A cura di: Antongiulio Barbaro, Alessio Bartaloni, Amos Cecchi, Antonio Floridia, Monica Liperini,
Arnaldo Melloni, Eriberto Melloni, Massimo Migani, Mario Primicerio, Simone Siliani



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Aldo Moro

lunedì 17 marzo 2014

I quattro limiti dell'Italicum e il «modello toscano»

di Antonio Floridia (L'Unità, 3 febbraio 2014)

Il confronto sulla proposta di riforma elettorale soffre di una certa unilateralità: prevalgono infatti riflessioni di natura giuridica e costituzionale, mentre appaiono decisamente più rari gli approcci di natura politologica. Ma un sistema elettorale non è solo un meccanismo che traduce i voti in seggi: è anche un sistema di regole che crea vincoli e opportunità per gli attori politici, che condiziona le loro strategie e agisce anche sui comportamenti degli elettori. Una domanda, dunque, che occorre farsi è la seguente: il cosiddetto «italicum», che tipo di conseguenze potrà avere sul sistema politico italiano? Vorrei qui proporre (a titolo personale) alcune osservazioni e richiamare alcuni aspetti forse non del tutto ben considerati fino ad oggi.

1) Il vero punto critico della riforma non è l'assenza del voto di preferenza: le ragioni che fanno di gran lunga preferire i collegi uninominali e anche le liste bloccate «corte» sono ben note. Ciò che davvero non convince è il sistema complessivo delle soglie che viene disegnato. Va ricordato che i voti delle liste di una coalizione che rimangono sotto la soglia del 4,5% sono pienamente computati ai fini del voto complessivo della coalizione stessa. A parte le possibili incongruenze e «irragionevolezze» che sono state da più parti segnalate (esempio, una coalizione vincente al 38%, con un partito al 30% e due liste al 4%: 340 seggi vanno tutti e solo al primo partito), va rilevato un aspetto di non minore importanza. Con questo meccanismo, infatti, ci sarà sempre - esattamente come accadeva con la legge Calderoli - l'incentivo a comporre coalizioni onni-comprensive, ad aggregare liste e listerelle (i cui capi, naturalmente, saranno "compensati" in altro modo, come candidati nelle liste maggiori o nei posti di governo). Questo incentivo appare tanto più potente, tanto più appare troppo bassa la soglia del 37% fissata per evitare il ballottaggio: prevarrà ovviamente una strategia tendente a vincere «al primo colpo». Con ciò, la frammentazione non si ridurrà e i famigerati «ricatti» dei partiti minori non saranno evitati ed anzi si eserciteranno già nella fase di composizione della coalizione. Nessuno farà il «portatore d'acqua» gratis. Se l'esito delle prossime elezioni resta incerto, prevarrà lo scenario del 2006: 13 liste dell'Unione e 12 della CdL, con le conseguenze che poi abbiamo visto.

2) Altrettanto «irragionevole», politicamente, è la scelta di aver alzato in modo abnorme (8%) la soglia per le liste non coalizzate. Si può facilmente prevedere un effetto di questa misura: gli elettori che rifiutano le due coalizioni maggiori saranno indotti a scegliere l'unica altra lista in grado di superare l'8%....e, allo stato, questa è quella del M5S. Si rischia davvero di «fare un regalo» a Grillo e di ottenere l'opposto di quanto ci si propone: l'idea di «forzare» oltre misura un bipolarismo che non esiste nella società e nella cultura politica degli italiani, potrebbe portare ad un bipolarismo di minoranza (se consideriamo gli astenuti e i voti degli elettori che rifiuteranno le due coalizioni maggiori). Con effetti gravissimi di delegittimazione sull'intero assetto politico e istituzionale della democrazia italiana.

3) Per evitare questi possibili effetti perversi è possibile una contro-misura: una soglia al 3% o al 4% per tutti, ma prevedendo che le liste sotto questa soglia non contribuiscano alla cifra complessiva di una coalizione: in questo modo, i partiti maggiori potranno scegliere politicamente alleanze solo con forze minori che abbiano una certa consistenza.

4) Mi fa molto piacere, infine, che venga evocato il «modello toscano» di primarie regolate da una legge (specie dopo che, a lungo, questo modello è stato sottovalutato e talvolta anche irriso): ma il buonsenso vorrebbe che si facesse tesoro delle esperienze concrete. E l'esperienza toscana ci dice due cose: il modello legislativo e organizzativo si è rivelato efficace, molto meno l'uso che ne ha fatto il sistema politico. Nelle due occasioni in cui la legge toscana è stata applicata, si sono avvalsi delle primarie pubbliche «facoltative» solo due liste (nel 2005 i DS e una lista locale; nel 2010 il PD e SEL). E questo dato pesa: non si possono ragionevolmente giustificare i notevoli costi che comportano primarie «pubbliche» se poi il ricorso a questo strumento è così limitato. Per questo, il «modello toscano» rimane certo valido; ma, inevitabilmente, se ne potrà riparlare solo quando, con una legge sui partiti nello spirito dell'art. 49 della Costituzione, le primarie (o altre forme di selezione democratica delle candidature) saranno rese obbligatorie.

Antonio Floridia è Responsabile dell'Ufficio e dell'Osservatorio elettorale della Regione Toscana; dal 7 marzo 2014 è Presidente della Società Italiana Studi Elettorali (SISE)

Per saperne di più:
> testo della nuova legge elettorale, "Italicum" (approvata dalla Camera dei Deputati il 12 marzo 2014, dal 17 marzo 2014 all'esame del Senato della Repubblica)
> Società Italiana di Studi Elettorali (SISE)
> il seminario dell'8 marzo 2014 promosso dalla SISE sulla riforma della legge elettorale: programma, audio completo
> Osservatorio elettorale della Regione Toscana
> leggi della Regione Toscana: legge elettorale (LR n. 25/2004), primarie (LR n. 70/2004)

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