A cura di: Antongiulio Barbaro, Alessio Bartaloni, Amos Cecchi, Antonio Floridia, Monica Liperini,
Arnaldo Melloni, Eriberto Melloni, Massimo Migani, Mario Primicerio, Simone Siliani



Nessuno è chiamato a scegliere tra essere in Europa e essere nel Mediterraneo,
poiché l'Europa intera è nel Mediterraneo.

Aldo Moro

giovedì 26 giugno 2014

"Quando c'era Berlinguer"

di Cristina Bevilacqua

Ho visto il film di Walter Veltroni “Quando c’era Berlinguer” e mi è piaciuto. Ci racconta la storia di un protagonista della storia politica italiana, in modo intenso, emozionante e originale, che sollecita memoria e cultura. E’ un documentario non retorico, che fa un ritratto moderno, accorato e prezioso di Enrico Berlinguer.

Subito il regista va al nocciolo del problema: che cos’è stato Berlinguer per il PCI e per la storia del nostro Paese? Il film inizia in modo durissimo, così come tristissima e commovente è la parte finale.
Una serie di interviste, ci mostrano come molti, a trenta anni dalla sua morte, non abbiano idea di chi sia: risposte strampalate, di chi cerca di indovinare come se si trattasse di un quiz. Evidenziano una gran confusione, che ci rende consapevoli del fatto che non esiste una coscienza politica senza la memoria del passato. E che per evitare il peggio, è necessario alimentare la conoscenza e la consapevolezza, senza dare mai niente per scontato.

Il manifesto ufficiale del film.
Il film racconta 10 anni cruciali della storia d’Italia (dalla vittoria al referendum sul divorzio del maggio 1974 alla sua morte, l’11 giugno 1984) e come, con idee originali e innovazioni profondissime e con il suo modo di essere - schivo, profondo, limpido e coraggioso -  Berlinguer era riuscito, nel piena della guerra fredda, a portare ai suoi massimi storici il Partito comunista, votato da un italiano su tre (34,4% alle elezioni politiche del 1976 con 12.614.650 voti).

Roma, piazza S. Giovanni. Si festeggia la vittoria del referendum sul divorzio: 59,26% al no, 40,74% al sì. Per la prima volta in Italia, le donne erano state protagoniste decisive di una battaglia di rinnovamento, in un autentico passaggio d’epoca che Berlinguer non tardò a cogliere. Il movimento delle donne è un grande e peculiare soggetto di cambiamento che obbliga a ripensare la politica, il rapporto tra pubblico e privato, la concezione della famiglia, del lavoro, del modello di sviluppo.

Il cuore del film è proprio qui: per raccontare Berlinguer serve raccontare la politica, quella che illumina gli occhi e i pensieri, che costruisce speranza, che esalta le passioni, che cambia la vita ed il mondo.
Veltroni sceglie con cura il materiale di repertorio, dalle foto dell’infanzia alle straordinarie tribune politiche degli anni ’70 e ai comizi dei primi anni ‘80, a cui aggiunge molte interviste a compagni di partito (Aldo Tortorella, Giorgio Napolitano, Emanuele Macaluso, un commovente quasi centenario Pietro Ingrao).
Nel mostrare la vita di Berlinguer c’è la narrazione di come cambiano l’Italia ed il Partito comunista: nel 1977 a Mosca pronuncia il discorso dello strappo dall’URSS: “L’esperienza compiuta, ci ha portato alla conclusione che la democrazia è oggi non soltanto il terreno su cui l’avversario di classe è costretto a retrocedere, ma anche il valore storicamente universale sul quale fondare una società socialista”, disse Berlinguer in una sala enorme gremita di delegati, che il regista ci fa vedere nel film prima vuota e poi piena.

Berlinguer è l’uomo del dialogo con i cattolici (prezioso il carteggio con monsignor Luigi Bettazzi, intervistato nel film) e del cosiddetto “compromesso storico”. Nell’autunno del 1973, Berlinguer propone con tre articoli su “Rinascita” la sua analisi della società moderna partendo dal colpo di Stato in Cile, che ha mostrato a cosa può andare incontro una democrazia fragile. Nel terzo articolo, la frase di chiusura segna un’epoca: “La gravità dei problemi del paese, le minacce sempre incombenti di avventure reazionarie e la necessità di aprire finalmente alla nazione una sicura via di sviluppo economico, di rinnovamento sociale e progresso democratico rendono sempre più urgente e maturo che si giunga a quello che può essere definito un nuovo grande compromesso storico tra le forze che raccolgono e rappresentano la grande maggioranza del popolo italiano”. Dove “nuovo” ha il senso preciso di un rinvio all’altro grande compromesso storico, quello fra comunisti, socialisti, azionisti e cattolici che negli anni Quaranta era stato alla base della Resistenza, della rivoluzione antifascista, della ricostruzione e aveva prodotto una Costituzione tra le più avanzate dell’Occidente. 
Parte il dialogo con la DC, si va verso un governo sostenuto dai comunisti che non vedrà la luce grazie al rapimento di Aldo Moro, il giorno in cui si sarebbe dovuto votare in parlamento. Un governo, come racconta Claudio Signorile nel film, che di lì a qualche mese avrebbe dovuto vedere ministri comunisti. Con la morte di Moro, il 9 maggio 1978, finisce di fatto il compromesso storico, non ancora iniziato. In Parlamento, per la prima volta c’è un presidente della Camera comunista, Pietro Ingrao, e nasce un governo monocolore DC presieduto da Giulio Andreotti, quello della “non fiducia”.
Nella seconda metà del 1975 la P2 muta strategia e fine: non più il rovesciamento del sistema tramite colpo di stato, ma la penetrazione nelle istituzioni per dirigerle, illuminante in questo senso “Il piano di rinascita democratica”. Di colpo le stragi nere mutano, per cinque anni il campo sarà tenuto solo dal terrorismo rosso. Ha inizio una delle storie più oscure e misteriose del nostro paese, quella delle BR. Una delle sue ragioni è battere il compromesso storico, come spiega Alberto Franceschini nel film.

