposizione della demolizione degli impianti aveva fatto progressi.
La nave mercantile Ark Futura ormeggiata
nel porto di Gioa Tauro.
La situazione militare precipitò alla fine di aprile, con l’occupazione da parte di gruppi di opposizione armata dell’area attorno all’ultimo deposito di agenti chimici, rendendolo inaccessibile. Il giorno 8 giugno 2014 la Taiko partì per consegnare il suo carico di agenti di priorità 2 in Finlandia e negli USA, lasciando all’altra nave di raccogliere il rimanente materiale. Finalmente, dopo ulteriori solleciti del D-G e del S-G, la RAS provvide il 22 giugno 2014 alla consegna dell’ultimo carico per la Ark Futura, che il 23 giugno lasciò definitivamente Latakia per raggiungere la Cape Ray nel porto di Gioia Tauro. Questa data segna la definitiva rimozione delle armi chimiche dalla Siria, una tappa fondamentale verso il suo disarmo, purtroppo avvenuta con oltre 4 mesi di ritardo sul piano previsto.
Le operazioni di distruzione
La Cape Ray era partita dagli USA il 27 gennaio 2014 per la base navale americana di Rota (Spagna), ove rimase in attesa del completamento delle consegne degli agenti chimici siriani, che dovevano essere caricati tutti in un’unica operazione; le operazioni di distruzione erano stimate richiedere fra 45 e 60 giorni in condizioni meteorologiche favorevoli. Per ovvi motivi formali e di sicurezza, le operazioni erano previste svolgersi in acque internazionali sotto la protezione di una squadra aereonavale militare di vari paesi.
Fra il 1° e il 2 luglio 2014 si completò il trasbordo dalla Ark Futura alla Cape Ray nel porto di Gioia Tauro di 78 container per un totale di circa 600 t di agenti. La Ark Futura procedette quindi verso l’Inghilterra e la Finlandia a scaricare il resto del carico per gli impianti di incenerimento. Il 9 luglio iniziarono le operazioni di neutralizzazione sulla Cape Ray in acque internazionali, proseguite con entrambe le unità FHDS, lavorando con più turni 24 ore al giorno per 6 giorni la settimana, lasciando il settimo per manutenzione. Fortunatamente le condizioni atmosferiche rimasero favorevoli e il mare calmo per tutto il tempo permettendo il completamento dei processi di idrolisi il 17 agosto, in soli 42 giorni. Concluso il trattamento, la Cape Ray si diresse agli impianti di smaltimento degli effluenti in Finlandia e Germania, per poi rientrare a Portsmouth il 17 settembre.
Al 26 settembre 2014 il D-G annunciò la completa distruzione degli agenti di priorità 1, dell’87,8% di quelli di priorità 2 e del 4,5% degli effluenti; raggiunti questi obiettivi, la missione congiunta venne chiusa il 30 settembre; i problemi ancora aperti, in particolare il completamento delle informazioni sul programma chimico militare della RAS e le operazioni di distruzione degli impianti ancora rimanenti rientrano nelle competenze previste dalla CWC per l’OPCW e vengono attualmente affrontati secondo le usuali procedure.
Sezione longitudinale della MV Cape Ray e schema delle operazioni a bordo (fonte US Department of Defence).
Osservazioni finali
È impossibile sopravvalutare l’importanza a livello locale e a livello globale del rapido disarmo chimico della Siria nella difficilissima situazione ambientale:
- sono state eliminate le armi chimiche con i loro impianti di produzione, assicurando che non si possano ripetere attacchi contro la popolazione,
- è stato rafforzato il tabù universale di rigetto delle armi chimiche e del loro impiego,
- si è rafforzato a livello internazionale il ruolo dell’OPCW e dell’ONU, dimostrando quanto siano cruciali gli approcci multilaterali al disarmo e l’importanza dei trattati formali legalmente vincolanti,
- si è rinnovata attenzione alla necessità di rendere universale la CWC, in particolare nel Medio Oriente, anche per favorire il processo per una zona priva di armi di distruzione di massa,
- si è prevenuta la caduta di armi o impianti chimici nelle mani del sedicente Stato islamico dell’Iraq e del Levante ISIL/DAESH, che ha dimostrato di non esitare di fronte all’uso di agenti chimici nella sua campagna in Iraq e Siria.
Il successo delle missioni in Siria (quella d’indagine sugli impieghi nel 2013 e quella sul disarmo nel 2014) dimostra che sono possibili tempestive operazioni internazionali di controllo degli armamenti e di violazione dei trattati anche in condizioni di conflitto.
Dal punto di vista tecnico, si è dimostrata l’efficacia e sicurezza del trattamento degli agenti chimici bellici anche in mare aperto, una tecnologia che può risultare utile anche in altri contesti.
Non va tuttavia dimenticato che il disarmo chimico della Siria è stato possibile solo dalla concorde volontà di tutta la comunità internazionale a perseguirlo fino in fondo, dimenticando anche interessi di singoli paesi e superando attriti, anche gravi, su altre tematiche dei rapporti fra stati. È stato un importante segno di come buona volontà e diplomazia “creativa” possano produrre grandi risultati anche in condizioni estremamente difficili. Purtroppo una simile convergenza di intenti non si è potuta realizzare su azioni per la cessazione della guerra civile, che non solo continua ma sembra ulteriormente aggravarsi senza prospettive di soluzione all’orizzonte.

* Alessandro Pascolini è Professore associato di Fisica teorica presso l'Università d Padova, dove svolge anche il corso di Scienze per la Pace e dirige il Master in comunicazione delle scienze. Nel 1986 ha partecipato alla fondazione di ISODARCO, l'associazione che organizza le "International Schools on Disarmament and Research on Conflicts", di cui attualmente è Vicepresidente.


Per saperne di più
- Il disarmo chimico della Siria (5 gennaio 2015) [versione estesa del presente articolo]
- La missione congiunta UN-OPCW per l'eliminazione delle armi chimiche della Repubblica Araba Siriana (JMIS)
- Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW): Syria and the OPCW
- La MV Cape Ray che ha completato la rimozione e distruzione delle armi chimiche siriane
- La Convenzione sulle armi chimiche (CWC), cui aderiscono 190 Stati (stato delle adesioni al 14.10.2013)
- ISODARCO ("International School on Disarmament and Research on Conflicts")

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