Tante le testimonianze e i ricordi, amalgamati dalle musiche originali di Danilo Rea, da un brano inedito di Gino Paoli, e dalle voci di Toni Servillo e Sergio Rubini che legge uno straordinario brano di Pier Paolo Pasolini mentre si vede l’artista sulle dune di Sabaudia.

C’è poi Berlinguer davanti ai cancelli della Fiat a Torino a fianco degli operai nell’autunno 1980, dell’eurocomunismo lanciato con Georges Marchais e Santiago Carrillo nel 1977, dell’internazionalismo: “Nessuna politica è valida, nessun avanzamento e rinnovamento è possibile in Occidente se non contiene in sé la soluzione dei problemi del Terzo e Quarto mondo”, del superamento dei blocchi, della battaglia contro i missile targati USA e URSS.
Il 13 dicembre del 1981 Enrico Berlinguer è ospite di Tribuna Politica, dice: “Si è esaurita la forza propulsiva della rivoluzione d’ottobre”. A questa si aggiunge quella pronunciata dallo stesso segretario del PCI alla vigilia delle elezioni politiche del 1976, secondo la quale sarebbe stato preferibile che l’Italia restasse sotto l’ombrello della NATO, non solo per non sconvolgere gli equilibri internazionali, ma anche perché ciò avrebbe meglio tutelato l’autonomia del PCI ed il tentativo di costruire una “via italiana al socialismo”.

Una delle cose più belle del film è la scaletta di argomenti che propone, lo spunto per approfondire, dopo, la storia e la realtà in tante direzioni diverse.

In due importanti discorsi del 1977 Enrico Berlinguer lancia la proposta dell'austerità come chiave di lettura culturale e politica che, di fronte alla crisi del capitalismo che propone ai giovani solo spreco ed esaltazione del consumismo, delinea un nuovo modello di sviluppo sobrio e sostenibile, rispettoso della natura e degli esseri umani.
Berlinguer cambia politica, pone “la questione morale” – fin dal lessico si capisce che è un problema strutturale da risolvere - e propone l’alternativa democratica. Nell'intervista ad Eugenio Scalfari su “La Repubblica” del 28 luglio 1981, spiega: ”La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell'amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell'Italia d'oggi, fa tutt'uno con l'occupazione dello Stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt'uno con la guerra per bande, fa tutt'uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiana ... La questione morale esiste da tempo, ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale perché dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del paese e la tenuta del regime democratico”.
Propone l’alleanza con i socialisti, segretario Bettino Craxi. Ma riceve i fischi del congresso del PSI (Verona, maggio 1984), dove lo stesso Craxi dice ai microfoni di condividere i fischi “non contro l’uomo, ma contro la sua politica”. Il regista ce lo fa vedere e ci ricorda anche che Craxi è finito qualche anno dopo condannato a 10 anni per corruzione, per morire poi latitante.

I ricordi della figlia Bianca, unica donna del film, di Alberto Minichelli, guardia del corpo per 15 anni, di Silvio Finesso, operaio della Galileo di Padova, che ha parlato con lui prima del comizio e che era sul palco, sono emozionanti.
13 giugno 1984, il film torna su Roma, Piazza S. Giovanni. Ci sono i funerali di Berlinguer, dove qualche milione di italiani saluta l’uomo che ha dato speranza e coscienza di sé a masse di diseredati, a operai e studenti, a casalinghe e impiegati, a pensionati e intellettuali.
Di quel 13 giugno ricordo la fiumana senza fine di gente e l’edizione straordinaria de l’Unità che aveva in prima pagina una bellissima foto di Berlinguer al mare, in barca, con una cerata bianca, capelli al vento e sopra un "Addio" enorme stampato in rosso. L’ho conservata, da quel giorno caldissimo d’estate.
C’è la testimonianza toccante di Aldo Tortorella: ”Dopo la morte di Berlinguer nominammo un segretario provvisorio, e avevamo sperato che sareste stati voi a proseguire il cammino di Enrico”, ad interrogarci sulla nuova classe dirigente.
Ci sono infine le immagini conclusive del film. Si vedono prima a rendere omaggio alla bara di Berlinguer Michelangelo Antonioni, Federico Fellini, Ettore Scola, Marcello Mastroianni, Monica Vitti e poi, quando scorrono i titoli di coda, la riunione preparatoria dei registi per le riprese dei funerali, dove si riconoscono Gillo Pontecorvo, Carlo Lizzani, Francesco Rosi, Francesco Maselli, Luigi Magni e altri, a dimostrazione dell’attaccamento del mondo della cultura a Enrico Berlinguer.
Era  Berlinguer a fare la differenza e ce lo ricorda Giorgio Gaber: “qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona” e credeva in un’altra Italia, dove la politica era fatta di passione, di dibattito anche duro ma utile per affinare idee e per decidere, di partecipazione popolare.

Il trailer ufficiale del film.

Berlinguer parlava di ideali, di valori, faceva appello al senso di appartenenza, con le parole e le scelte costruiva un mondo più giusto. Aveva un rigore timido e un carisma gentile. Mi ha insegnato che bisogna guardare lontano, per vedere vicino. E che la parola politica ha un significato profondo. Il film ha qui il suo ultimo pregio: ricordare a tutti che esiste un modo bello e diverso di fare politica: basta pensare non solo a sé stessi e fare - ogni giorno - il proprio dovere di cittadini.


"Quando c'era Berlinguer": un film prodotto da SKY, regia e soggetto Walter Veltroni, distribuito da BIM distribuzione, durata 117 minuti; nelle sale cinamatografiche dal 27 marzo 2014, in onda su Sky Cinema HD e History Channel HD dal giugno 2014. Con le testimonianze di: Giorgio Napolitano, Bianca Berlinguer, mons. Luigi Bettazzi, Lorenzo Cherubini (Jovanotti), Silvio Finesso, Arnaldo Forlani, Alberto Franceschini, Richard Gardner, Michael Gorbaciov, Pietro Ingrao, Emanuele Macaluso, Alberto Menichelli, Eugenio Scalfari, Sergio Segre, Claudio Signorile, Aldo Tortorella. "E’ il racconto della solitudine di Berlinguer e dei suoi successi, in una chiave narrativa che ha cercato di saldare i ricordi personali dell’autore con i ricordi dei protagonisti del tempo".

Vedi anche: Berlinguer e la politica di austerità: lungimiranza e coraggio di un leader (26 maggio 2014)

Commenti e critiche al film
- Pur indugiando in un'esibita poeticità, Veltroni si pone la domanda più giusta per parlare di Berlinguer, di Gabriele Niola (Mymovies)
Quando c'era Berlinguer: il film di una sconfitta, di Rocco Di Blasi (Il Salvagente)
Qualcuno era comunista, di Tiziana Morganti (Movieplayer)
- Berlinguer vi farà piangere, di Alberto Crespi (L'Unità)
Quando c'era Berlinguer, di Davide Stanzione (Film e DVD)
- Quando c'era Berlinguer, di Federico Gironi (Coming soon)
- Quando c'era Berlinguer, di Mauro Roffi (Millecanali)
- Quando c'era Berlinguer, di Sandra Martone (Film 4 life)
- Quando c’era Berlinguer. Un grande uomo per un piccolo film, di Maurizio G. De Bonis (Cult frame)
- Veltronizzare Berlinguer, di Federico Pedroni (Cineforum web)
Scontato, di Giovanni De Mauro (Internazionale)
- Quando c'era Berlinguer, di Luigi Locatelli (Nuovo Cinema Locatelli)
Fatevi un bel regalo: andate a vedere “Quando c’era #Berlinguer”, di Pierpaolo Farina (Qualcosa di Sinistra)
- Il film di Veltroni su Berlinguer: 20 anni di ritardo, di Giovanni De Luna (La Stampa)
Quando c'era Berlinguer, di Francesca Polici (Spaziofilm)
Se un politico ha 1 milione di persone al funerale, di Paola Settimo (Italia post)
Caro Enrico, di Michele Serra (La Repubblica/Eddyburg)

1 commento:

  1. Ho visto anche io il film e devo dire che l'ho apprezzato come opera cinematografica e, da un punto di vista personale, mi ha anche molto commosso riportandomi ad una stagione politica nobile ed alta e ad una vicenda umana splendida. In Piazza San Giovanni c'ero anche io e mi è parso di rivedere un'Italia che non esiste più: più autentica e semplice... ma questa è una opinione inficiata dalla delusione dai tempi e dalla politica attuale. Molto bello il pezzo scritto da Cristina, che condivido pienamente. Forse il film poteva approfondire maggiormente alcuni momenti e avere lasciato l'opinione dell'ex ambasciatore USA come "ultima parola" sulla visione internazionale di Berlinguer e sul suo essere "comunque comunista" (e perciò, secondo Gardner, pericoloso per la democrazia) mi è parso molto riduttivo. Comunque bravo Veltroni: decisamente meglio come regista che in altri ruoli...
    Ferruccio Quaroni
    Vigevano

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